Vigilia all'italiana per gli elettori inglesi di Paolo Patrono

Vigilia all'italiana per gli elettori inglesi GRAN BRETAGNA Le inchieste danno due punti e mezzo di vantaggio ai laboristi, si profilano maggioranze incerte Vigilia all'italiana per gli elettori inglesi Leghe e dilemma della proporzionale: una campagna al veleno LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Una vigilia fremente, incerta come non accadeva più da un quarto di secolo. Domani l'Inghilterra va al voto, sospesa tra una difficile conferma del governo conservatore di John Major e una più probabile, clamorosa rivincita dei laboristi guidati da Neil Kinnock, condannati da tredici anni all'opposizione. I laboristi appaiono i favoriti: l'ultimo sondaggio su ampia scala dell'agenzia di stampa «Press Association» li premia con due punti e mezzo di vantaggio (38,7 a 36,2) capace di assicurar loro una maggioranza relativa a Westminster. Ma non si può escludere neppure una rimonta in extremis dei conservatori, che cercano in queste ultime quarantott'ore di calamitare l'abbondante frangia degli elettori incerti, calcolata in quasi dieci milioni. In attesa del risultato di quest'entusiasmante volata al fotofinish, gli inglesi scoprono un po' impauriti che, se vinceranno i laboristi, da soli o con il sostegno dei liberaldemocratici, la Gran Bretagna va incontro alla più radicale revisione costituzionale che questo Paese ha conosciuto dalla separazione dell'Irlanda, all'inizio del secolo. Perché nella convulsa settimana finale di questa campagna i partiti hanno gettato in campo i temi del separatismo e della riforma elettorale che hanno catapultato di colpo l'Inghilterra in un «clima all'italia¬ na». L'impetuosa escalation dei nazionalisti scozzesi è infatti uno dei fenomeni salienti di queste elezioni. Il vento leghista ha contagiato, secondo i sondaggi, un terzo dell'elettorato a Nord del Vallo di Adriano, che vagheggia la separazione dal Regno Unito, dopo oltre duecento anni di forzata simbiosi con la remota Londra. Insomma, se Bossi e la Lega Lombarda si richiamano al Carroccio, i nazionalisti scozzesi si rifanno addirittura al regno di Maria Stuarda. Perché avviene proprio adesso questo folcloristico «revival»? La pubblicità allo Scottish National Party l'ha assicurata Sean Connery, l'indimenticabile 007, il James Bond dello schermo che ha prestato la sua voce suadente e tutto il peso della sua popolarità agli appelli e a uno spot a favore dell'indipendenza. Ma la «crociata» di Alex Salmond, il Bossi scozzese, si poggia sopra rivendicazioni più concrete: la separazione da Londra darebbe alla Scozia il pieno usufrutto delle ricchezze petrolifere del Mare del Nord, drenate finora a Sud; le tasse sarebbero spese localmente e consentirebbero, secondo l'Snp, un rilancio dell'economia locale, migliorerebbero i servizi, l'occupazione. In definitiva la Scozia, un Paese di 5 milioni di abitanti, avrebbe i mezzi per sostenere la sua indipendenza in seno alla Cee. Naturalmente il governo conservatore respinge l'ipotesi di un distacco della Scozia da Londra. Diversi economisti sostengono infatti che da sola non ce la farebbe mai. E Major, in questi giorni, ha sbandierato il pericolo di una «irreversibile rottura» del Regno Unito, perché l'esempio scozzese sarebbe presto seguito dal Galles e obbligherebbe Londra a subire anche pesanti richieste di distacco dall'Ulster. E il primo passo per lo smembramento della Gran Bretagna, secondo il premier, sarebbe anche la semplice concessione alla Scozia di un'ampia autonomia amministrativa, con un Parlamento insediato a Edimburgo, promessa dai laboristi. Ed ecco che il separatismo scozzese si salda al problema della riforma elettorale. Perché Kinnock si è impegnato, se domani verrà eletto premier, a introdurre in Scozia la «proporzionale» per offrire a tutte le componenti della società un'equa presenza nel nuovo Parlamento. La proposta dei laboristi è stata subito appoggiata dai liberal-democratici di Paddy Ashdown, che del cambiamento della legge elettorale, della sostituzione del sistema maggioritario uninominale con la proporzionale, hanno fatto la precondizione per appoggiare qualsiasi formula di governo. E siccome è molto probabile che dal voto di domani esca un «hung Parliament», un Parlamento ingovernabile, dove né laboristi, né conservatori avranno la maggioranza assoluta, la proporzionale è diventata di colpo il tema centrale del dibattito politico, la moneta di scambio per la formazione del futuro governo. I conservatori hanno subito respinto questa ipotesi. «La proporzionale è un patto con il diavolo» ha tuonato il ministro dell'Interno, Baker, mentre il premier, in un disperato tentativo di spaventare il Paese contro il rischio di «un salto costituzionale nel buio», ieri ha proclamato che «la proporzionale e un Parlamento ingovernabile condannerebbero l'Inghilterra a un governo debole incapace di prendere qualsiasi decisione». E subito la stampa fìancheggiatrice del governo ha suonato l'allarme contro «la strada che porta al caos istituzionale», contro «la proporzionale, che dà ai neonazisti, agli estremisti di sinistra e alle pornostar una voce in capitolo sul governo». Con trasparente riferimento all'esito delle elezioni regionali in Germania e soprattutto alla frammentazione parlamentare uscita dalle nostre votazioni. Paolo Patrono

Persone citate: Alex Salmond, Baker, Bossi, James Bond, John Major, Kinnock, Neil Kinnock, Paddy Ashdown, Sean Connery