All'Unità si litiga per Israele di Maurizio Assalto

All'Unità si litiga per Israele Un supplemento storico giudicato fazioso dagli esperti pds per l'ebraismo All'Unità si litiga per Israele «Ignorate responsabilità arabe» ENTRE il Medio Oriente si siede al tavolo della trattativa per affrontare le sue annose questioni, il problema del Medio Oriente si arroventa in Italia e torna a dividere gli eredi del pei. L'Unità dedica a Israele un fascicolo della serie «Storia dell'oggi», ed è (subito) polemica. Un gruppo di lettori scrive al «giornale fondato da Antonio Gramsci»: «Mai avremmo pensato di trovarci di fronte a un testo francamente inaccettabile» come quello distribuito ai primi di marzo. L'attacco è duro, le firme non sono di lettori qualsiasi: si tratta dello storico Ugo Caffaz, del dirigente pds Jarrik Cingoli, dell'industriale Tullio Levi, del chirurgo Amos Luzzato. Sul banco degli imputati è Arminio Savioli, che ha curato il fascicolo dello scandalo. Quali gli addebiti contestati? «In quel testo tutto il processo della nascita dello Stato (di Israele, ndr) viene visto come una ingiustizia storica, in cui le responsabilità di parte araba sono a dir poco minimizzate (...). Per Arminio Savioli, il "trionfo del progetto sionista" doveva costituire necessariamente una "nakba" (catastrofe) per gli arabi. Questo equivale a dire che nessun compromesso era storicamente possibile, e che in definitiva anche il compromesso che si profila oggi è una ingiustizia storica». Ma quella di Savioli, dicono i quattro firmatari, non è «la» posizione del pds (e, prima, del pei). E lui, l'accusato, che cosa replica? Arminio Savioli, all'Unità dal '45, è un giornalista esperto del Medio Oriente. E' molto calmo: «Rispondere? Non ne ho nessuna intenzione, quella non è una lettera ma una risoluzione di condanna. I lettori l'hanno vista, hanno in mano il fascicolo, sono in grado di giudicare da sé». La accusano di falsità, quando scrive che la posta dei negoziati in corso non è la realizzazione del principio «due popoli, due Stati», ma soltanto una limitata autonomia. «Ma qui tutto è falso! - esclama Savioli -. Vogliono che io giornalista stia alla lettera delle trattative, senza domandarmi quali possibilità hanno in concreto di venire osservate? Certo, anch'io vorrei che si attuasse il principio "due popoli, due Stati", ma sono molto pessimista. Purtroppo è un problema che non si risolverà mai pacificamente, contano i rapporti di forza. Non inganniamo i lettori!». Giriamo la sua replica a Janiki Cingoli. Con gli altri tre firmatari della lettera fa parte, in qualità di responsabile, del gruppo di lavoro istituito dal pds per i rapporti con l'ebraismo italiano. Non ha nulla da aggiungere a quanto ha già scritto, però ci fornisce una chiave di lettura: «Il lavoro del nostro gruppo ha favorito un profondo cambiamento rispetto alla linea tenuta dal nostro partito fino al '67. Ci sono stati il viaggio di Napolitano in Israele nell'86, quello di Occhetto nella primavera scorsa. Ma permangono le resistenze». In passato l'atteggiamento del pei nei confronti di Israele era oscillato dall'entusiasmo degli Anni 40 (quando, sulla scorta di Stalin, si vedeva nello Stato ebraico un elemento di rottura nella realtà feudale del Medio Oriente dominato dall'imperialismo americano) alla netta condanna seguita alla campagna del '56 contro il nuovo amico Nasser, e radicalizzata dopo gli scontri successivi. Erano gli anni del terzomondismo spinto. «Ma qualcuno non ha ancora capito che i tempi sono cambiati - incalza Cingoli -. C'è uno strato di compagni e di .giornalisti formatisi negli Anni 50 per i quali tutto ciò che è Terzo Morselo è bene, tutto rOcddent'èjèf male;, per i quali l'Arabia èia nuova via al socialismo, e tutto quel' che viene di là è progressista, anche quando si esprime attraverso personaggi come Saddam Hussein». La linea del pds sulla questione del Medio Oriente è quella cui si richiamano più volte i firmatari della lettera: due popoli, due Stati. Ce la riassume Piero Fassino, membro della segreteria nazionale e coordinatore politico del gruppo di lavoro per i rapporti con l'ebraismo. «Il problema del Medio Oriente è tanto palestinese quanto israeliano. Ogni tentativo di soluzione non può prescindere dal fatto che ci sono due diritti che vanno riconosciuti: noi ci opponiamo a chi si batte unilateralmente per Israele negando le ragioni degli arabi, come a chi si batte per i palestinesi negando la legittimità dello Stato ebraico. Abbiamo sempre sostenuto Israele e quelli che, in Israele, si sono impegnati per una soluzione pacifica». Quanto alla polemica scoppiata sull'Unità, «condivido lo spirito e il senso della lettera - dice Fassino -. Quel fascicolo era molto impreciso e in taluni punti conteneva anche errori vistosi. L'ho anche detto al direttore». E lui, Renzo Foa? La sua posizione è affidata a poche righe in calce al documento pubblicato domenica. Si vede che sta dalla parte di Cingoli e di Fassino, ma non vuol calcare troppo la mano, forse per riguardo verso quei giornalisti «formatisi negli Anni 50» che sono stati la colonna del giornale. E non dice quel che forse sta più a cuore a chi gli ha scritto: ci sarà un fascicolo riparatore? Cingoli lo reclama, e presto. Perché, dice, «questo non è semplice materiale giornalistico: è uno strumento che parla di storia e va nelle scuole». Maurizio Assalto La copertina del fascicolo A destra: Piero Fassino, anche lui critico La copertina del fascicolo A destra: Piero Fassino, anche lui critico