«Questo funerale è una sconfitta dello Stato»
«Questo funerale è una sconfitta dello Stato» Trovato il furgone usato dai killer, i clan di Racalmuto avrebbero ordinato di ammazzare il sottufficiale «Questo funerale è una sconfitta dello Stato» Addio con rabbia al maresciallo diAgrigento~vtttima della mafia AGRIGENTO DAL NOSTRO INVIATO C'era tutto un paese diètro quel feretro avvolto nella bandiera. Menfi ha seguito in un silenzio irreale, nel vento che scuoteva le fronde, fra gli slogan elettorali scritti sui muri, i cartelloni pubblicitari strappati, l'ultimo viaggio di Giuliano Guazzelli, dietro la vedova chiusa nell'abito nero, stretta tra i figli, accanto agli sguardi di pietra delle autorità. «Non hanno ucciso un uomo qualunque», ammonisce monsignor Carmelo Ferraro, il vescovo di Agrigento, «ma un servitore dello Stato che ha dato la vita per la causa della giustizia». La folla che si è radunata dietro al feretro è così grande che la messa deve essere celebrata sul sagrato della chiesa. La gente invade lo slargo, si perde sulle stradine attorno. E' il solito mesto, dolente corteo per salutare l'ultima vittima di una guerra che sembra a volte quasi senza speranza, per rendere omaggio a «un fratello che ha servito in trincea la società civile, la nostra tranquillità, i nostri diritti», come lo definisce mons. Ferraro. E' un funerale che celebra ancora una volta, con tragica amarezza, la sconfitta dello Stato. «Fino a quando non si risponderà agli uomini della malasocietà», ammonisce il presule, la qualità della convivenza civile non sarà accettabile e neppure ammissibile. Ascoltano con sguardo severo il ministro Calogero Mannino, il vice segretario della de Sergio Mattarella, il comandante dell'Arma dei carabinieri Antonio Viesti, alti magistrati, autorità civili e militari. Monsignor Ferraro denuncia le tombe violate, come quelle del sovrintendente di polizia Aversa e del giudice Livatino, tuona contro l'incapacità di reagire con i fatti alle uccisioni di uomini giusti, contro l'impunità e l'impunibilità dei delitti: «Sostituite al silenzio e alla paura la responsabilità di tutti». ' Ora Menfi torna alla vita di tutti i giorni. E' stata sepolta l'ultima vittima della mafia, l'ultimo martire che lo Stato ha abbandonato alla violenza della malasocietà, si sono chiuse le elezioni più difficili dell'isola. Si contano i voti, e si scopre che solo in parte il paese del maresciallo Guazzelli ha risposto all'appello di Cossiga. Ha votato l'80,6 per cento della gente al Senato, e il 77,6 alla Camera, un po' meno dell'87 quando si presentarono alle urne l'81 per cento degli elettori, e un po' di più delle regionali del '91 (75,5). L'afflusso, però, si è davvero intensificato ieri sera dopo il discorso del Capo dello Stato davanti alla folla assiepata in Municipio, tanto che il sindaco Paolo Gallaci può ripetere che «un segnale è stato dato, i nostri cittadini hanno raccolto l'invito del Presidente». Certo è che la salma del povero maresciallo, di questo servi¬ tore dello Stato trucidato dai sicari incappucciati sulla strada che lo riportava a casa, sembra ora quasi travolta dalla confusione del dopo elezioni. Anche se le indagini cominciano a muovere i primi passi in direzioni più concrete. Così, ieri è stato ritrovato il furgoncino che i killer avevano adoperato per compiere l'agguato vicino a Villaseta. E' un Renault 9, molto simile al Fiorino che alcuni testimoni avevano indicato come il mezzo che aveva affiancato la vecchia Ritmo del sottufficiale. Dentro, c'era un passamontagna. L'hanno trovato a Sanleone, una stazione balneare di Agrigento, appena 6 chilometri più a Sud del posto dov'era morto Giuliano Guazzelli. Un piccolo mistero, perché resta da spiegare come abbiano fatto i sicari a sfuggire così da vicino all'elicottero della polizia che s'era alzato in volo proprio in quella zona per dare la caccia ai due banditi che avevano rapinato le Poste di Montallegro. Ma fra i misteri e le ombre, appare adesso anche qualche sprazzo di luce. E se da una parte il procuratore distrettuale Pietro Giammanco smentisce una presunta collaborazione con le autorità mquirenti di Pietro Ribisi, uno dei «fratelli terribili» di Palma di Montechiaro, scolorando la pista che voleva il maresciallo ucciso perché aveva aiutato un pentito a tradire i segreti di Cosa Nostra, dall'altra prende sempre più corpo l'idea che il sottufficiale sia stato eliminato per una delle ultime inchieste di cui si stava occupando, quella sulla mafia di Racalmuto. L'anno scorso, a settembre, Giuliano Guazzelli aveva seguito le indagini su una strage, 4 morti e due feriti, che aveva rivoluzionato il volto delle famiglia padroni di quelle terre. Pierangelo Sa pegno Una folla ha seguito Ieri pomeriggio I ,0. funerali di ■•<.•'. Giuliano Guazzelli, 58 anni, il maresciallo dei carabinieri ucciso sabato da quattro sicari mentre stava tornando a casa
Luoghi citati: Agrigento, Menfi, Palma Di Montechiaro, Racalmuto
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