Due nomi eccellenti nello scandalo Chiesa di Susanna Marzolla

Due nomi eccellenti nello scandalo Chiesa Avvisi di garanzia per concussione e corruzione al de Mongini e all'assessore Colucci (psi) Due nomi eccellenti nello scandalo Chiesa Perquisizioni in ospedali e uffici MILANO. Come era stato preannunciato l'operazione contro il «partito delle tangenti» è cominciata ieri a urne (quasi) chiuse. Non è stato così un bel risveglio quello dell'avvocato Roberto Mongini, 44 anni, candidato per la democrazia cristiana al Senato, nel collegio di Lodi. I carabinieri sono infatti arrivati con un mandato di perquisizione nella sua abitazione, nel suo studio privato e nel suo ufficio alla Sea (società esercizi aeroportuali, che gestisce Linate e Malpensa) di cui fino a venti giorni fa era vicepresidente. Con il mandato di perquisizione, l'avviso di garanzia: reati ipotizzati concorso in corruzione, concorso in concussione e concorso in abuso d'atti d'ufficio. Mentre le scrivanie di Mongini venivano attentamente svuotate, i carabinieri si presentavano nuovamente da Michele Colucci, socialista, assessore regionale e fratello del più noto Francesco, parlamentare psi. Nuovamente, perché Colucci era già stato preso di mira in un'altra inchiesta, quella sui corsi-fantasma finanziati dalla Cee. In quell'occasione gli erano stati perquisiti ufficio e abitazioni, cosa che è sembrato inutile ripetere ieri: perciò il sostituto procuratore Antonio Di Pietro si è «limitato» a inviargli una comunicazione di garanzia in cui si ipotizzano i reati di corruzione e concussione. L'ex vicepresidente della Sea, un assessore regionale: l'inchiesta partita da Mario Chiesa ex presidente del Trivulzio fin dove si allarga? «Noi ci stiamo occupando esclusivamente del comparto sanità», garantisce Di Pietro. E allora? Una spiegazione si può facilmente trovare guardando alla carriera di Colucci prima che arrivasse in Regione. Fin dal 1964 si è occupato proprio di sanità: in particolare dal '75 all'80 è stato presidente dell'ospedale Principessa Jolanda (da cui dipende il «San Paolo», recentemente costruito); dall'80 è stato presidente della commissione sanità del Comune di Milano, è stato a capo prima di una Usi e poi del comitato di coordinamento di tutte le Usi di Milano. Insomma un'autentica «autorità» in materia. Questo per quanto riguarda il socialista Colucci. E il democristiano Mongini? Qui la spiegazione si fa più complessa. Gli inquirenti si limitano a sottolineare che lui ha il «concorso» in quei reati, che risultano tali solo se commessi da un pubblico amministratore (e Mongini non lo è mai stato). Dunque c'era qualcun altro, e chi? La «voce» più accreditata parla del membro di un consiglio di amministrazione di un ospedale, che milita nello stesso partito di Mongini di cui però, al momento, gli inquirenti tengono ben celato il nome. Sarebbe stato costui a ricevere le tangenti che poi, stando all'ipotesi d'accusa, sarebbero finite, almeno in parte, a Mongini. Il quale era da un po' nel mirino degli investigatori che però hanno deciso che bisognava agire soltanto ieri mattina: non prima, per non influire sull'esito del voto; non dopo perché, nel caso di elezione, si sarebbe dovuto attendere l'autorizzazione a procedere per poter effettuare le perquisizioni. Ma la giornata di ieri non si è fermata ai provvedimenti contro Mongini e Colucci. I carabinieri che lavorano per Di Pietro sono andati negli uffici di due ospedali: il Sacco (di cui Chiesa era direttore tecnico) e il Fatebenefratelli. Dovevano ritirare tutti i documenti concernenti i capitolati d'appalto e gli accordi di fornitura dall'85 ad oggi. Non solo: hanno perquisito gli uffici della segretaria di Colucci e di una delle segretarie di Chiesa. Bilancio «ufficiale» della giornata, quindi, due nuove informazioni di garanzia e una decina di perquisizioni. Rimaste invece a livello di «voci» i provvedimenti che avrebbero dovuto riguardare personaggi politici e pubblici amministratori ben più in vista di Mongini e Colucci. Alcune di queste voci, in realtà, sembra siano state messe in piedi ad arte negli ultimi giorni di campagna elettorale da qualche «amico» di partito dei personaggi interessati allo scopo piuttosto evidente di sottrarre qualche preferenza. Altre voci trovano invece spiegazione nei provvedimenti degli inquirenti: ieri infatti sembrava che un provvedimento dovesse riguardare un assessore comunale socialista (il quale invece ha continuato a smentire, apparentemente con serenità e un pizzico di ironia) per il solo fatto che è stato presidente del Fatebenefratelli, uno degli ospe¬ dali sotto inchiesta. Una cosa comunque è certa: il lavoro degli inquirenti è tutt'altro che imito. Non solo gli amministratori, anche gli imprenditori sono sotto inchiesta: ieri ad esempio Di Pietro ha interrogato uno di loro per tutta la mattina, e non dev'essere stato un colloquio tanto piacevole a vedere le facce dell'interrogato e del suo legale. Mario Chiesa ha infatti fornito nomi, date, cifre che possono aiutare a chiarire come funzionava, almeno a livello ospedaliero, il «partito della mazzetta». Un partito che più trasversale non si può, come dimostrano i provvedimenti presi a Milano e a Pavia. Non saranno nomi altisonanti quelli che emergono dalle inchieste, ma è proprio questo il sottobosco della corruzione: la percentuale su tutto, dalla costruzione di nuovi reparti al lavaggio della biancheria, dalla pulizia al rifornimento dei viveri. E facendo i calcoli, si potrà rispondere anche a questa domanda: per pagare le mazzette dove si risparmiava, sui profitti o, cosa ben più probabile, sui servizi ai pazienti? Susanna Marzolla L'inchiesta si sta allargando Nel mirino altri politici L'ex presidente del Pio albergo Trivulzio, l'Ingegner Mario Chiesa (foto grande) e sotto Roberto Mongini, ex vicepresidente Sea

Luoghi citati: Comune Di Milano, Milano, Pavia, San Paolo