Sorpresa, gli italiani sono sinceri di Liliana MadeoGian Enrico Rusconi

Sorpresa, gli italiani sono sinceri Sorpresa, gli italiani sono sinceri Positivo debutto dei sondaggi all'uscita dei seggi ROMA. Alle 14,01 - quando la Doxa ha comunicato le proiezioni delle dichiarazioni di voto raccolte fra domenica e lunedì all'uscita dei seggi - il sondaggio ancora veniva indicato come un «esperimento» e si chiamava «voto di paglia». Meno di un'ora dopo, quando lo spoglio ufficiale delle schede era appena incominciato e le prime proiezioni dei voti venivano via via diffuse, già si parlava di «terremoto». Quei primi dati - raccolti da 200 intervistatori appostati a distanza regolamentare da altrettante sedi scelte come campione in tutta Italia - non erano stati smentiti. Risultava minimo lo scarto fra quanto l'elettore aveva scritto su una scheda facsimile, anonima, deposta in una busta sigillata, e il voto che veramente aveva lasciato nell'urna. La gente cioè aveva detto la verità. E non aveva avuto paura di farlo. In 15 mila avevano compilato la scheda, a metà era stato chiesto di votare esattamente come aveva appena fat¬ to, a metà di votare come aveva fatto nell'87. Solo una minoranza - hanno poi raccontato gli intervistatori - non aveva accettato la proposta della Doxa. E' la prima volta che in Italia si fa questo sondaggio. Per gli scienziati della politica il fenomeno è molto interessante. «Gli italiani si europeizzano - dice Luigi Pedrazzi. - Si comportano come tutti gli altri. Dicono più o meno la verità. Vanno più o meno a destra». Far sapere fuori dall'urna quale è stata la loro scelta, «è un fatto nuovo, positivo: anche se va tenuto conto che a chiederlo è stata la tv, questo dio in terra che ci rappresenta tutti. Perché gli italiani che si mettono in fila per partecipare a tutti i possibili quiz televisivi non avrebbero dovuto collaborare a un sondaggio televisivo? Se a chiederlo fosse stato un istituto universitario, chissà.. Forse le cose non sarebbero andate nello stesso modo...». Dichiarare la propria scelta - sia pure conila garanzia dell'anonimato - non è un segno di sicurezza, di modernità? Un gesto che rivela una nuova moralità? La fine dell'alone di segretezza che circondava il voto? Gli studiosi dei flussi elettorali non sono tutti così ottimisti. Dice Gian Enrico Rusconi: «Ho i miei dubbi. Che la gente non sia più reticente può significare che il voto è diventata una libera competizione, senza il sospetto morale che si viveva un tempo quando si votava contro il nemico. Finalmente si può pensare che è venuta fuori una cittadinanza matura, che vede solo votanti dissenzienti non votanti sospetti. Può essere nata una nuova lealtà, che nasce dalla desacralizzazione del voto». Ma lui ha anche un'altra idea, «un'interpretazione malevola» di quel voto simulato. Dice, pungente: «Potrebbe essere una pura combinazione, il risultato di un gioco che queste tecniche possono produrre quando due bugie si incrociano e si elidono l'una con l'altra. Noi siamo dei neofiti rispetto a operazioni simili. Ma nei Paesi dove sondaggi del genere hanno una storia, si sa che il meccanismo è rischioso, che a volte si indovina a volte no. Io non sono un tecnico. Riconosco il fascino e la fragilità di queste tecniche, che sono necessarie, utilissime, ma altamente arbi- trarie, da prendere insomma con distacco». Arturo Parisi saluta invece la disponibilità a dichiarare il proprio voto «come una conquista positiva», «la conferma che sono superate la reticenza e la paura di un tempo». Luigi Pedrazzi, a sua volta, invita a «non sottolineare eccessivamente l'aspetto etico, il significato civico di questo comportamento». Dice: «La modernità ha anche un suo conformismo, e la maturità può anche diventare mediocrità. I tempi sono cambiati. Era più eroico il militante che, a dire il partito per cui votava, rischiava tutto. Oggi, a dirlo, non si rischia un bel niente». Tutti riconoscono la novità dell'esperimento «voto di paglia». Ma Parisi, che coordina un'equipe di sofisticati ricercatori, osserva: «Per noi è un'esperienza relativamente nuova. Si tratta di uno strumento costoso, che finora in Italia non aveva mai trovato un committente in grado di pagarne i costi. Ora è arrivata la competitività fra le televisioni, l'ossessione degli indici di ascolto. E la spettacolarità dell'evento elezioni che però esisteva anche nel '48 si è tradotta in disponibilità finanziaria, aprendo una possibile committenza». Liliana Madeo Scettici gli esperti «Sono tecniche utilissime ma arbitrarie» A sinistra il professor Luigi Pedrazzi, dell'Istituto Cattaneo di Bologna, qui a fianco il professor Gian Enrico Rusconi, docente all'Università di Torino

Persone citate: Arturo Parisi, Gian Enrico Rusconi, Luigi Pedrazzi, Parisi

Luoghi citati: Bologna, Italia, Roma