Craxi: voto chiaro, governo punito di Claudio Martelli

Craxi: voto chiaro, governo punito «Il psi ha subito un'erosione, ma per altri partiti le perdite sono state più consistenti» Craxi: voto chiaro, governo punito «Situazione confusa e non c'è più maggioranza» ROMA. Il primo commento di Bettino Craxi è una smentita al giornalista del Tg2. «Segretario: la de e il pds hanno perso mentre il psi, sostanzialmente, tiene», si affanna in diretta Giovanni Masotti, alle prese con una di quelle classiche domande con risposta incorporata. Il Capo lo guarda, scuote la testa e sorride: «Noi subiamo un'erosione di cui ancora non conosco l'entità. Ma di erosione sicuramente si tratta. Determinata da un netto arretramento nel Nord. Certo, se la nostra è una erosione, per altri partiti si può parlare di perdite assai più consistenti». E' un, Craxi da spot elettorale, rassicurante e pacato, quello che alle 19 e 45, dopo un lungo pomeriggio di attese e di silenzi, si concede finalmente e in esclusiva ai microfoni del telegiornale amico. Una regia perfetta fa coincidere il suo ingresso in sala-stampa con le note della sigla del Tg2. Craxi concede occhiate distratte al video, dove Lorenza Foschini sta leggendo l'ultimissima proiezione della Doxa. «I risultati definitivi potranno discostarsi, al massimo, di mezzo punto», precisa la Foschini. E Craxi, dando fiato a un pensiero o forse a un'ossessione, borbotta: «Beh, mezzo punto in più o in meno, non è poca cosa». Per lui e il suo partito potrebbe essere quasi tutto. Quel 14% che la Doxa si ostina a negare al psi è diventato il nuovo Piave del garofano, la diga entro cui contenere i resti dell'«onda lunga» che bagnò il litorale craxiano negli anni '80. Ed è proprio al traguardo del 14% che Craxi dedica la battuta più sibillina. In campagna elettorale si era aggrappato a quel numeretto come allo spartiacque fra la sua permanenza alla guida del psi e le dimissioni. E adesso? Peccatocene gl'onorevole. Craxi abbia* aljànàonato a passo di carica la salastampa, lasciando a secco gli altri tiggì pubblici e privati, decine di radio, giornali e di agenzie. Nella bolgia, una voce' fa appena in tempo a gridargli dietro: «Segretario, ma lei aveva detto che sotto il 14% si sarebbe dimesso». Craxi non alza neanche la testa (e come potrebbe, in quel carnaio?). Si limita a smozzicare: «Infatti, sotto il 14% ...». Dà l'impressione di voler continuare la frase, ma lo portano via, lasciandoci con quei tre puntini di sospensione che possono voler dire tutto e niente. Il "completamento della risposta viene affidato, per competenza, al suo portavoce Ugo Intini. Ma dalla sua bocca non esce un suono. Intini fissa gli interlocutori con una smorfia, serrando le labbra sottilissime. Li fissa e resta lì, senza dir nulla. Da giornalista smaliziato, sa che in questi casi anche una sillaba può diventare un titolone. Un passo indietro, e rieccoci all'intervista al Tg2, unica te stimonianza degli umori del leader socialista. Craxi la affronta con il look delle grandi occasioni: cravatta rossa e calzini in tinta, completo grigio e mocassini neri. Resiste quasi un minuto a mani conserte, poi non ce la fa più e comincia a far volteggiare gli indici, come da copione. «Il voto è chiaro, la situazione confusa». Più che le emozioni del prim'attore, Craxi ostenta la freddezza di un critico imparziale. «La geografia politica subisce mutamenti evidenti e sostanziali. Allo stato delle cose non c'è una maggioranza oggettivamente configurabile. Mi sembra difficile formare un governo». «Difficile formare un governo». A dirlo è l'uomo che si è presentato agli italiani come il garante della governabilità. Ci si aspetterebbe un moto di rabbia, di delusione. Ma Craxi non ci casca: «I voti vanno rispettati e capiti. Questo contiene un elemento di protesta diffusa, che in qualche modo è stata eccitata e ingigantita. Ma, ripeto, è un voto abbastanza chiaro». Non si erge a salvatore della patria. Non nomina mai la democrazia cristiana o il pds. Anzi, non nomina nessun partito. «Un giudizio sul risultato di La Malfa? Se apriamo il libro dei commenti, finiamo domattina». E lui non ha nessuna voglia di tirare l'alba davati ai microfoni. Meglio tornare su, nell'ufficio del quinto piano, ad aspettare i dati definitivi e a elaborare una nuova strategia per i giochi delle prossime settimane. La giornata elettorale di Craxi e dei socialisti ha una cesura ben precisa: la proiezione Doxa dei risultati della Camera, intorno alle 18, che sorprende Craxi sull'aereo che lo sta portando da Milano a Roma. Fino a quel momento, l'atmosfera di' via del Corso è, se non allegra, certamente disinvolta. Se, cor me s'i'àffrètt£Pà dichiarare Intini, i dati del Senato preannunciano «un terremoto politico», il psi si sente ancora lontano dall'epicentro del sisma. Una piccola scossa, qualche tegola scheggiata: poca roba, in confronto alle rovine che vede intorno a sé. «E' un bel risultato», azzarda il romano Paris Dell'Unto, spigliato Sbardella del garofano. «Povero cardinale Ruini, chissà come si sente», ironizza. «Ha invitato i cattolici a votare de e adesso... Era meglio se si faceva li affari sua». A differenza di Craxi, Dell'Unto una ricetta in tasca ce l'ha già: «Pds, psi e psdi, insieme, hanno la maggioranza relativa». Come dire, unità socialista al potere, «altrimenti la de, benché sconfitta, riprenderà la sua centralità». Tira un'aria di struscio col pds, confermata dalle parole del vicesegreatrio Di Donato: «Noi abbiamo chiesto un voto per la governabilità, non per questo governo in particolare. Il quadripartito era un riferimento orientativo. Ma noi siamo per una governabilità dinamica». Laddove dinamismo si¬ gnifica «raggiungere un'intesa con il pds e poi con la de». Governissimo alla socialista, insomma. Giuliano Amato, l'altro vice di Craxi, non si sbilancia fino a questo punto. Intervistato al Tg2 dal solito Masotti, ne smorza gli entusiasmi, ricordando che «il nostro aumento ' àr * Senato è ^fdcolb* *| perché cinque anni fa ci presentammo in alcume regioni^ insieme'ad''altri partiti'. CÓ-1; munque, visto il terremoto altrui, c'è da essere contenti». In partenza per Roma, dalla sua abitazione milanese di via Poppa Craxi detta alle agenzie parole di speranza: «I candidati socialisti per ora si difendono. Vediamo alla fine». Ed eccola, alle 18, la proiezione della Camera, con il segno «meno» che - in elezioni politiche - appare per la prima volta vicino al simbolo del garofano craxiano. Tutto da rifare: il terremoto ha fatto dei danni anche qui. Cambiano gli umori. La sinistra del partito prende fiato e Signorile parla di «occasione perduta: molti voti si sono messi in moto e noi non ne abbiano saputo intercettare nessuno». Dal Lussemburgo, il ministro De Michelis la prende con filosofia: «Ciascun Paese ha i suoi Le Pen». Insomma, almeno in negativo, l'Italia «si è adeguata all'Europa». Unica stecca sul coro dei delusi: il «vecchio» Giacomo Mancini: «Il risultato del psi è da apprezzare ed è positivo». Massimo Gramellini li segretario del psi Bettino Craxi con il vicepresidente del Consiglio Claudio Martelli

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