«Sono pronto a dimettermi» di Fabio Martini

«Sono pronto a dimettermi» «Sono pronto a dimettermi» Forlani: parlerò con gli amici Non sono per tutte le stagioni ROMA. Su quella batosta sonante ha riflettuto per tre ore, chiuso nel silenzio del suo villino dell'Eur. Poi, alle cinque della sera, Arnaldo Forlani ha lasciato il televisore ed è uscito allo scoperto. E ai tre cronisti che lo aspettano sul cancello ostenta una certa nonchalance («Ragazzi, che ci fate qui?» e minimizza la sconfitta: «In un certo senso - dice - la de è più distaccata di prima dagli altri partiti»). Ma poi la Thema di Forlani punta dritto sul Quirinale e dopo un'ora di colloquio con Cossiga, il segretario della de arriva a piazza del Gesù, cambia toni. E' un Forlani diverso, è un Forlani che ha deciso la sua linea di difesa e di attacco, è un Forlani che dice chiaro e tondo che è pronto a dimettersi: «Non sono il segretario di tutte le stagioni: ho guidato la campagna elettorale di una certa linea e non essendoci stata una risposta soddisfacente, valuterò la situazione». Arnaldo Forlani, il segretario destinato a legare il proprio nome alla più bruciante sconfitta democristiana della storia, dunque, ha già deciso: meglio il contropiede che aspettare il processo, la cottura a fuoco lento che gli altri capi democristiani potrebbero preparargli in vista della corsa ali» tre «poltronissime» in palio nei prossimi mesi: presidenza della Repubblica, presidenza del Consiglio e segreteria democristiana. E infatti siila minaccia di dimissioni aggiunge un avvertimento: «Sor o sempre pronto a dimettermi, ma le mie decisioni devono essere rapportate ad una riflessione che condurrò collegialmente con gli amici di partito». E per il futuro governo? Si apre o no al pds? Forlani ha già fatto la sua scelta di campo: «Ne dovremo parlare prima con gli altri partiti della maggioranza». Insomma, per Forlani, si ricomincia dai quattro. Ma in casa de, nel giorno della sconfitta, c'è aria pesante, la divaricazione serpeggia subito. Lo conferma alle sette di sera Ciriaco De Mita. Lui, prima di lasciare la sua casa in via in Arcione, alla falde del Quirinale, ha voluto aspettare ben cinque ore, ha voluto soppesare, capire. E prima di salire in macchina alla volta di piazza del Gesù, a chi gli chiede se si possa ragionare ancora in termini di quadripartito, il presidente della democrazia cristiana risponde in modo lapidario: «Quello che esisteva prima, non esiste più». Chiaro? Inutile ragionare con le vecchie formule, è ora di cambiare gioco. E cambiarlo radicalmente. E infatti il suo amico di sempre, Nicola Mancino, è ancora più esplicito: «Il quadripartito non c'era prima, figuriamoci oggi. E non c'è neanche un pentapartito con il pri». De Mita e i suoi dunque hanno deciso una strada che divarica da quella di Forlani: bisogna aprire il gioco a tutto campo. E poi, alle nove di sera, quando il bombardamento dei tg è finito, Arnaldo Forlani e Ciriaco De Mita si possono chiudere in una stanza, al terzo piano di palazzo Cenci Bolognetti. E quando il faccia a faccia è finito, è De Mita a parlare. Quell'idea delle dimissioni di Forlani non piace al presidente della de, che pure all'inizio della campagna elettorale aveva bollato la squadra presentata dal suo partito «da metà classifica». Dice ora De Mita: «No, non credo alle dimissioni». Ma per il governo futuro il leader della sinistra democristiana indica una strada diversa da quella di Forlani: «C'è stato un terremoto e adesso non c'è nessuna maggioranza». E a chi gli chiede se il terremoto potrebbe preludere ad una inversione delle scadenze istituzionali (prima elezione del capo dello Stato e poi h formazione del goverpo), riaco De Mita risponde così: «No, credo che si debba fare tutto assieme». E se nelle prime ore che seguono la sconfitta i capi democristiani non si sbilanciano fino in fondo, però lasciano trapelare quali saranno le prossime mosse. Per esempio Forlani, sotto casa, non esclude elezioni a breve scadenza: «Nuove elezioni? Questo, ora, non si può dire...», dice allargando le braccia. E due ore dopo, rivolto ad una giornalista ungherese che lo intervista nella bolgia di piazza del Gesù, Forlani dice: «Nel suo Paese hanno dovuto annullare le elezioni amministative: lo vede che ci sono elementi di irrazionalità dappertutto?». L'effetto Cossiga? Forlani non ci crede: «No, la de è arretatata non per effetto delle picconate, ma dopo un'orchestrazione molto diffusa». Agli altri partiti, Forlani riserva battute senza cattiveria. Con il partito democratico della sinistra è agrodolce: «Se Atene piange, Sparta non ride»... Fabio Martini

Luoghi citati: Atene, Roma