«Il regime presidenziale è ancora indispensabile»
Eltsin: 3 anni di democrazia ingessata Eltsin: 3 anni di democrazia ingessata «Il regime presidenziale è ancora indispensabile» MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il Congresso dei deputati di Russia si apre oggi, ma Boris Eltsin ha già mosso tutte le sue pedine, e ieri, intervenendo ad una importante conferenza di forze democratiche, ha esposto la tattica che adotterà nella battaglia congressuale. Ammettendo la necessità di «correzioni parziali» al programma di riforme, e accettando di inserire alcuni tecnocrati nel governo, il Presidente ha chiamato a raccolta le forze democratiche, invitandole a tralasciare le «differenze secondarie» e ad appoggiare il regime presidenziale per almeno altri «due o tre anni». Nelle stesse ore, lo show di forza di Eltsin veniva proiettato su Ucraina e Moldavia dal suo vice Aleksandr Rutskoj, che riscaldando il cuore dei nazionalisti si è fatto difensore delle minoranze russe in queste repubbliche. A Sebastopoli, in Crimea, Rutskoj ha ripetuto che la flotta non sarà ucraina, ed ha affermato che la penisola deve divenire una repubblica della Federazione russa. A Tiraspol, nell'autoproclamata repubblica del Dniestr, il vice-Presidente ha sollevato le proteste delle autorità moldave, riconoscendo di fatto la repubblica dei russi e chiedendo che la Moldavia si trasformi in uno Stato federale. Kravchuk, il Presidente ucraino, ha minacciato «misure adeguate» se la Russia si impossesserà della Flotta, mentre il suo collega moldavo, Mircea Snegur, ha definito come «una grave ingerenza» la visita di Rutskoj nel Dniestr, denunciando le sue proposte come «una violazione degli accordi sull'intangibilità delle frontiere». Eltsin, comunque, ha avuto ieri buon gioco nel dire: «Nego categoricamente che i riformisti non siano patrioti». In una sala stracolma di democratici venuti da tutte le regioni di Russia, Eltsin ha acceso la polemica con il Presidente del Parlamento Ruslan Khazbulatov, criticando il progetto di Costituzione da questi sostenuto. Il documento, che trasformerebbe la Russia in una repubblica par- lamentare, è «inaccettabile», ha detto il Presidente: «vista l'attuale divisione delle forze, il multipartitismo ancora in fasce, e per di più in presenza dell'attuale profonda crisi, il passaggio al regime parlamentare sarebbe estremamente difficile». La lotta politica si aggraverebbe, bloccando le riforme e, ha detto Eltsin, «come Presidente, non accetterò mai questo scenario». Altrettanto duro, Eltsin è stato con «la nuova burocrazia russa», con il «sabotaggio delle riforme» da parte della nomenklatura, e con i nostalgici dell'era comunista, raccoltisi in duecento davanti alla sala della conferenza. Eltsin non ha avuto nessuna esitazione nel difendere il «governo delle riforme», dolorose ma necessarie, ma in più punti ha mostrato di voler accettare compromessi e proposte avanzate da più parti nello schieramento democratico. E' stato come il coronamento delle grandi manovre realizzate nei giorni scorsi quando, sottraendo i suoi uomini migliori al fuoco della critica, il Presidente ha realizzato un rimpasto governativo che lascia le cose quasi invariate. Forte dei crediti promessi dall'Occidente (24 miliardi di dollari), Eltsin ha potuto promettere nuovi finanziamenti alle imprese statali, un alleggerimento della pressione fiscale sugli imprenditori, ed ha accettato la richiesta dell'Unione industriali di Arkadij Volskij: nominare dei tecnici alla guida dei ministeri settoriali. Il Presidente ha inoltre annunciato concorsi per i massimi posti governativi. Alle repubbliche vicine, invece, Eltsin ha detto che la crisi non impedirà alla Russia di difendere i suoi territori ed i suoi cittadini, «ovunque vivano». Ha rifiutato le accuse di «imperialismo», ripetendo che Mosca non parlerà con nessuno «dall'alto in basso», che non userà né forza né ultimatum e, ringraziati i russi per la loro «enorme pazienza», ha concluso: «Renderemo migliore la nostra grande Russia. Siamo molti, e abbiamo abbastanza forza per farlo». Fabio Squillante
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