Vino, il mercato sta affilando la scure

Vino, il mercato sta affilando la scure Cifre pesanti dal Vìnitaly: per essere competitivi dovremo quasi dimezzare la produzione Vino, il mercato sta affilando la scure E' indispensabile evitare ogni ombra di adulterazione r™ Quattro aziende «sospette» allontanate dalla rassegna VERONA. In un mondo che beve sempre meno vino e che ne produce troppo, l'Italia vitivinicola arranca. Il calo generale dei consuni l'ha toccata più di altri, anche per gli scandali che - veri o gonfiati che siano - colpiscono l'immagine del nostro vino. Un vino che - ricordiamolo - è solo in minima parte doc e che quindi ha ancora molto cammino da fare sulla strada della qualità. Al Vinitaly di Verona, inaugurato venerdì e che rimarrà aperto fino a mercoledì 8, si respira un'aria di crisi, ma anche di volontà di uscirne. Con l'aiuto di nuove importanti norme per il settore, di cui parlano un po' tutti, anche al di fuori dei numerosi convegni e tavole rotonde: la nuova legge sulle doc e le norme di garanzia per il vino da esportare. In un ràpido giro d'orizzonte, abbiamo sentito su questi due temi il parere di esperti, politici, produttori. Premettiamo intanto che la legge sulle doc - come ha promesso il ministro Golia che ha visitato venerdì il Vinitaly, soffermandosi allo stand del Piemonte con l'assessore all'agricoltura Emilio Lombardi - avrà i suoi regolamenti d'attuazione per il 22 aprile. In questo modo la legge potrà diventare esecutiva a tutti i livelli entro il mese. Tutti d'accordo, in linea generale, sull'utilità delle nuove norme per le denominazioni d'origine (e affini), ma con qualche distinguo. «E' vero ammette l'Assessore all'Agricoltura del Piemonte, Emilio Lombardi -, che le Regioni avranno un po' meno potere (a favore delle Camere di commercio, hdr); ma io sarei cauto nel dire che questa legge è buona o non è buona: aspetterei, prima, di vederla applicata». Soddisfatta GiovannvGaravello, presidente del Consorzio di tutela Bàrbera d'Asti e Barbera del Monferrato, perché «le nuove norme valorizzano le funzioni rappresentative e di garanzia dei consorzi di tutela». Per Giacomo Comolli, direttore del Consorzio di tutela dei vini dei Colli piacentini, «bisogna dar atto a Goria di aver preso il toro per le corna». «E' stato giusto - aggiunge - non stravolgere una legge cui i vini italiani devono molto, ma mi pare che sia una riforma non completa. Ad esempio è mancata la volontà di andare fino in fondo; chi ha gridato di più ha ottenuto di più». E Oscar Liverani, presidente della C a viro: «Maggior chiarezza nelle denominazioni dell'origine del vino non può che far bene al settore; ora bisogna educare è informare bene il consumatore». Ezio Borgio, direttore di «Viticoltori Piemonte»: «Legge positiva, ma migliorabile. Avremmo visto meglio un Istituto nazionale, raccoidato con le Regioni. Ora attendiamo i decreti di applicazione, soprattutto quello sulla scelta vendemmiale». Uh piccolo ma valido e agguerrito produttore di Neive, Flavio Traversa, afferma che la legge interessa particolarmente il Piemonte, per la possibilità di fare i tre doc «Piemonte», «Langhe», «Monferrato». «Noi aggiunge - abbiamo dei Doc relativamente nuovi come l'Arneis (c'è anche quello fatto nel Roero) e Pelaverga». Sul tema delle norme di garanzia per i vini da tavola .che prendono la strada dell'estero, in genere tutti concordano circa la loro necessità; lamentano però i costi supplementari per i produttori e qualche intralcio burocratico, che si potrebbe limitare con l'autocertificazione (come sostiene Piero Palumbo della Confcoltivatori). Per Francesco Celot, direttore del Consorzio tutela vini del Piave, «i controlli sono giusti, ma eccessive le analisi, o meglio il' loro costo, circa 300 mila lire l'una». Soltanto i grossi esportatori potranno assorbire questa spesa, i piccoli produttori che mandano all'estero pochi cartoni da 12 bottiglie, dovranno rinunciare. Al di là delle norme, di cui condivide la necessità, il direttore di «Terre da Vino», Piero Quadrumolo, spiega il successo del suo Consorzio: «In un mercato fermo o in regresso, noi andiamo controcorrente, perché offriamo una vasta gamma di prodotti e un buon servizio e perché siamo in grado di rispettare il rapporto qualitàprezzo». In questo quadro, forse sono destinate a sparire le aziende intermedie: la sopravvivenza è per quelle grandi o per le piccole di elevato prestigio. Al di là delle leggi e delle polemiche (quattro aziende vinicole sospettate di adulterazioni sono state costrette a lasciare la rassegna), resta il fatto che l'abito è stretto: come ha detto più volte Goria, per il Duemila l'Italia dovrà produrre non più di 35 milioni di ettolitri, mentre oggi siamo vicini ai 60. Naturalmente la qualità sarà migliore. In ogni caso, però, c'è molto da sfoltire. Secondo i viticoltori del Nord Italia, deve prevalere il sacrosanto principio che il vino buono si fa in collina, dove si producono meno uve; e quindi dovranno essere estirpati i vigneti di pianura del Sud, ma anche dell'Emilia, dove invece di 80 quintali per ettaro se ne fanno 300 o 400. Al Sud hanno altre idee. Ma la coperta stretta dovrà lasciar fuori o le braccia o le gambe. Livio Burato IL PESO DELL'EXPORT QUANTITÀ' VALORE PERIODO GENNAIO - AGOST01991. PERIODO GENNAIO - AGOST01991