l'Inghilterra adesso ha paura, Dio salvi la sterlina

l'Inghilterra adesso ha paura, Dio salvi la sterlina Patrick Minford, ultraliberista: «Bisogna sospendere la moneta». Charles Bean: «Il dopo-elezioni andrà male comunque» l'Inghilterra adesso ha paura, Dio salvi la sterlina Gli economisti vedono nero: quell'ingresso nello Sme è stato una catastrofe LIVERPOOL DAL NOSTRO INVIATO Quante colpe ha Major, quanti sbagli hanno collezionato i conservatori negli ultimi anni. E «l'errore fatale» lo ha commesso l'allora cancelliere John Major quando, nel '90, in combutta con il ministro degli Esteri Hurd ha spinto la signora Thatcher ad aderire al Sistema monetario europeo. «La sterlina era troppo alta nel rapporto di cambio con il marco. L'economia è rimasta ingabbiata, incapace di uscire dalla recessione manovrando i tassi d'interesse. E adesso, alla vigilia delle elezioni, Major e il partito conservatore rischiano la sconfitta». Il professor Patrick Minford, dal suo studio alla facoltà di Economia di Liverpool, lancia un atto d'accusa preciso e autorevole. Perché è stato per anni il «guru» dei governi thatcheriani e oggi è forse l'ultimo difensore del monetarismo ultraliberista che per una dozzina d'anni ha dettato legge in Gran Bretagna, esportando il suo modello in tutte le democrazie industrializzate d'Occidente. «Un errore tira l'altro», sostiene Minford sfoderando diagrammi e statistiche. E attribuisce l'errore iniziale a Nigel Lawson, il cancelliere che alla fine degli Anni Ottanta attuò la liberalizzazione finanziaria accoppiata ai tagli fiscali, a una politica del denaro facile. «Il prezzo da pagare per far scendere l'inflazione e i tassi d'interesse era stato individuato nell'Erm spiega Minford -, ma i tempi erano sbagliati, perché nel frattempo si era innescato un processo di recessione nell'economia, a partire dall'industria manifatturiera e dall'immobiliare. La Thatcher è riuscita a diminuire i tassi d'interesse una sola volta, mentre la stretta doveva essere allentata già prima. Le previsioni di Major e del nuovo cancelliere Lamont si sono rivelate tutte sbagliate. Eravamo nella recessione fino al collo. E' stata una tragedia che adesso ricade sul partito conservatore». Come rimediare, come uscire dalla crisi? Per Minford l'unica via d'uscita è «la sospensione della sterlina dallo Sme, perché la svalutazione ci costringerebbe a rialzare di nuovo i tassi d'interesse». Quali sono le prospettive se i conservatori riuscissero a cavarsela in extremis restando al governo? «Quali conservatori?», ribatte pronto Minford. «I thatcheriani o i conservatori di Chris Patten, attuale presidente del partito e assertore della dottrina dell'One Nation, ossia di una visione "caritatevole", buona, del partito. Ora tutti vogliono spendere, a piene mani, nel settore pubblico. Il risultato sarebbe una crescita lenta dell'economia, strangolata da alti tassi d'interesse e da un debito pubblico ancora più elevato. E' pazzesca questa politica: un budget in rosso per 20 miliardi di sterline quest'anno, che salirà a oltre 30 nel '93. E' il 6% del prodotto interno lordo. E il nostro bilancio era attivo ancora nell'89». Quali conseguenze, invece, se vinceranno i laboristi? «E' il caso peggiore, naturalmente. Con l'introduzione del salario minimo, con l'aumento delle tasse, le maggiori spese nei servizi pubblici, nell'istruzione, nella sanità, il debito aumenterà a dismisura. Avremo forse un miniboom artificiale, una disoccupazione in calo grazie ai corsi di addestramento promessi dal Labour. Ma la ripresa si sgonfierà. Avremo mezzo milione di disoccupati in più entro un anno. Il risultato finale sarà il ritorno alla vecchia malattia curata con successo dalla Thatcher, la cosiddetta "lazy english culture": la gente, la middle class, i ceti pro¬ duttivi non avranno più voglia di impegnarsi, perché saranno strangolati dalle nuove tasse». Sono giudizi troppo parziali, dettati dalla delusione politica? Torniamo allora a Londra. All'autorevole London School of Economics, incontriamo il giovane condirettore del dipartimento economico, il professor Charles Bean. Gli chiediamo: «Il governo conservatore rigetta la responsabilità della crisi sulla recessione internazionale: ha ragione?». «Per niente - è la risposta -. Al massimo le ripercussioni esterne hanno giocato sulla crisi per il 20%. Il resto è dovuto a errori interni». , Bean condivide l'analisi di Minford sull'errore commesso nel '90 quando la sterlina è entrata nel sistema monetario europeo a un tasso troppo alto rispetto al marco. Riconosce anche gli errori precedenti dell'epoca-Lawson, ma ritiene che «si sarebbe potuta evitare una re- cessione così grave se fossimo entrati prima nello Sme, anche se la discesa dell'inflazione sarebbe stata più lenta». Bean è in disaccordo con Minford su un punto importante: la sterlina, per lui, va mantenuta nello Sme, anche se ritiene probabile un riallineamento generale, dopo le elezioni in Italia e in Inghilterra, con una scivolata della sterlina attorno al 5%. «E' strano che il riallineamento non sia stato usato prima - osserva Bean - con una rivalutazione del marco dopo la riunificazione tedesca. Se questo fosse avvenuto a tempo, la Bundesbank non avrebbe dovuto mantenere alti i tassi di interesse». E adesso, con la sterlina già sotto tiro per le prospettive di una vittoria laborista, con un probabile aumento dei tassi appena passato il voto, quali sono le prospettive per il nuovo governo? Il professor Bean è deciso: «Nessuno dei due partiti potrà mantenere le promesse. Con un deficit già così alto, i conservatori dovrebbero tagliare le spese pubbliche, non aumentarle come promettono. E saranno costretti ad aumentare le tasse o almeno l'Iva. I laboristi non potranno soltanto limitarsi a ripartire più equamente il carico fiscale, ma dovranno aumentarlo per sostenere i maggiori investimenti pubblici». E l'economia come andrà? «Ci attende una crescita lenta, per 2 o 3 anni - conclude con tono pessimista -. Malgrado misure di cosmesi, la disoccupazione arriverà a 3 milioni». Paolo Patru no A fianco Margaret Thatcher Alla sua sinistra John Major

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