«So chi è l'assassino di via Poma»

«So chi è l'assassino di via Poma» II giudice indaga su un ragazzo di 20 anni, ma il suo avvocato: l'accusatore è un pataccaro «So chi è l'assassino di via Poma» C'è un testimone segreto ROMA. Supertestimone o «pataccaro»? Si gioca tutta su questa domanda la nuova indagine sul delitto di via Carlo Poma. C'è infatti una persona che, a un anno e mezzo dall'omicidio di Simonetta Cesaroni, ha raccontato alla polizia una versione dei fatti che punta dritta sul giovane Federico Valle, vent'anni, nipote dell'inquilino dell'ultimo piano del palazzo dove fu uccisa la ragazza il 7 agosto del 1990 e figlio di un avvocato che ha lo studio al quarto piano dello stesso stabile. Ma chi è questo supertestimone? Quanto è attendibile? Come mai è saltato fuori solo ora e non subito dopo l'omicidio di Simonetta? Dagli investigatori non esce nulla, né sull'identità né sul contenuto delle sue dichiarazioni. Si sa soltanto che non è un inquilino del palazzo del delitto né ha visto di persona il ragazzo in via Poma. E non esce nulla dai familiari del neo-indagato Federico Valle, che anzi accusano polizia e magistrato. «Noi sappiamo chi è questa persona - dice l'avvocato Raniero Valle, padre di Federico - e siamo certi che non ha alcuna credibilità. Avete presente quel Ciolini di cui si è parlato recentemente a proposito del tentativo di colpo di Stato, quello definito un "pataccaro"? Ecco, mi sembra un paragone molto calzante». Il legale del nuovo indagato è anche intenzionato a presentare un esposto alla Procura per scoprire i responsabili della fuga di notizie sull'avviso di garanzia notificato al suo assistito. Loro lo hanno ricevuto venerdì pomeriggio, due ore più tardi un notiziario della Rai ha diffuso la notizia. Qualcuno, alla ricerca di chi ha dato le informazioni a tv e giornali, mette in relazione il caso di via Poma addirittura alle elezioni politiche. In una della tante liste, infatti, figura come candidato alla Camera dei deputati l'avvocato di parte civile che assiste la famiglia Cesaroni, e che ha fatto di questa storia un cavallo di battaglia. La notizia di una svolta delle indagini grazie anche alle insistenze dei familiari della vittima, arrivata alla vigilia dèi voto, avrebbe potuto riportare alla ribalta il suo nome nel momento più opportuno. Del resto a Roma anche uh altro legale di parte civile coinvolto in un enigma irrisolto stavolta nel «giallo» dell'estate successiva, quello dell'Olgiata, l'omicidio della contessa America Filo della Torre - è candidato al Senato. In casa del neo-indagato, per il quale il pubblico ministero Pietro Catalani ha chiesto l'esame del Dna, si respira dunque un'aria mista di indignazione e ostentata sicurezza. E in casa della vittima, dove si aspetta giustizia da un anno e mezzo? Claudio Cesaroni, il padre di Simonetta che dal giorno del delitto vive «con l'unico scopo di trovare l'assassino», non sapeva niente di questa nuova indagine. «Non so che dire - spiega -, spero per me e anche per gli investigatori che abbiamo imboccato la pista giusta. Noi avevamo fornito delle indacazioni, abbiamo sempre sostenuto che bisognava cercare all'interno di quel palazzo, ma non so se questa ipotesi abbia qualcosa a che fare con quello che noi avevamo detto a suo tempo. Certo però è strano che spunti un testimone a tanto tempo di distanza». Tradisce un certo scetticismo, il signor Cesaroni, cosi come si respira scetticismo nel grande condominio di via Carlo Poma numero 2. Quasi a completare la rimozione di quell'agghiacciante delitto, in questo palazzone tranquillo e borghese non c'è più nemmeno l'ufficio dove Simonetta fu uccisa con 29 coltellate. Dal citofono è sparita la targhetta dell'Associazione italiana alberghi della gioventù, l'appartamento del terzo piano è stato comprato da un notaio che ha già cominciato i lavori di ristrutturazione per trasferire lì il suo studio. Gli operai stanno rifacendo i pavimenti. Dal seminterrato in cui vive sbuca Pierino Vanacore, l'ex«mostro» di questo caso che continua a fare il portiere nell'edificio dall'architettura fascista. Uscì di scena definitivamente giusto un anno fa, alla vigilia della Pasqua 1991, quando il giudice Catalani archiviò il suo caso: il test del Dna aveva stabilito che il sangue trovato sulla porta della stanza in cui fu commesso il delitto non era suo né di un suo familiare. «Non so niente - dice -, io non conosco questo ragazzo, non l'ho mai visto». La polizia ha continuato a ritenere sospetto il comportamento di Vanacore anche dopo il definitivo proscioglimento, come se sospettasse che coprisse qualcun altro, il vero colpevole. Il portiere ribatte: «Ma come si può pensare una cosa del genere? Io sono una persona onesta, come lo sono tutti i miei familiari, mi pare che si sia potuto vedere anche in questa triste vicenda. Come avrei potuto sopportare tutto quello che ho passato per coprire qualcuno? Questo non si fa nemmeno per i migliori amici. Io continuo solo a pregare perché si trovi il vero colpevole, l'assassino di quella povera ragazza». Adesso sarà il giudice delle indagini preliminari a pronunciarsi sulla richiesta di incidente probatorio per fare il test del Dna su Federico Valle. E' già stato accertato che il gruppo sanguigno dell'indagato è lo stesso della traccia trovata nell'ufficio di via Poma, ma questo non significa nulla. Finora le analisi del sangue hanno solo prosciolto i vari indagati, compresi conoscenti e colleghi di lavoro di Simonetta Cesaroni. Gli investigatori dicono che la traccia di sangue è solo un elemento dell'indagine, il commento dei familiari del giovane Valle è un amaro sorriso. La nuova partita di via Poma è appena cominciata. Giovanni Bianconi La famiglia di Simonetta Cesaroni «Sempre detto che l'omicida andava cercato all'interno dello stabile» Ma sulla svolta c'è un'ombra elettorale Palazzo di via Poma: sopra i fregi le finestre dell'ufficio di Simonetta (a destra) e due piani più in su quelle del padre di Federico Valle. Sotto, la contessa Alberica Filo della Torre

Luoghi citati: America, Roma