Mario Chiesa torna a casa dopo 45 giorni di carcere

Mario Chiesa torna a casa dopo 45 giorni di carcere Arresti domiciliari per l'ex presidente del Pio Albergo Trivulzio: non c'è più pericolo di inquinamento di prove Mario Chiesa torna a casa dopo 45 giorni di carcere La decisione del giudice dopo un drammatico confronto con Occhipinti Cinque ore di urla e insulti in una saletta del carcere di San Vittore MILANO. Arresti domiciliari. Per Mario Chiesa, ex presidente del Pio Albergo Trivulzio, ex uomo di spicco del partito socialista, le porte di San Vittore si sono riaperte ieri alle 18.40 dopo 45 giorni di carcere e uno scandalo che ha terremotato il mondo politico milanese. Ad attenderlo solo il suo legale, l'avvocato Nerio Diodà. Niente carabinieri. Una corsa in macchina per raggiungere la villa a due piani nella periferia residenziale di Milano dove Chiesa abita con la sua convivente Rosa Errico, 22 anni, da cui sta aspettando un bambino. Gli arresti domiciliari, concessi dal giudice per le indagini preliminari Italo Ghitti, sono giunti dopo sei interrogatori e un acceso confronto con Vito Occhipinti, l'imprenditore che lo accusa di aver intascato una tangente da settecento milioni per l'intermediazione con alcuni politici che dovevano favorire gli appalti. Poco prima delle 19, Chiesa, 47 anni, è arrivato a casa. Un caffè con l'avvocato, le prime telefonate. Poi il silenzio: cancello chiuso, tapparelle abbassate contro l'assalto dei giornalisti. Dal citofono Rosa Errico fa la decisa: «Andate via, qui non c'è nessuno». Anche le tre porte blindate dell'appartamento al primo piano rimangono chiuse. E' sempre la donna a parlare: «Chi siete, cosa volete? Non ho niente da dire». Ha voce squillante, emozionata. «Andate via o chiamo i carabinieri». Solo per un attimo si sente la voce di Mario Chiesa. Brontola. Sulla strada arrivano le telecamere, i fotografi. Nella ressa compare una coppia di anziani. Sono parenti? Portano un vassoio di pasticcini. Citofonano: «Siamo noi». Risposta: ((Andate via ci sono i giornalisti». Vanno avanti così queste prime ore di «libertà» di Mario Chiesa che chiudono il (solo) primo capitolo della lunga odissea giudiziaria iniziata il 17 febbraio scorso. Quella sera i carabinieri entrarono nell'ufficio di presidenza del Pio Albergo Trivulzio proprio mentre Chiesa stava intascando una mazzetta da sette milioni da un imprenditore di Monza. Luca Magni, titolare di una impresa di pulizie a conduzione famigliare, la «II. Pi», si era stancato delle continue richieste di Chiesa che voleva il dieci per cento su ogni appalto. All'appuntamento con il presidente della Baggina, come i milanesi chiamano l'ospedale geriatrico, l'imprenditore c'era andato con i carabinieri. Sotto alla giacca un radiomicrofono per registrare ogni attimo della conversazione. L'arresto, in flagranza, era solo l'inizio delle accuse contro Chiesa. I sette milioni, una briciola del tesoro. Il pubblico ministero Antonio Di Pietro arriverà a sequestrare 12 miliardi e cento milioni, parte in contanti e parte in titoli di deposito, trovati a casa di Chiesa, su conti correnti intestati alla segretaria e in una cassetta di sicurezza intestata agli anziani genitori. Con l'arresto si concludeva anche la carriera politica di Mario Chiesa, prima consiglie- re provinciale psi, poi assessore ai Lavori pubblici e infine, dal 1986, presidente del Pio Albergo Trivulzio: oltre mille anziani ricoverati, un patrimonio immobiliare di oltre 700 appartamenti. In poche ore il psi decide l'espulsione. L'inchiesta apre nuovi squarci sulla gestione della Baggina. Il sequestro di casse di documenti in due uffici di Chiesa apre il capitolo degli appartamenti venduti a imprenditori «amici». E poi ancora l'immenso giro di appalti su cui Chiesa, secondo l'accusa, pretendeva la mazzetta. Nell'inchiesta sette imprenditori si ritrovano una informazione di garanzia per corruzione. Mario Chiesa nega sempre tutto. In sei interrogatori davanti al magistrato e poi ancora ieri nell'ultimo faccia a faccia con Vito Occhipinti. Cinque ore di urla, di insulti, in una saletta del carcere di San Vittore. «Ti ho dato i soldi, settecento milioni, per la tua intermediazione con gli uomini politici che dovevano curare i miei affari», accusa Occhipinti, detenuto per estorsione per un'altra vicenda. «Tu sei matto, quei soldi erano solo un prestito», ribatte Chiesa che non nega un incontro privato con Occhipinti, agli inizi degli Anni 80, quando era un semplice consigliere provinciale socialista. «E' stato un confronto molto aspro. Ognuno è rimasto sulle rispettive posizioni», dirà poi l'avvocato Diodà. E' l'ultimo atto. Le esigenze istruttorie che per quasi due mesi hanno tenuto Chiesa in carcere sono finite. E' «diminuito il pericolo di inquinamento delle prove», motiva il giudice Ghitti che ha accolto la richiesta dei legali di Chiesa. Ma l'inchiesta non è affatto conclusa. Fabio Potetti ... M Mario Chiesa. Dopo 45 giorni ha ottenuto gli arresti domiciliari

Luoghi citati: Milano, Monza