MITTERRAND CAMBIA CAPPOTTO

MITTERRAND CAMBIA CAPPOTTO MITTERRAND CAMBIA CAPPOTTO UN regista che volesse filmare la crisi della Francia e del mitterrandismo, in questa primavera del 1992, non potrebbe fare a meno di notare la singolare coincidenza di due eventi fortemente simbolici, e similmente memorabili. Due eventi occorsi in simultanea, per ironia della sorte: nelle stesse ore in cui Mitterrand sceglieva Pierre Bérégovoy come primo ministro - Pierre Bérégovoy l'ex operaio divenuto grande argentiere, l'ex combattente dell'unione delle sinistre metamorfizzato in rassicurante tecnocrate, il Pentito del Socialismo per eccellenza - non lontano dall'Eliseo, nell'isola Seguin sulla Senna, la mitica fabbrica Renault di Boulogne Billancourt chiudeva i battenti, per sempre. Chi ha visto il gigantesco impianto industriale che galleggia sul fiume, relitto magnifico, può immaginare cosa sia stato Renault Billancourt: soprattutto di notte, quando la fabbrica era tutta illuminata, faceva pensare al fantomatico Rex di Fellini, a un bastimento carico di euforie effimere, e tanto più luminescenti. Il Rex se ne va, addio Francia socialista. Amarcord: il socialismo non ha più nulla da perdere tranne i luoghi della propria memoria. Di fronte ai cancelli di Renault Billancourt, nel '68, Sartre disse la sua stupida frase famosa: «Non bisogna disperare Billancourt» - «Il ne faut pas désespérer Billancourt» -: non bisogna dirle brutalmente la verità, e cioè che le illusioni non hanno senso, che le lotte non sono che vanità. Adesso invece sì, la brutalità non solo è permessa ma consigliabile: basta edulcorare il linguaggio, rimpinzarlo di cifre economiche, spoliticizzarlo. Rimessa a imoBarbara Spinelli CONTINUA A PAG. 2 SECONDA COLONNA

Persone citate: Boulogne, Fellini, Mitterrand, Sartre, Seguin

Luoghi citati: Francia