Giornata di terrore all'Enichem

Giornata di terrore all'Enichem A Villadossola esplode la centrale termica. Otto operai feriti, tre sono gravi Giornata di terrore all'Enichem Ruffolo ha disposto un'inchiesta sulle cause dell'incidente L'impianto chimico adesso rischia di essere bloccato DOMODOSSOLA. E' esplosa la centrale termica all'Enichem di Villadossola. Il bilancio: lunghi minuti di paura, otto feriti (di cui tre in gravi condizioni) la centrale completamente distrutta. E il rischio che la produzione del complesso chimico possa rimanere paralizzata. Il ministro Ruffolo ha subito inviato nello stabilimento il direttore generale del Servizio rischio industriale del ministero e il comandante del nucleo operativo ecologico dei carabinieri. E ha chiesto un rapporto all'Enichem. L'esplosione è avvenuta poco prima delle 9,30. In quel momento, alcuni tecnici dello stabilimento stavano riawiando la caldaia della centrale termica, che era stata fermata per interventi di manutenzione. Pochi minuti dopo il riavvio l'impianto è esploso. Nel reparto c'erano otto lavoratori che sono stati scaraventati ad alcuni metri di distanza. Tre hanno riportato gravi ustioni su tutto il corpo. Sono il caporeparto Giovanni Ghisletti, 50 anni, di Villadossola; l'elettricista Marco Santolmi, 37 anni, di Fiedimulera e il capo centrale Mauro Zanoli, 35 anni, di Domodossola. Lo spostamento d'aria ha ferito anche altri due dipendenti dell'Enichem, Massimo Zonca e Vittorio Falcioni, entrambi di 54 anni e tre operai di una ditta esterna che aveva in appalto alcuni lavori: Ivo Pieri (42 anni), Paolo Sancirmi (22) e Paolo Ramozzi (23). Tutti sono stati trasportati all'ospedale di Domodossola. Dopo le prime cure i medici del San Biagio hanno deciso per il ricovero a Milano e Torino di Ghisletti, Santolini e Zanoli. Sono in prognosi riservata: hanno ustioni di primo, secondo e terzo grado su tutto il corpo. A complicare il loro trasporto è stato anche il maltempo: la neve ha impedito agli elicotteri di raggiungere Domodossola. I soccorsi dopoTeplosione sono stati immediati. Sono accorsi alcuni colleghi di lavoro e gli addetti delle squadre interne di emergenza. Poco dopo sono arri¬ vate alcune ambulanze, i vigili del fuoco di Domodossola e Villadossola, carabinieri e polizia, L'intero stabilimento è stato mobilitato. Tra i primi soccorritori, Natale Minoli, uno degli addetti all'impianto: «L'edificio è saltato in aria: un muro era squarciato, le vetrate in frantumi, la caldaia sventrata. Difficile riuscire a vedere tra il fumo che proveniva dal reparto. Ho sentito alcune persone lamentarsi. Qualcuno era letteralmente intontito dallo scoppio. Ci siamo preoccupati dei feriti più gravi». Soltanto ipotesi, per ora, sulle cause dell'incidente. La caldaia esplosa era stata installata nel 1968 e avrebbe do¬ vuto rimanere in funzione ancora un paio d'anni. L'impianto non aveva però mai dato problemi. Specie in questi ultimi anni, cioè da quando la chiusura di molti reparti aveva ridotto ad un quarto l'attività della centrale termica, in pratica il «cuore» di questo stabilimento che dà lavoro a 200 persone. L'impianto forniva infatti tutto il vapore necessario alla produzione (emulsioni acetovimliche, tra le quali il noto Vinavil) e al riscaldamento. Si fa comunque l'ipotesi che l'esplosione possa essere stata provocata da una «sacca» di metano formatasi durante l'interruzione dell'attività della caldaia. C'è ora il pericolo che l'Eni- chem di Villadossola possa chiudere. Dalla direzione di Milano si sottolinea che per il momento si è ancora in fase di valutazione delle cause e dei danni. «Siamo anche noi in attesa di sapere cosa succederà - ha detto Antonio Lo Nigro della Cgil -. Temo comunque che questo incidente possa pregiudicare il futuro già incerto di questo stabilimento». Immediato anche l'intervento della Fulc, il sindacato dei chimici, che ha chiesto un incontro con l'Enichem, per impedire «il ripetersi di eventi che non sono né ineluttabili né frutto di fatalità». Renato Balducci