SCRITTORI OLTRE IL MURO di Primo LeviFerdinando Camon

SCRITTORI OLTRE IL MURO SCRITTORI OLTRE IL MURO II traduttore Joachim Meinert: come cambia l'editoria nella Germania unita, VEst finalmente leggerà Primo Levi GMILANO ERMANIA una grande potenza economica: ma è chiaro che l'unione la farà diventare presto anche una grande potenza editoriale e letteraria. La Germania dell'Est aveva due grandi case editrici di letteratura, ambedue a Berlino: la Volk und Welt e la Aufbau, che traducevano scrittori da tutto il mondo, anche se in prevalenza dall'area comunista. In tutt'e due queste case editrici ha lavorato molto per l'introduzione della letteratura italiana l'editor Joachim Meinert, che nelle settimane scorse è passato per l'Italia: è il traduttore di Cesare Pavese, Alberto Moravia, Natalia Ginzburg, Eduardo De Filippo, Gianni Rodari, «Pinocchio», anche Davide Lajolo... «No, Davide Lajolo l'ho tradotto ma non è stato stampato:, Veder l'erba dalla parte delle radici è stato proibito dalla censura». Cosa accadrà ora all'editoria della Germania Est? Riuscirà a fondersi nel sistema capitalista, e a vendere i suoi libri nella Germania unita? 0 ci riesce o muore. Moltissimi libri di autori tedeschi, ma anche di traduzioni, erano presenti in Germania in doppie edizioni, una all'Est una all'Ovest. Con l'unione monetaria questo finisce. Molti autori di prestigio scelgono l'editore occidentale, perché la prospettiva di quello orientale gli pare dubbiosa: Stefan Heym ha optato per Bertelsmann; ma Christa Woolf, per esempio, lascia alcuni libri di qua, altri di là. Come avveniva, nell'editoria della Germania Democratica, la scelta degli autori italiani? Per noi è sempre stato un mistero. Non mi meraviglia, era un mistero anche per noi. Il procedimento infatti era complesso: la scelta avveniva su proposta del redattore o consulente letterario, ma doveva essere confermata prima dalla gerarchia della casa editrice, e infine dal Ministero della Cultura, il che significa dalla censura statale. Questo processo comportava in chi vi era coinvolto delle forme di autocensura. Io, che ho lavorato dal 1967 al 1990 come redattore, me ne rendo conto come tutti i miei colleghi: sapevamo se un autore era improponibile (come Solgenitsyn, Koestler, Orwell...) o se si poteva fare un tentativo di ampliare l'orizzonte. Questa difficoltà non esisteva soltanto per. autori occidentali, come credete voi: anche per i russi e i sovietici ci volevano vere e'proprie battaglie per farli passare: Bulgakov,, Okudsghava, Trifonov, Ajmatov... Quando io cominciai a lavorare, non erano ancora usciti Joyce, Kafka, MusU, Proust, senza parlare di Freud. Era un tira e molla avventuroso è bizzarro. Come diavolo è potuto accadere che non avete tradotto Primo Levi? Per Primo Levi si trattava di un'operazione dolorosa e impossibile. Era già uscito «Il sistema periodico» (presso Aufbau) e una scelta delle «Storie naturali». Il problema sorse quando proponemmo «Se questo è un uomo». Era il 1982. Ci fu proibito senza mezze parole. La visione del mondo di Auschwitz data da Levi non si conciliava col mito della sofferenza eroica e della resistenza coraggiosa propagandato dai sopravvissuti comunisti: erano proprio loro, gli ex-compagni di sorte di Levi, che - richiesti dall'autorità di censura di dare un parere - ne impedivano l'uscita nella Rdt. A loro avviso, quel libro tendeva a «denigrare» l'azione dei prigionieri politici ed ignorava la resistenza nel campo. Un fatto che ha amareggiato (ma non sorpreso) Levi, come mi scrisse dopo quel nostro tentati- vo fallito. Gli intellettuali dell'Est devono inserirsi di colpo nel mondo capitalista. Qua! è il prezzo psichico, politico, culturale di questa operazione? Enorme e tremendo: tutti gli intellettuali della Germania di prima si tende a farli passare per collaboratori della Stasi, venduti alla polizia segreta. Alcuni lo sono stati, lo si è visto da quando i famigerati «dossier della Stasi» sono stati aperti. Ma c'è anche il fatto che, ingenerando sospetti, la Stasi (ufficialmente dissolta) ha la possibilità di vendicarsi un'altra volta sugli ex-oppositori, indicandoli come «collaboratori non ufficiali». Ora, è vero che gli intellettuali si trovavano in una posizione ambigua, e che chi non abbandonò il Paese deve forse ammettere di avere in qualche modo convissuto col regime, di essersi adattato. Ma si poteva emigrare in 17 milioni? E quale sarebbe stata la condizione dei «rinchiusi» se anche intellettuali come Christa Woolf o Stefan Heym se ne fossero andati? Christa Woolf si vede adesso accusata di essere stata «poetessa di Stato» o «scrittrice del regime», mentre prima era considerata esattamente il contrario: non proibita ma marginalizzata, se pur sempre molto importante. Adesso gli intellettuali excomunisti dovranno abituarsi al lavoro privato, presso case editrici che puntano al profitto. E per- deranno molte garanzie, pensioni, affitti bassi, vacanze: era proprio del tutto . negativa la condizione dell'intellettuale, prima, nella Germania comunista? Prima era difficile pubblicare, ma si poteva campare alla meglio, appoggiandosi sulla solidarietà di amici o clienti. Oggi molti si rendono conto di' non reggere più all'aumento del costo della vita (anche se non ha raggiunto il livello occidentale: il m2 di affitto, che prima costava meno di un marco, adesso costa all'Est 3-4 marchi, ma all'Ovest (Amburgo, Berlino Ovest, Monaco...) arriva a 20 DM e più. Ma c'è un'altra sconfitta che schiaccia l'intellettuale: ed è la perdita di prestigio sociale. Artisti e scrittori ora non valgono per quel che scrivono ma per quel che vendono sul mercato. Gli scrittori meno noti non sono più richiesti. Gli editori non accettano i loro manoscritti, temono di non venderli. Le vendite degli editori sono scese clamorosamente: cioè al livello «normale» dell'Ovest, dove ogni loro libro si vende in concorrenza con moltissimi altri, in un mercato sterminato. E si deve tener conto del numero considerevole di intellettuali che hanno perso il lavoro «garantito» alla radio, all'Accademia delle Scienze, nelle università, case editrici, redazioni... Che ne sarà delle case editrici? Se la Volk und Welt diventerà una cooperativa, dovrà azzerare e ricostruire il catalogo; se la Aufbau è stata comprata da privati, dovrà funzionare in modo completamente diverso. E' così. La Aufbau è stata acquistata da un agente immobiliare di Francoforte, e immediatamente il suo personale è sceso da 180 dipendenti a 52. Prima la lettura era una forma di intrattenimento molto diffusa tra il popolo. Adesso, alla maniera occidentale, vi sono altre forme di passare il tempo. I prezzi dei libri sono aumentati di 3-4 volte, mentre i nostri salari sono al 60% dei salari occidentali. Conseguenza? Conseguenza, alcuni esperti prevedono che la Germania dell'Est potrebbe deindustrializzarsi, diventare il nostro Mezzogiorno, area depressa a lungo termine. Come poteva informarsi lei sugli scrittori e i libri italiani? Poteva leggere il «Corriere», la «Stampa», latinità»? No, non potevo. Ci voleva valuta, e non c'era. Avevo soltanto i cataloghi degli editori italiani e la stampa del pei. Era una fortuna saper leggere l'italiano: 1' «Unità» era di gran lunga il miglior giornale d'informazione che entrava. Qualche amico italiano mi mandava pacchi di «Tuttolibri» preziosissimi. Non c'era altro. Uno dei problemi contro cui urtavamo noi scrittori occidentali, era il rifiuto della cultura comunista di fronte a certi temi, o scienze, o fedi. In questo rifiuto c'era anche un terrore. Non passavano libri religiosi, non passavano libri di psicanalisi, di filosofia, di politica. Nemmeno di sesso. Adesso, vói dovete recuperare in fretta tutti questi immensi campi. Sono già entrate nelle vostre biblioteche le opere di Freud? La filosofia post-marxista? TI cinema occidentale? Non si tratta più di far entrare queste opere o queste discipline, adesso si tratta di pagarle: il mercato tedesco ha tutto, e in un attimo è diventato il nostro mercato. Ciò di cui abbiamo bisogno, nel comunismo potevamo immaginarlo, nel capitalismo lo vediamo: ma nell'un caso e nell'altro non possiamo toccarlo. Ferdinando Camon A sinistra: Cesare Pavese Sotto: Alberto Moravia e (foto grande) Natalia Ginzburg