MARCELLO MARCHESI Il re della atturab
MARCELLO MARCHESI Il re della atturab MARCELLO MARCHESI Il re della atturab LA nascita di Stefano Massimo aveva sconvolto Marcello Marchesi di gioia. «Per la gioia sono ingrassato di sei chili», diceva a tutti. «E dire che avevo fatto sacrifici enormi per calare di venti chili, tutto per non procurare uno choc troppo traumatizzante a mio figlio. Mi ero detto: quel poveretto, appena, apre gli occhi e mi vede, gli verrà un dubbio: "Ma quello è mio nonno o mio padre?". Allora mi ero deciso a compiere l'operazione restauro. Via i chili superflui e via anche la barba che, quando si è su di anni, non fa contestatore ma solo matusa...». Morì il 19 luglio '78, annegato in poca acqua a San Giovanni di Sinis nel golfo di Oristano. Poca acqua: una situazione comica che diventò tragica prima che Marcello Marchesi potesse commentarla con qualche battuta folgorante. Marcello Marchesi è stato il più grande battutista italiano di questo mezzo secolo. La voce battutista non figura nei dizionari italiani: da barzelletta può derivare barzellettare e da freddura freddurista, ma da battuta non deriva battutista. Marcello Marchesi è stato grande anche nel senso della generosità. Nel senso della generosità, anzi, è stato addirittura grandissimo. Ha dato molto a tutti e tutti hanno avuto molto da lui in ogni campo. Non è un caso che il maggiore successo di vendita dell'anno scorso Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano, l'antologia di aforismi, citazioni, spiritosaggini, motti e balbettii di illustri e sconosciuti curata da Gino & Michele tragga il titolo proprio da una battuta di Marcello Marchesi nel romanzo autobiografico Il malloppo, una frase a effetto in mezzo a un mucchio, una massa, una infinità di frasi a effetto, che Bompiani pubblicò nel 1971 e ora ristampa. E che la nuova edizione de II malloppo esca contemporaneamente a Anche le formiche s'incazzano. Anno secondo. Marcello Marchesi è in grado di destreggiarsi vent'anni dopo meglio di D'Artagnan e di qualche altro moschettiere nel romanzo omonimo di Dumas padre. E' in grado di destreggiarsi anche dopo la sua morte paradossale. «Marcello Marchesi», dice la scheda Rai, «nasce a Milano il 4 aprile 1912. Si laurea in giurisprudenza. Comincia a scrivere per i settimanali umoristici. E' l'inizio di una proteiforme attività di giornalista, sceneggiatore, regista, attore, scrittore e umorista. Nel 1937 scrive per la radio AZ Radioenciclopedia. Seguiranno decine di trasmissioni tra cui Indovinala grillo (1950), L'amico del giaguaro (1964), Ferma la musica (1969), Andata e ritorno (1972), Quarto programma (1974). In televisione ha esordito nel 1952 con Te lo ricordi...». Ma la scheda è appunto della Rai, ovvero si preoccupa soprattutto del lavoro di Marcello Marchesi per la Rai, al massimo si spinge sino alla propria versione precedente, l'Eiar. Conviene integrare questi dati. Tanto per cominciare, Marcello Marchesi è stato un italiano capace di conciliare due città come Milano e Roma, non patendone l'antiteticità, anzi alimentandosene. E dire che ai suoi inizi que st'antiteticità era ben più radicale e radicata di quella sopravvivente oggi nella comune decadenza. Nato, come s'è detto, a Milano, a tre anni era stato provvisoriamente ospitato da uno zio milanese residente a Roma. Il provvisoriamente era risultato relativo. A Roma, infatti, Marcello Marchesi aveva finito per restare sino ai diciotto anni ed era tornato a Milano solo dopo la morte del suo ospite. A Milano si era laureato, ed era già inserito in un buono studio legale, quando durante uno spettacolo studentesco al Lirico e a cui aveva fervidamente collaborato era stato notato da Andrea Rizzoli, figlio del potente Angelo. Andrea Rizzoli reclutava gente in gamba per il giornale umoristico progettato dalla casa editrice di piazza Carlo Erba numero 6, ingolosita dal successo che riscuoteva a Roma il Marc'Aurelio, diretto da Vito De Bellis, il foglio umoristico bisettimanale sorto sulle ceneri dei giornali satirici, dall'Asino al Becco giallo soppressi ed esorcizzati dal fascismo. E' uno delle poche occasioni in cui il malinconico Andrea Rizzoli pare aver riscosso la fiducia quasi completa del padre Angelo che programmaticamente non stimava molto il figlio. Ma si capisce: quelli che fecero il Bertoldo, come si chiamò il giornale final¬ mente partorito nel 1936, erano coetanei di Andrea nato nel 1914. In un certo senso era lui l'esperto. Lo stesso Marcello Marchesi, comunque, preferiva ricordare di essere stato scoperto dal «commenda»: come riferimento era più semplice e prestigioso. Angelo Rizzoli non ne sbagliava una. La possibilità di sbagliare era, quindi, concessa, anzi demandata ad Andrea. Marcello Marchesi fu convocato per la prima seduta di redazione del Bertoldo che avrebbe dovuto chiamarsi in un altro modo ed esser diretto da Cesare Zavattini che sovrintendeva ai variopinti periodici della Rizzoli. Ma poi Cesare Zavattini era stato licenziato in tronco perché aveva osato iscriversi al sindacato fascista dei giornalisti contrariamente al parere di Angelo Rizzoli che preferiva aver a che fare con degli impiegati. E il nuovo giornale era stato affidato alla direzione e all'animazione di Giovanni Mosca e Vittorio Metz, rapiti al Marc'Aurelio. L'idea di prenderli in forza era stata di Andrea Rizzoli, che però era stato troppo civile nelle trattative con i due romani, e allora Angelo Rizzoli aveva inviato il nobile e corpulento conte Dell'Anguillara che li aveva cacciati con la forza in un vagone letto diretto a Milano. Marcello Marchesi figura in Nella fole .sinistra. < umoristi di ìì alter Mi Ortensio. 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