BOTTAI arte di parte

BOTTAI arte di parte BOTTAI arte di parte DI volta in volta definito come il «fascista critico», il «revisionista», il «frondista», l'«eretico», il «fascista diverso», di certo Giuseppe Bottai, il gerarca amico delle Muse, aveva in mente un disegno molto più ambizioso che non la semplice promozione di un'«arte di regime». Per sincerarsene, si legga l'ampia antologia dei suoi scritti artistici curata da Alessandro Masi e appena pubblicata dall'Editalia (La politica delle arti. Scritti 1918-1943, pp. 351, L. 34.000). Intellettuale sinceramente convinto che con il fascismo, vissuto addirittura come l'ingresso in un nuovo stadio della civiltà, all'arte fosse finalmente riconosciuto «un posto essenzialissimo nella personalità politica del popolo italiano», Bottai coltivava il sogno di un'Arte sottratta alla tirannia del mercato e agli umori volubili della società di massa. Sogno fascistissimo (altro che eresia), che allo «Stato etico» caldeggiato da Gentile affiancava la chimera di uno «Stato estetico»: quello che, secondo le aspirazioni bottaiane, nella sua sollecitudine totalitaria avrebbe messo la parola fine alla segregazione dell'artista moderno nella «sua torre eburnea». Del resto, non era forse caratteristica essenziale della «rivoluzione» fascista secondo Bottai la reintegrazione della «personalità dell'uomo al centro stesso delr l'organizzazione statale»? Chi invoca una più massicia presenza dello Stato nella protezione e nella cura dei fenomeni culturali ed artistici, non dovrebbe tardare a riconoscere in Giuseppe Bottai una figura emerita nella storia del dirigismo statale sul terréno estetico. Fu lui, il gerarca aperto ad ogni vento frondista, a varare la legge sui Beni Artistici ed Ambientali, modello tuttora insuperato di protezione e tutela del nostro patrimonio naturale e culturale. E fu sempre lui a fondare l'Istituto Centrale del Restauro. Si devono a Bottai due tra le più vivaci riviste dell'epoca, Le Arti e Primato. Ma anche l'istituzione del Premio Bergamo, il consolidamento della Quadriennale e addirittura, autentica provocazione agli occhi delle componenti più retrive del fascismo, l'apertura di un Ufficio per l'Arte Contemporanea alle dirette dipendenze del ministero per l'Educazione Nazionale. Artisti come Sironi, Funi, Carrà, Campigli, Severini e successivamente Guttuso, Manzù, Mafai, Sassu e Scialoja trovano in Bottai un mecenate prodigo e sensibile. L'Italia, come ricorda il curatore del volume di Editalia, si arricchisce in quegli anni di «migliaia di metri quadrati di affreschi», BOTTAI arte di parte Giuseppe Bottai, a destra, nella foto piccola insieme con Mussolini; sotto, il ministro posa per il fotografo Ira i pittori Marioli (a destra) e Muccuri

Luoghi citati: Bergamo, Italia