FIABESCO STRINDBERG

FIABESCO STRINDBERG FIABESCO STRINDBERG LE fiabe di Andersen sono una delle realizzazioni letterarie più lontane del teatro di Strindberg, e il fatto che proprio ad esse lo scrittore svedese si sia rivolto per trarre ispirazione per un suo libro di fiabe (August Strindberg, Fiabe, introduzione di Alda Castagnoli Manghi, a cura di Cristiano Calcagno) si spiega solo con una sua crisi personale, di cui noi conosciamo, come spiega Alda Manghi nella sua introduzione, alcune circostanze esteriori. Nel 1902 Strindberg era infatti «amareggiato e deluso dall'impossibilità di far rappresentare in Svezia i suoi ultimi drammi». Da che cosa deriva questa difficoltà per uno scrittore già ampiamente affermato come romanziere e drammaturgo? Dal fatto che i suoi scritti investivano consuetudini e atteggiamenti radicati nella società borghese a lui contemporanea; contenevano, in altre parole, una forte critica sociale. Da questa delusione nasce il desiderio di cambiare genere di scrittura, di «rinfrescarsi la fantasia con delle fiabe», come egli stesso dice. La vicinanza cronologica e geografica lo indirizza quasi automaticamente al modello di Andersen: delle fiabe di Andersen infatti quelle di Strindberg hanno la perlacea tonalità nordica, quel fondo di tristezza che si sposa a cieli pallidi, a mari freddi, a una natura divisa tra foreste e dune sabbiose. Non hanno però la grazia lirica che le innalza ad un registro poetico, che dissolve il pessimismo in dolce amarezza malinconica. Neppure nei momenti più lontani dal realismo della sua opera teatrale, per esempio nella fiaba «A mezzestate», la rinuncia alla fatica di vivere in un mondo ostile si risolve in quella levità che riscatta dalla cupezza le fiabe di Andersen. Non a caso una delle più belle in questa raccolta è «Quando la rondine giunse allo spincervino», desolata allegoria dell'esistenza nel mondo dei vinti. Forse il confronto, dall'autore stesso richiamato, con Andersen nuoce alla lettura delle fiabe di Strindberg. D'altra parte la fiaba non è un genere facile, a cui si possa accedere in un momento di stanchezza o di sfiducia, esattamente come non è - e questo l'autore dimostra di saperlo bene - un genere letterario per bambini. Nella sua tipicità la fiaba d'autore è un modo di scrivere fortemente metaforico, che può mostrare in trasparenza tutti i contenuti di pensiero più impegnativi, ma li mostra come immagini diafane, lontane dalla realtà anche se nella realtà sono nati. In questa dimensione la fiaba moderna, alla Andersen, raggiunge il livello della poesia. Tuttavia, anche se questo non avviene per le fiabe di Strindberg, esse sono un momento significativo della sua opera, ed è giusto averle portate alla conoscenza di un pubblico più vasto, di non specialisti, attraverso l'attenta presentazione di Alda Manghi e la felice traduzione di Cristiano Calcagno, come è giusto di grandi scrittori raccogliere anche quelle briciole che possono valere più dell'opus maximum di molti mediocri. Laura Mancinelli August Strindberg Fiabe Feltrinelli II3.L. 11.000

Luoghi citati: Svezia