Mina e gli altri fuga dalla tv cialtrona di Curzio Maltese

Mina e gli altri, fuga dalla tv cialtrona Il lunedì su Rai3 «Aspettando...» di Bagnasco, un «chi l'ha visto?» dei big che evitano il video Mina e gli altri, fuga dalla tv cialtrona Vivono senza audience eppure sono ricercatissimi MILANO. La televisione logora chi non la fa? E' il dubbio che prende tutti quando si vede Giorgio Bocca e Rita Levi Montalcini, Natalia Aspesi e Giorgio Strehler sedersi nella poltrona di «Mezzanotte e dintorni» e aspettare la fatidica domanda di Marzullo sui sogni. Possibile? Anche loro? Teoria filosofica: «si esiste soltanto attraverso la tv» (legge di Thomas). Prassi: si vendono libri, dischi, film, idee, giornali, commedie soltanto se «passano alla tivù». Eppure. Un gioco di società. Che cos'hanno in comune Battisti e Ceronetti, Mina e Arbasino, Gaber e i poster di Toscani, Boniperti e Dario Fo, Conte e Moretti, Grillo e il cardinal Martini? Non vanno in tv. Da anni non fanno parte dell'esercito dei 19 mila «graditi ospiti». Non di meno sono celebri, ricercatissimi, invitatissimi. Oggetti di culto non televisivo, quindi autentico. Felici senza audience. 1992, fuga da Blob. Una protesta alta e civile contro la dittatura della Grande Sorella. Oppure l'estrema astuzia del Mito nel rifuggire studi ormai saturi di affannate mezze calze. Come sostiene Arnaldo Bagnasco, che conduce il lunedì su Raitre con «Aspettando...», un «chi l'ha visto?» del mito anti-televisivo. Filmati d'epoca, schegge d'autore. Il presentatore aspetta davanti a una sedia vuota. Si presenterà mai qualche anima evocata? Grillo, latitante dall'87 (profetico «mariuoli» ai socialisti), ha già risposto all'invito con il suo ultimo, non raffinatissimo, slogan: 'fiancuto. «E' un amico spiega Bagnasco -. L'idea m'è venuta proprio pensando a lui. E poi mi son detto: perchè non aspettare tutti?». E se non arriva nessuno? «In fondo, me lo auguro. L'importante è che si parli di loro. Secondo me, sono i veri furbi. Dicono di aver superato la tv, in realtà la usano al massimo». Tv, se la conosci, la eviti? «Basta dosare bene. Umberto Eco e Benni fanno capolino, ogni tanto. Mina e Battisti sono stati tentati. Serra, una volta, mi ha proposto un varietà. Gaber la guarda, altrimenti non avrebbe scritto canzone per sfotterla. Moretti fa tv e non lo sa. Sa chi è l'unico davvero allergico? Boniperti». Serra dal fortilizio di resistenza umana continua a teorizzare l'Absence. Contrario di Audience. Consolato dal solidale popolo di «Cuore». «Ho il piacere di avere un pubblico che se mi vede da Marzullo, poi mi fa un culo così». Un peccato veniale, «Babele». «Sì, sono andato da Augias. Un salotto educato, poca gente, ci si rilassa. Anche troppo. Stavo per addormentarmi». Una scelta di vita. «Meglio comunicare a pochi e bene che male ai molti. Cos'è questa voglia di unanimismo?». Ovvero, non si può essere amati dal Nemico. La musica popolare, per esempio. De Andre Guccini, De Gregori, Fossati, gli eterni Mina e Battisti. Chi ci va in tv? Ogni tanto, semmai, è la tv che va da Conte, in concerto a Parigi. Nell'ambiente «sbattersi per l'invito» è sinonimo di mediocrità e inconsistenza artistica. La Nannini e Masini, battezzati alla gloria in Rai, hanno diradato le presenze col progredire delle vendite. Altri fanno gli scongiuri. «Fantastico» gode di pessima fama. «Anna Oxa, Teresa De Sio e Renato Zero non si sono più ripresi» certifica un'anonima manager. Più meditata è la pluridecennale absence di De Andre. «Detesto l'improvvisazione, la chiacchiera, il bello della diretta e la cosiddetta multimedialità. Insomma, non sopporto chi fa un mestiere e pretende di fare l'intrattenitore in quei talk show dove si applaude 1 ultimo che alza la voce. E detesto anche le riprese di concerti e i video-clip con le dita sulla tastiera e lo sguardo pensoso. Mi piacerebbe andare a una trasmissio- ne sull'agricoltura. Ho fatto lunga esperienza, in Gallura. Ma non m'invitano, chissà perchè. Comunque io in tv non ci andavo neppure vent'anni fa». Gli altri hanno piuttosto smesso, inabissati di colpo come fiumi carsici. Gaber era un testimonial della bella tv popolare: «Nel 1970 ho detto basta, al vertice della popolarità. Parto in tournée con Mina. Arriva il teatro. Il primo anno, tante file vuote. Poi funziona il tam tam». Un'intera generazione si ritrova intorno al culto clandestino del signor G.: «Far finta d'essere sani» «Polli d'allevamento». «Nell'82 io sono già al silenzio completo, neppure le interviste ai giornali». Nonostante la strenua protesta dell'amico Jannacci: «Giorgio dice cose stupende. Ma peróne a poche migliaia di spettatori di teatro invece che a milioni?». Il signor G. ribatte: «Tornerei volentieri in una tv meno cialtrona». A parlare di teatro? «Ma è una battaglia persa». Ha lasciato perdere anche Dario Fo. Rimane Carmelo Bene, senza compagnia, a farsi intervistare dai Tg, «forse ubriaco» «imo spettacolo sconcio» ha scritto Giuliano Ferrara. Troppo intellettuali, Gaber e Fo? Ma gli Intellettuali, al contrario, sono i veri presenzialisti della tv. L'hanno snobbata du¬ rante gli Anni '50 e '60, quando era una grande macchina di cultura. La prendono d'assalto ora, benché non offra agli ingegni letterari altro che siparietti periferici, posti di riserva sul divanetto del talk-show, ring sportivi, soporiferi premi letterari con Claudio Angelini e feste d'assessorato. Merito dei best seller usciti dalle collane «Maurizio Costanzo Show» (Lara Cardella, il maestro Marcello D'Orta) e «Pippo Baudo-Domenica In» (Alberoni, Bevilacqua e affini). Ma per i grandi, il discorso si capovolge. Eco è stato in gioventù, con Furio Colombo e Vattimo, uno dei «corsari» della Rai pioniera, come scrive Aldo Grasso nella sua storia della tv. Ora Eco enuncia l'aurea regola «in tv si va una volta l'anno per dimostrare d'essere vivi» (magari a Tmc da Alan Elkann). Esemplare la parabola di Alberto Arbasino, conduttore nel '78 di «Match», primo scrittore italiano a parlare di tv in un romanzo («La bella di Lodi»), oggi renitente a qualsivoglia teatrino catodico. Le vendite di «Baol» e «Il nuovo che avanza» certificano «l'inutilità di sputtanarsi da Costanzo» teorizzata da Benni e Serra. Gino e Michele, benché arruolati dalla Fininvest, tengono a sottolineare che il best seller a puntate «Le Formiche» «non ha goduto di un solo passaggio tv», escluso «Babele». «Un'inchiesta della tv e null'altro può testimoniare se non della maleducazione della tv stessa». Fellini sfugge da secoli agli scocciatori con telecamera. Dai tempi dell'Intervista, l'autore di «Ginger e Fred» ha fatto un'eccezione soltanto per il «fatato Chiambretti». A sorpresa, anni fa, Fellini era apparso in un programma di Beppe Viola sulle Mille Miglia, per raccontare delle notti trascorse in margine a jbuie curve di paese, aspettando i fari di «Nivola». Una chicca introvabile. Felliniani di stretta osservanza sono i giovin maestri Moretti, che vive braccato dagli inviti dell'intero palinsesto di Raitre, e poi l'Oscar Tornatole e il nominato Salvatores, invitato financo da Biscardi per le scene pallonaro di «Mediterraneo» e «Marrakesh Express». L'elenco potrebbe continuare a lungo. La fuga da Blob continua, nonostante l'accorato appello di Bagnasco: «Perchè non si fanno vedere? Ci mancano. Mancano alla causa della tv intelligente». Sono un partito, o una malinconica fantasia. La tv che non c'è. Curzio Maltese In alto: Battisti Accanto: Beppe Grillo e Paolo Conte non sono più «graditi ospiti» della televisione da molti anni Sostiene Serra «Meglio comunicare bene a pochi che male a molti. Non capisco questa voglia di unanimità»

Luoghi citati: Bagnasco, Milano, Parigi