Prima il vuoto poi la sorpresa

Prima il vuoto poi la sorpresa Bagnoli e Vercruysse a Rivoli Prima il vuoto poi la sorpresa DRIVOLI UE mostre raffinatissime, di due noti artisti concettuali europei del I la generazione di mezzo - l'italiano Marco Bagnoli e il belga Jan Vercruysse -, sono aperte al Castello fino al 31 maggio. Due mostre che fanno riflettere sulla possibilità di accostarsi al linguaggio dell'arte contemporanea attraverso percezioni minime, quasi immateriali, e che rivelano percorsi analitici affascinanti per spessore intellettuale e creatività. Bagnoli e Vercruysse, entrambi quarantatreenni, sono artisti che da due decenni si sono distinti per coerenza e rigore concettuale, tendenze che hanno mantenuto intatte anche nei recenti periodi di neoespressionismo dilagante e selvaggio. Oltre i riconoscimenti del loro percorso, ne sono testimonianze le belle opere qui esposte a cura di Ida Gianelli e la partecipazione alla prossima Documenta di Kassel. Per «Anteprima 3» (corredata da un catalogo Fabbri con testo di Francesca Pasini), Marco Bagnoli presenta in tre sale della torre angolare del Castello una sola, grande opera preceduta da un percorso vuoto, costellato soltanto da elementi segnaletici come la banda rossa (o il «campo del cinabro» come egli la definisce) che ha la funzione simbolica di guidarci attraverso il cammino dell'arte, verso l'incontro e la comprensione dell'opera. Essa è preannunciata nella seconda sala, da una piccola scultura in marmo verde che poggia sbilanciata su una stele di legno: si intravede un profilo umano, ottenuto mediante la tornitura di circonferenze diverse. Ma è dopo una successiva pausa o latenza che l'opera si rivela nella sua pienezza. Si tratta di una grande scultura cilindrica in legno, dipinta a tempera bianca (alta m 2,60), lavorata in tondo dalla rotazione sul suo baricento alternativamente inclinato. Una forma quindi nata su se stessa, trasmutante per il moto centrifugo impressole, e che attraverso slittamenti minimi ha assunto un profilo nel quale sono riconoscibili tratti umani, ingigantiti dall'ombra sulla parete. A questa apparizione meravigliante e magica di «Colui che sta», fa da contrappunto a tergo una delicatissima mappa di canne intrecciate a rabesco, dal titolo «Benché sia notte». Sullo stesso piano, diviso da spazi vuoti, si apre in armonico bilanciamento la personale di Jan Vercruysse. Il tema, caro all'artista, è quello dell'assenza, quale elemento metafisico e inquietante più della morte. Nella sala centrale sono appesi alle pareti decine di strumenti musicali a fiato realizzati in vetro di Murano blu oltremare, pregni di colore e di suono inespresso e quindi «assente», la cui leggerezza e ariosità appare bloccata dalla presenza allarmante sul fondo di severissime sculture o «Tombeaux» (monumenti funerari) in legno scuro. Nella sala vicina, l'eco della musicalità che gli strumenti leggeri suggeriscono, sembra addensarsi come tocchi, di colori diversi sulle piastrelle in ceramica che decorano una serie di geometriche strutture in legno scuro. Vercruysse proviene da esperienze di poesia visuale, che riecheggia nella elegante e sapiente disposizione, a fraseggio armonico e poetico, degli strumenti musicali sospesi sul bianco delle pareti, come su una pagina da scrivere. Le due mostre si affiancano alla grande retrospettiva di Piero Manzoni, aperta fino a maggio al terzo piano del castello. Recentemente, nel consiglio di amministrazione di questa istituzione museale, che per prima vede compartecipi operatori pubblici e privati, accanto alla riconferma del presidente Marco Rivetti, sono stati nominati consiglieri l'ambasciatore Bruno Bottai del ministero degli Esteri e Dominique Bozo, presidente del Centro Pompidou, a riaffermare la cooperazione intemazionale che da sempre ha caratterizzato l'attività del Castello di Rivoli. Mirella Bandirli «Colui che sta» opera di Marco Bagnoli esposta in una sala del Castello di Rivoli

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