Leggete Hitler, vi farà bene

Leggete Hitler, vi farà bene La sfida dello storico polacco Michnik: così vinceremo la nuova intolleranza Leggete Hitler, vi farà bene Chi ha paura di «Mein Kampf» e degli scritti di Stalin? «E' meglio conoscere le parole che diffondono l'odio» iti ON è uno scherzo. Io inci[* to davvero alla lettura * degli scritti di quei due 1 grandi criminali del veni_Utesimo secolo che furono Hitler e Stalin. La pubblicazione in Polonia del libro di Alfred Hitler, Mein Kampf, suscita grande agitazione. Si sentono voci a favore, si sentono voci contro. Andrzej Szczypiorski, eccellente scrittore ed eminente cittadino, è risolutamente contro. Sono contro anche: Andrzej Krzysztof Wroblewski, Michal Komar, editorialisti, editori. A queste voci s'aggiunge l'opinione del quotidiano del Vaticano, l'Osservatore Romano. Vi leggiamo dello «spettro dell'intolleranza» che si aggira sull'Europa. Dice l'Osservatore che non si deve prendere alla leggera "neppure la minima manifestazione del razzismo, le sinagoghe profanate o le esibizioni di croci uncinate. Che non si deve lasciar gocciolare di nuovo il veleno di libri come Mein Kampf, che - anche se sembra incredibile - gode di un successo straordinario in Polonia. Che troppi segnali annunciano una prossima nuova eclisse della ragione, in modo particolare in Europa, dove le esperienze tragiche della storia avrebbero dovuto insegnarci - a tutti quanti - che «quando la ragione dorme, nascono i demoni». Condivido questi timori. Faccio parte di quelli che da due anni vivono nell'ossessione della minaccia della sindrome posttotalitaria. Fanno parte di questa sindrome: il populismo, la xenofobia, una visione del mondo in cui regneranno il complotto, la tentazione del fondamentalismo religioso e il desiderio di un potere autoritario, col pugno di ferro. Lo spazio lasciato vuoto dal comunismo si ritrova colmato da un'ideologia tanto semplicistica e forse tanto pericolosa. In effetti, il comunismo era una ideologia d'ispirazione: era in grado di fornire alcune risposte semplici a tutti gli interrogativi complessi del nostro tempo. L'abbiamo ricacciato, ma rimane in noi, in tutti noi, la voglia di trovare spiegazioni semplici ai problemi complessi. Stiamo ristabilendo la continuità storica spezzata decenni fa. Allora risorge tutto il nostro passato: il migliore e il peggiore. Risorgono l'apologia di padre Tisy e dello Stato fascista slovacco, l'apologia di Antonescu e della Guardia di ferro romena. Croci uncinate appaiono nelle vie delle città tedesche. Altrove si innalzano statue agli uomini che predicavano il fascismo. Anche nel nostro Paese risorgono antichi demoni: la retorica nazionalista e i suoi luoghi comuni sulla «solidarietà giudea». Sono d'accordo: lo spettro dell'intolleranza si aggira sull'Europa. Non dobbiamo prenderlo alla leggera. Ma come difendersene? Sono contrario alla tolleranza verso le pubblicazioni che instillano l'odio verso persone, verso gruppi etnici, politici o religiosi. Ma sono per il diritto alla conoscenza delle idee che propagano l'odio. Mein Kampf e il Corso sommario sul VKP sono nella mia biblioteca, accanto ai Protocolli dei saggi di Sion, pubblicati recentemente con l'eccellente introduzione del professor Tazbir. Conservo questi libri e a loro mi rifaccio, perché lo stesso libro può essere fonte di odio e fonte d'insegnamento. Mein Kampf Venduto sotto banco, illecitamente, senza un'introduzione critica, nella Germania attuale può essere un manuale dell'odio. Ma nella Polonia attuale, venduto legalmente e provvisto di un'introduzione critica, è prima di tutto un'inestimabile fonte di sapere. Che cos'era il comunismo? Che cos'era il fascismo? I due portavano una risposta sbagliata a un bisogno umano autentico. Il comunismo era una forma degenerata di risposta al bisogno di giustizia e di uguaglianza. Il fascismo era una forma degenerata di aspirazione alla dignità e all'identità nazionale. Non temo oggi un ritorno al potere di fedeli di Stalin o di Hitler. Il loro linguaggio è completamente screditato, loro stessi simboleggiano quel che di peggio esiste. Temo in compenso la rinascita di un populismo radicale, dove troverebbe spazio l'odio tanto sociale quanto etnico. Temo i falsi profeti che vorrebbero trasformare il mosaico plurinazionale complesso della nostra regione in Stati etnici puri, perseguitando le minoranze e tutti coloro che non saranno stati riconosciuti sufficientemente puri da un punto di vista nazionale. Perché si continuano a sentire clamori di paura e di odio verso tutto ciò che è diverso. Si alzano voci ad avvelenare il conflitto polacco-lituano, o polaccoucraino. Queste voci si fanno sentire in Lituania, in Ucraina e in Polonia. Sentiamo folle urlare contro gli zingari o contro i malati colpiti dall'Aids. Possiamo anche leggere sulla stampa le opinioni di uomini politici sedicenti seri i quali pretendono che la Chiesa cattolica in Polonia aspiri alla dittatura poliziesca. In occasione dei congressi teologici, si sentono voci di teologi eruditi che ci mettono in guardia di fronte a una nuova forma di totalitarismo che sarebbe la secolarizzazione. Dagli stessi orizzonti arrivano le accuse contro gli ebrei che «dimenticano oggi Hitler e Stalin, per non attaccare che dei polacchi e la Chiesa cattolica in Polonia». Uno di quei sapienti fu accolto con ovazioni, in occasione di una serissima conferenza teologica, quando disse: «Non arriviamo a capire perché, dall'inizio di questo secolo, una maggioranza atea, recentemente ancora comunista, dell'intelligencija ebrea combatte con virulenza la Polonia e la Chiesa, così come il papa polacco». Accompagnano queste elucubrazioni attacchi contro «gli intellettuali imbevuti di se stessi e sprezzanti della loro stessa nazione». Si forgia così l'immagine del nemico e della fortezza assediata. Almeno in campo verbale, assistiamo alle prime scaramucce della guerra fredda civile. Ciò non è caratteristico oggi della Polonia e neanche dell'Europa post-comunista. E' in Germania che si aggrediscono stranieri e focolai di rifugiati. E' dalla Francia che ci giungono le voci di Le Pen e dei suoi amici sull'in¬ vasione straniera e l'impurità razziale. L'odio che cerca .un capro espiatorio è come una droga: acceca e inebria. La paura di fronte all'ignoto, così come il ricordo della propria sofferenza possono anche essere fonti di quest'odio. Esiste un antihitlerismo bestiale? Sì. Esisteva ed esiste. E questo antihitlerismo ha condotto all'affermazione di tutto ciò che era ostile a Hitler. Esiste un anticomunismo bestiale? Sì. Esiste. E questo anticomunismo ha accecato i suoi adepti al punto di far vedere loro ovunque un complotto comunista. Temo le due deformazioni. A parte un breve episodio del patto Ribbentrop-Molotov, Hitler era un anticomunista e Stalin un antihitleriano. I due si riferivano a sofferenze umane reali, alle vittime dell'hitlerismo e del comunismo. Né l'anticomunismo né l'antihitlerismo costituiscono di per sé un'autodifesa sufficiente di fronte alla tentazione della fede e della pratica totalitaria. La vera garanzia contro le forme nuove della minaccia totalitaria è nei principi del pluralismo e della tolleranza, così come nel conoscere l'innesto della paura e dell'odio, portatore di cecità e violenza. Noi siamo più saggi dei nostri padri e dei nostri nonni, perché coscienti di ciò in cui finiscono l'idea dell'utopia comunista e la realizzazione dell'utopia nazionalista. Noi siamo anche più saggi, perché sappiamo ciò che accade quando non si spiega la Storia se non attraverso il complotto. Siamo più saggi a causa di Auschwitz e di Katyn. Ecco perché dobbiamo leggere gli scritti di Hitler e gli scritti di Stalin e i Protocolli dei saggi di Sion nelle loro edizioni critiche e commentate in modo competente. Dobbiamo sapere quali idee e quali parole portano a uccidere uomini. Lo ripeto: leggete Hitler, leggete Stalin. Adam Michnik Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa» «Siamo più saggi dei nostri padri perché ricordiamo Auschwitz» Qui accanto: Stalin e Hitler. Nella foto grande: Adam Michnik. A sinistra: Joachim von Ribbentrop