Mario Rossi nei forzieri sonori di Giorgio Pestelli

Mario Rossi nei forzieri sonori I novant'anni del maestro che dal '46 al '69 fece dell'Orchestra Rai di Torino un cardine della cultura musicale europea Mario Rossi nei forzieri sonori La bacchetta magica del «direttore stabile» FTORINO RA i telegrammi di auguri e felicitazioni che hanno raggiunto per il _ suo novantesimo compleanno Mario Rossi (uno, di cui sarà particolarmente orgoglioso, viene dall'Orchestra Filarmonica di Vienna), non può mancare il saluto grato e affettuoso del semplice ascoltatore che tanto gli deve ricordando oltre vent'anni di stabile attività torinese. Il binomio Mario Rossi e Orchestra Sinfonica della Rai di Torino (1946-1969) è stato un cardine della cultura musicale torinese, ne ha formato tono e impostazione, delineato le linee di sviluppo; la tradizionale diffusione radiofonica del concerto del venerdì ne ha fatto un appuntamento nazionale, divenuto europeo con le lunghe tournée all'estero alla testa del complesso torinese (famosa quella con il giovane Arturo Benedetti Michelangeli nell'immediato dopoguerra). Ma oggi ci piace ricordare che cosa Mario Rossi ha rappresentato proprio per Torino da almeno due punti di vista: per il costume musicale, la funzione di «direttore stabile» (oggi non più praticata sul serio nemmeno dove ne sopravvive il nome), di chi si realizza nel lavoro quotidiano di scoperta e affinamento in armonia con l'organismo orchestra¬ le; e per il discernimento critico mostrato nell 'esplorare il repertorio sinfonico (e corale, assieme a Ruggero Maghini) antico e moderno. Erano anni in cui la Rai era cosa molto diversa da quella di oggi, attorno al Terzo Programma era stata chiamata la parte più viva della cultura italiana, le orchestre sinfoniche erano tenute in gran conto; la Direzione generale era a Torino, circostanza che forse influì sulla decisione di costruire l'Auditorium di via Rossini, con sale, uffici e studi annessi per la registrazione e la trasmissione, archivio e produzione in una valanga di musica. C'era moltissimo da fare, da scoprire e collegare; e Mario Rossi era il punto di riferimento, il motore instancabile: non diciamo le partiture del Novecento di ogni Paese che con tempestività venivano portate al pubblico, ma le Cantate di Bach, le Sinfonie di Mozart e Haydn, che conoscevamo nei tre o quattro esemplari più noti, aprivano i loro forzieri con decine e decine di capolavori sconosciuti: la cultura come norma, come pane quotidiano. Oggi non è il caso di rimpiangere nulla, ma di ricordare l'intelligenza e la dedizione di chi ha contribuito come pochi a far progredire la vita musicale italiana. La stabilità di Mario Rossi alla Rai di Torino ha finito col giovare più a noi che a lui: la serietà e l'uniformità dell'impegno, in un mondo che andava volgendosi alle sparate dell'evento, fecero sì che molti (ma non Massimo Mila e non Fedele d'Amico) anteponessero nel Rossi direttore la laboriosità e la professionalità ai valori più propriamente artistici; impostazione quanto mai superficiale, perché lo stile di lavoro di Mario Rossi era lo stesso del direttore, essenziale, conciso, filtrato nel fraseggio ma all'interno articolato e complesso. In questa direzione faceva fede, cercando fra i ricordi, soprattutto il suo Brahms; così come l'umorismo di Haydn gli era fraterno, e congeniale il Novecento italiano e francese, e nel teatro musicale Rossini e Verdi, quest'ultimo specie nelle opere più difficili, come i Vespri siciliani; e del resto tante novità, tanti vagabondaggi nei più vari repertori non potevano essere così efficaci senza la sensibilià del vero interprete. Il fatto è che alle spalle di Mario Rossi, di questo romano divenuto più torinese dei torinesi in riserbo e precisione, c'era l'esperienza decennale all'Augusteo di Roma, il maggior centro di cultura sinfonica dell'Italia prefascista, dove incrociarono tutti i maggiori direttori del mondo; e c'erano gli anni fiorentini al Maggio: ma di queste esperienze e successi non sapevamo gran che, tanto poco tendeva a farsene una qualunque benemerenza. La generosità del temperamento romano aveva trovato, in un momento particolarmente felice della storia musicale torinese, il terreno più fecondo per esprimersi. Per quell'epoca d'oro, a costo d'importunarlo nel suo ritiro romano con i nostri elogi, gli siamo profondamente grati. Giorgio Pestelli Mario Rossi. Mercoledì alle 19,45 Radiotre gli dedicherà un omaggio nella terza parte di «Scatola sonora»

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