Il matrimonio «Living» può diventare teatro di Osvaldo Guerrieri

Il matrimonio «Living» può diventare teatro Malina e Reznikov in scena al Cabaret Voltaire Il matrimonio «Living» può diventare teatro TORINO. Questa sera, al Cabaret Voltaire, si svolgerà l'ultima rappresentazione del «Metodo zero», spettacolo del Living Theatre scritto da Hanon Reznikov, diretto da Judith Malina e da loro interpretato. Domani il Living sarà protagonista di «Retrospectacle '50» e «Video '60», frammenti assemblati e discussi da Franco Quadri. Strane cose per «Utopia americana», una rassegna in cui il passato prevale sul presente, la commemorazione sull'attualità. Come dire che la ricerca teatrale, negli Stati Uniti, si è spenta con gli Anni 70, lasciando al decennio successivo l'onda stanca di una rivoluzione poetica mai del tutto avvenuta. E così, con involontaria coerenza, il Living è venuto a proporsi come corpo teatrale memorialistico, come oggetto d'arte visto in un'ottica riassuntiva. «Il metodo zero» è autobiografia allo stato puro. Reznikov e la Malina raccontano il loro incontro, il lavoro comune, l'innamoramento, il matrimonio. Tuttavia, se si fossero limitati a rappresentare il loro sodalizio, sarebbero caduti in una forma di esistenzialismo sentimentale a loro certamente estraneo. Perciò hanno pensato di scandire le fasi della loro esperienza comune con altrettante proposizioni filosofiche di Ludwig Wittgenstein: assiomi sulla conoscenza, sull'esperienza, sul pensiero che dà forma alla realtà. Per esempio alla frase del «Tractatus LogicoPhilosophicus» che dice «Il mondo è tutto ciò che accade» corrisponde la scoperta di sé e della vita pratica. Oppure l'affermazione: «Ciò che accade - il fatto è la combinazione di cose» si riflette nel loro diventare amanti in una situazione delicata (la Malina era sposata con Julian Beck, il fondatore del Living). Il procedimento è macchinoso e concettoso, ma si può giustificare. Si può capire il desiderio di dare valore ideologico all'esperienza quotidiana: mancando i grandi temi civili e politici che il Living dibatté ai tempi d'oro, si può tentare la simbolizzazione del privato. Purché la tensione poetica segua una sua corda. Qui, purtroppo, la tensione ha cadute imperdonabili. Voghamo fare teatro con il pubblico, dice Reznikov. Questa affermazione - vera anche per le filodrammatiche - va intesa in senso letterale. E il pubblico, a metà recita, viene coinvolto in un lungo, faticoso, imbarazzato dibattito nientemeno che sulle sovvenzioni. E' giusto che l'artista sia pagato dallo Stato? Se è uno stipendiato, come può dichiararsi libero? Che pensate della censura? In America la censura non esiste, dice Reznikov, ma il potere taglia i fondi se uno spettacolo gli è sgradito. Se questo è il teatro della realtà, stiamo freschi. Né Wittgenstein, né i rari momenti di spettacolarità, né la legittima difesa delle utopie anarchiche riusciranno mai a rendercelo appetibile. Osvaldo Guerrieri

Luoghi citati: America, Stati Uniti