Violet nei letti del potere

Violet nei letti del potere Parigi, escono le memorie inedite della figlia illegittima di Edoardo vii Violet nei letti del potere «Quando caddi nell'ufficio di Mussolini» EPARIGI SCE, a trent'anni esatti dalla morte, l'autobiografia inedita di Violet Trefusis, La cosmopolissonne. Così scherzosamente amava definirsi - neologismo per «sporcacciona cosmopolita» - la nobildonna inglese nata Keppel, in realtà probabile figlia illegittima del re Edoardo VII. Trascorse infatti la maggior parte della vita tra Parigi, Firenze e un gran numero di avventure per il mondo. Trovava l'Inghilterra noiosa, colei che negli Anni Venti fu autrice di un famoso scandalo per la storia d'amore omosessuale con Vita Sackville-West, la scrittrice a sua volta poi legata da intensa relazione a Virginia Woolf. Instants de Mémoire (edizioni Christian de Bartillat) è la versione che Violet Trefusis scrisse per la Francia, dirottamente in francese, delle proprie memorie. Non la traduzione dell'autobiografia inglese Don't Look Round. pubblicata nel '52, ma un altro libro, memorie diverse. Ignorava, la Trefusis, che Vita Sackville-West aveva raccontato la loro storia in uno scritto, tenuto poi nascosto; e ignorava che il figlio di Vita, Nigel Nicholson, aveva trovato quello scritto e aveva intenzione di pubblicarlo, una volta morta lei (lo fece nel 1973, un anno dopo la scomparsa di Violet, con il titolo Portrait ofMarriageì. Volle così dare alla Francia, suo Paese di elezione, una versione ad hoc dei fatti. Un misto oculato e spiritoso di mezze verità e intere omissioni, un arrangiamento a posteriori non privo di fine malìzia. Solo oggi, estinta l'opposizione degli eredi, le memorie francesi di Violet Trefusis vedono la luce. Per la gioia dei tanti che furono suoi ammiratori, sedotti senza restare compromessi: tra gli altri, il Presidente della Repubblica Francois Mitterrand. La Cosmopolissonne, provò sempre molta attrazione per i governanti se bisogna credere ai vari «letti politici» in cui racconta di essere riuscita a entrare: da quello di Paul Reynaud a quello del figlio del reggente ungherese Horthy. Forse per via del padre supposto - mai Violet ebbe la certezza di essere figlia del re, ma tutto glielo lasciava intuire o forse anche, è quanto traspare dalle memorie, per senso di sfida e ripicca nei confronti della madre. Stravagante, donna di grande bellezza, discendente da un noto ramo dell'aristocrazia scozzese (gli Edmonstone), Alice Keppel divenne amante di Edoardo VII quando era ancora Principe di Galles. Violet nacque nel 1894, il re fu per lei una presenza costante e familiare («Kingy») tanto quanto il padre ufficiale - il conte Von Keppel, di origine olandese - fu invece assente, figura vacua. Il fascino, il prestigio che fin da bambina Violet vide esercitati dalla madre, si trasformarono presto per lei in ostacoli alla tranquillità. «Manchi di charme», era il rimprovero che Alice rivolgeva alla figlia. Il primo insormontabile capriccio di Violet fu di voler trascorrere l'adolescenza a Parigi, lontana dalla madre, affidata alle cure di una «Moiselle» («Gnorina») indulgente e fantasiosa. Proprio a Parigi Violet e Vita, che si erano conosciute qualche tempo prima in Inghilterra, divennero amiche inseparabili. Vita aveva 13 anni, tre più di Violet, e un'aristocratica madre - lady Sackville - non meno «ingombrante» di Alice. Tra giochi da ragazzine e tazze di cioccolata alla cannella, nacque quel sentimento che indusse più tardi le due donne - tra il 1918 e il 1921, quando ormai erano sposate entrambe - a fughe continue, ogni volta più passionali. Vita si vestiva da uomo, e come Julian assecondava i folli pro- getti di Violet in giro per l'Europa. «Ci amavamo così tanto da diventarne mute, contente solo di cercare negli occhi dell'altra quel segreto che non era più un segreto». Il 30 giugno 1918, Violet aveva scritto a Vita: «Sono riuscita ad avvolgere di veli il mio modo di essere con la gente. Ma per te, non ci sono veli». Si firmava Lushka, e indirizzava le sue focose lettere a Mitya, diminutivo di Dirnitri.-'la parte maschile di Vita. Violet aveva ceduto al matrimonio con lord Denys Trefusis solo per far contenta la madre, che non sopportava le voci di scandalo. E un po' anche per rendere la pariglia a Vita, che aveva sposato Harold Nicholson quasi a sua insaputa. Ma Violet scrive che con il futuro marito, consenziente, aveva pattuito nozze bianche. Lord Denys pare trovasse soddisfazioni altrove, ma una notte - a Lincoln - ebbe ragione delle resistenze della moglie. Fu con tale vittoria in pugno, così racconta Violet, che egli ordì - complici Harold Nicholson e le due terribili madri, Alice e lady Sackville - il complotto per separarla da Vita. La scena madre avvenne all'Hotel du Rhin di Amiens dove Violet e Vita stavano consumando un'ennesima fu- ga. Accorsi in aereo biposto, Denys e Harold costrinsero Violet a confessare la trasgressione al patto. Lei lo fece solo a metà, giurando a Vita di non essersi data completamente, «benché le cose avessero preso in parte quella direzione». Tra reciproche minacce di suicidio, ulteriori brevi incontri e tattiche di allontanamento messe a punto dai familiari, la relazione cessò. Le due donne si incontrarono per caso vent'anni dopo, ma Vita prese le distanze: «Non dobbiamo giocare con il fuoco». Violet scrive che prezzo della rottura era stato «fare il proprio cuore in tanti piccoli pezzi e distribuirli a destra e a manca». Per consolarsi, si consacrò alle amicizie «artistiche» parigine e a una modesta carriera come scrittrice: «Il confortevole dilettantismo al posto dell'avventura». La liaison con la principessa di Polignac (figlia di Isaac Merrit Singer, l'inventore della macchina da cucire) fu solo «un passatempo», che iord Denys - conscio di ciò - le concesse senza fatica. Ma, frequentando il salotto della principessa, Violet ebbe occasione di conoscere tutto il bel mondo culturale della Parigi di quegli anni. La parte più vivace delle memorie sono le evocazioni di tanti illustri personaggi. Paul Valéry, che «masticava epigrammi attraverso i baffi ingialliti dal tabacco». Anna de Noailles, che «moriva di giorno per meglio brillare di notte». Colette, che «in società si comportava come un giardiniere brontolone disturbato mentre lavora». Torna a più riprese, Colette, da cui Violet si sentiva suo malgrado attratta. «Sensuale e insieme sfuggente, era per certi aspetti più vicina agli animali che agli uomini». Altrettanto sensuale - e conquistato fu Francis Poulenc, «il più tipicamente francese dei Sei» (il gruppo di Eric Satie, Darius Milhaud, Georges Auric, Germaine Taillefer e Henri Sauguet). Poulenc «era così sensuale, in tante forme così diverse e diffuse, che sarebbe stato impossibile - scrive Violet - tranciare d'un sol colpo tutti i suoi tentacoli alla ricerca del piacere». Mitica, apogeo degli anni folli, è la festa in maschera che Violet Trefusis diede sulla Torre Eiffel. Serge Lifar, celebre stella dei Ballets Russes, vi commise una gaffe passata alla storia: chiedendo a una non più giovane signora prodigiosamente popputa, dove avesse trovato «quel geniale velo posticcio». L'amicizia con Jean Cocteau fu una delle più durature. Superò inalterata gli anni di guerra, che Violet andò a trascorrere in patria. «Con che riconoscenza, lo ritrovai», scrive. Perché era rimasto tale e quale, «altrettanto fragile e altrettanto resistente. Molto simile a un insetto: alato e dotato di pungiglione; come una tarma, attirata dalle fiamme; e come una termite, capace di devastazioni segrete e funeste. Applicato come una formica, lungo e spigoloso di faccia come una mantide». Ci sono poi gli incontri straordinari, sulla cui completa attendibilità la biografa di Violet Cécile Wajsbrot - avanza prudenti dubbi. Primo tra tutti quello con Marcel Proust, a un pranzo dato da Walter Berry. In un primo momento «fu una delusione». Proust, che sarebbe morto l'anno successivo, «emergeva dai suoi scialli solo per lamentarsi della sua salute». Ma poi le parlò di Saint-Loup-deNaud, un villaggio a settanta chilometri da Parigi che egli amava tanto da aver chiamato così il suo personaggio preferito, Robert de Saint-Loup. Passato del tempo, in onore di Proust, Violet vi acquistò un palazzo in forma di torre che divenne la sua residenza privilegiata, anche più cara dell'Ombrellino (tenuta dei Keppel sull'Arno). Trovandosi a Roma di ritorno da un viaggio in Russia intrapreso nel '38, Violet racconta poi che fu convocata a Palazzo Venezia. E che nell'ufficio del Duce, scivoloso come una patinoire, cadde lunga e distesa. Mussolini l'aiutò a rimettere in borsetta tutto ciò che n'era uscito, e le parlò della Francia. Le chiese perché amasse quel Paese, le disse: «Tra sei mesi, la Francia prenderà la china della Russia». Violet si permise di contraddirlo, e si fece mostrare il celebre balcone. Proprio quella sera cenò allo stesso tavolo di Ciano, che le dispiacque enormemente. A molti anni di distanza dall'ultima volta che l'aveva incontrata, Vita Sackville-West definì Violet «una mitomane, persona pericolosissima». Però anche una «donna fantastica, piena di spirito». «Una per cui vale la pena...». Gabriella Bosco Scrisse l'amica di Virginia Woolf: «Una per cui vale Fa pena...» «sporcacciona cosmopolita»,. In alto a destra: . ••Mu&pJ'pj* ScrivejViolet «Mi chiese; perché amai la Francia?» Qui sopra: Colette «sensuale e sfuggente». A sinistra: la Woolf Accanto Violet con la madre,, Alice Keppel, nobildonna che la accusava: «Manchi di charme» Violet si trasferì a Parigi adolescente. Qui conobbe Vita Sackville-West e ne divenne amante