FALKLAND la guerra segreta

FALKLAND la guerra segreta Nelle isole dell'Atlantico dove argentini e inglesi si affrontarono dieci anni fa: 75 giorni, 2000 morti FALKLAND la guerra segreta jl RIO GALLEGOS I N linea d'aria, questo è il 1 punto più vicino alle IsoI le Malvine. Per arrivarci, —Mi basterebbe percorrere 400 miglia puntando ad Est. Ma gli argentini ci sono andati una volta sola in 150 anni. Avvenne dieci anni fa, quando la giunta militare decise di riprendersi con la forza dagli usurpatori inglesi, quelle isole mitiche, fredde, disabitate di cui tutti avevano sentito parlare fin dalla culla: «Las Malvinas son argentinas». Scatenarono un piccolo conflitto mondiale, ma dopo 74 giorni dovettero ammainare la bandiera ed assistere alla risalita sul pennone dell'Union Jack. Le Malvine erano ritornate Falkland. Rio Gallegos, capitale della provincia di Santa Cruz, ha sì e no 20 mila abitanti, case al massimo di due piani, molte di lamiera, un vento che soffia tutto l'anno e le maree più alte del pianeta. Davanti ha l'Oceano Atlantico; dietro, la steppa della Patagonia e 2500 chilometri più a Nord, lontana come lo zar per un siberiano, la capitale Buenos Aires. La provincia di Santa Cruz è grande come l'Italia senza le isole, ma è praticamente deserta: 150 mila abitanti in tutto. Attività economica, la lana delle pecore. Sterminati latifondi in genere posseduti da inglesi. Parla Daniel, pilota di piccoli aeroplani. «Cosa mi ricordo della guerra delle Malvine? Fu un delirio. Dal nostro aeroporto partivano i Super Etendard. La gente faceva le collette per i soldati. C'era una grande eccitazione. Ah sì, una cosa interessante. Al British Club, quando gli inglesi decisero di mandarci contro la flotta, tolsero il quadro della regina da sopra il caminetto. Per protesta, perché anche loro si sentivano argentini, capisce?». Non l'hanno rimesso. Il British Club di Rio Gallegos apre il suo salone foderato in legno per chiunque vuole mangiare; ma chiude con una tenda il bar, riservato ai soli soci o ai loro ospiti. Lì c'è un caminetto, e sopra il caminetto un quadro con scena di caccia alla volpe. Il quadro della regina non c'è. L'ultimo fatto importante successo al British Club risale a settantanni fa, marzo 1922. Il tenente colonnello Varela, vincitore sopra un lungo sciopero di peones cileni organizzati da un pugno di agitatori anarchici, concluse la partita uccidendo centinaia di scioperanti e venne osannato al British Club dai proprietari terrieri inglesi, che per lui cantarono: «For he is a jolly good fellow». Un cranio di scioperante con un foro di pallottola nella tempia destra è esposto in una bacheca del minuscolo museo cittadino, vicino alla bicicletta di una signorina, Charlotte Fairchild, esploratrice inglese che fu cinquant'anni fa la prima a pedalare per la Patagonia. Come andò, dunque, la guerra? Semplice. Governavano i militari e Presidente era il generale Leopoldo Galtieri. Per Buenos Aires circolavano i Ford Falcon neri con la targa coperta, che andavano in cerca di studenti ribelli, li caricavano e li portavano nei commissariati di polizia per torturarli. Un gruppo di loro ma¬ dri aveva preso l'abitudine di riunirsi in piazza di Maggio per chiedere notizie dei figli. Il sindacato aveva appena convocato una grande manifestazione contro i militari. E questi risposero, il 1° aprile di dieci anni fa, occupando le Malvine, abitate in tutto da 2 mila coloni inglesi, i kelpers, con le loro pecore, il freddo, e il gelo e la lontananza da tutto il pianeta. Una grande azione di propaganda, nient'altro, destinata ad infiammare il patriottismo argentino. Una madre della piazza di Maggio venne fotografata con un piccolo cartello: «Las Malvinas son argentinas. Los desaparecidos tambien». Ma in quei giorni c'era aria di vittoria. Il ministro degli Esteri Costa Mendez, che aveva studiato ad Oxford, disse alla televisione: «Conosco bene gli inglesi e la loro psicologia. Non verranno mai a riprendersi queste isole». Si sbagliava. Anche Margaret Thatener aveva i suoi problemi e nonostante i sondaggi dei giornali scoprissero che la stragrande maggioranza degli inglesi confondevano le Falkland con le Shetland, a Nord della Scozia, decise che l'affronto andava lavato. Organizzò una flotta di cento navi da guerra che attraversò 8 mila miglia dell'Oceano Atlantico per riprendersi quell'ultimo ridotto di impero dimenticato. Adesso) dopo dieci anni, ha annunciato una visita ai kelpers, la vecchia signora di ferro. E' fuori dalla politica, ma ci tiene. Fu il suo grande momento. Ad accoglierla troverà i 2 mila discendenti dei contadini gallesi e 3 mila soldati inglesi, che stazionano da dieci anni in quelle isole. Hanno anche costruito un aeroporto internazionale, in caso gh argentini volessero riprovarci. Fu un antipasto della guerra del Golfo, la guerra delle Malvine. Vaga la legittimità internazionale, inesistente la dichiarazione di guerra, discutibilissimo il ruolo dell'Orni. Fu la prima spedizione militare che impose la censura alla stampa. I grandi mediatori, dal segretario di Stato Usa Alexander Haig a Giovanni Paolo II (che fece la spola tra Londra e Buenos Aires), fallirono nella loro impresa. Londra diede la dimostrazione di come si possa in breve tempo, in un Paese moderno, mobilitare un'opinione pubblica. Nel giro di due settimane, il consenso alla linea dura Thatcher sfiorò il cento per cento. I giornali popolari inglesi titolavano: «Kill the Argies!». La guerra si concluse il 14 giugno con la resa argentina. Poco dopo andava in pezzi la dittatura, ed i conservatori stravincevano le elezioni in Inghilterra. A Rio Gallegos, come in ogni centro abitato argentino, ci sono vie intitolate alle «Islas Malvinas», ma non ci sono monumenti ai caduti. Nessuno dei locali combatté. Di tutta la forza che Galtieri schierò, l'80 per cento erano coscritti e venivano dalle province del Nord, Missiones, Corrientes, Santa Fe. Furono catapultati alle Malvine con equipaggiamento da guerra nel deserto: scarpette, camiciole, persino zanzariere. La maggior parte delle 2 mila vittime morì di freddo. Molte centinaia ebbero gli arti amputati per il gelo. Qualcuno lo si può vedere ancora per le strade di Buenos Aires che chiede l'elemosina con il baschetto militare. Uno, senza le due gambe, canta in calle Florida una bellissima canzone antimilitarista. Altri fanno parte di un partito di estrema destra, guidato dal colonnello Rico, in nome della patria e della dignità. Gli inglesi arrivarono con tute termoriscaldate, con un reparto dei terribili Gurka, una pittrice a seguito della Royal Navy, strumenti a raggi infrarossi per i combattimenti notturni. I satelliti americani li informavano dei movimenti argentini, fatto che gli argentini ancora oggi considerano un grande tradimento, perché in fin dei conti, dicono, Galtieri aveva avvisato Reagan di quanto sarebbe successo e lui gli aveva dato via libera. Nei 74 giorni di guerra, sia la giunta militare argentina che il Foreign Office emisero comunicati giornalieri. Molti oggi sono riconosciuti essere falsi, dalle due parti. Per esempio, l'affondamento dell'incrociatore argentino General Belgrano (386 morti) avvenne molto al di fuori della zona di guerra. Gli argentini annunciarono l'affondamento degli incrociatori inglesi «Invincible» ed «Hermes» e non era vero. Annunciarono l'abbattimento di 26 aerei Harrier britannici, mentre erano solo nove. Negarono pervicacemente che la guerra di terra si stava perdendo. Prima dell'attacco su terra, sperarono nella soluzione del conflitto attraverso i missili Exocet, prodotti dai francesi. Un bel numero di trafficanti intemazionali promisero agli argentini forniture che non arrivarono mai. Della più sanguinosa battaglia di terra, per il controllo di Goose Green, nessuna delle parti ha mai dato versioni esaustive. Gli inglesi, attaccanti, denunciarono 12 morti. Per gli argentini, che difendevano, circolò ufficiosamente la cifra di 250. Una sproporzione, per le leggi militari. Solo dopo anni, da parte inglese si ammise che a Goose Green ci fu un «overkilling», ovvero che vennero commessi «eccessi». Storia di maschi e di mancato fair play, Goose Green. Pare che gli argentini avessero alzato una bandiera bianca e poi invece avessero, proditoriamente, aperto il fuoco. Gli inglesi reagirono premendo il grilletto anche quando questi si erano già arresi. Ancora oggi non esistono cifre ufficiali sui morti, sui feriti, sugli assiderati. Il cimitero dei caduti argentini alle Malvine, i parenti delle vittime lo possono visitare solo con enormi difficoltà. Tra pochi giorni si ricorderà il decennale di questa guerra. Le ultime notizie da Rio Gallegos dicono che George Carey, arcivescovo di Canterbury, si è recato in visita pastorale alle Isole Falkland, invocando l'oblio ed il perdono. Durante il giro in Europa del presidente argentino Menem, il ministro degli Esteri Guido di Telia si è incontrato ad Oxford (nella cui università è stato prima studente e poi docente) con il suo collega britannico Douglas Hurd. Gli inglesi, che da un anno hanno ristabilito piene relazioni diplomatiche con l'Argentina, hanno ripetuto la posizione di sempre. Possiamo trattare di tutto, ma non della sovranità delle Falkland. Le isole restano laggiù, sul fondo del pianeta. Dieci anni fa circolò una storia, di un uomo che vi si era stabilito perché, in base ai suoi calcoli, quello sarebbe stato l'unico lembo di terra non toccato da un conflitto nucleare. Ed un bel giorno si vide arrivare addosso la guerra. Chissà se ci vive ancora, chissà se era vera, la storia. A Rio Gallegos, della guerra non c'è nessun altro ricordo. El Patagonico, quotidiano locale che contende il primato a El Sureno, continua però, come d'abitudine, a indicare le temperature delle varie province nazionali, mettendo al primo posto «Islas Malvinas», dove fa sempre freddo. Erano veramente importanti? Davvero lì sotto c'erano immensi giacimenti di petrolio, la vera ragione della guerra? A prendere sul serio il mito è stata la nordamericana Occidental Petroleum, che ha avviato un programma di trivellazione con una spesa di 25 milioni di dollari. Hanno portato tre piattaforme, cento superspecialisti e la loro conclusione, pubblicata con malizia sui giornali, è stata: «Fracaso total». Non una goccia. Alle Malvine non c'è mai stato niente, oltre alle foche, 2 milioni di pinguini e 27 specie di uccelli marini. «Se il Kuwait avesse prodotto solo broccoli», Bush non avrebbe fatto la guerra, dicevano i suoi oppositori un anno fa. «E Saddam non l'avrebbe invaso», rispondevano i realisti. Le Malvine, laggiù nel freddo in mezzo al niente, non producono né broccoli, né petrolio. Ci sono un po' di pecore, la cui lana sui mercati vale sempre meno. Eppure si fece una guerra, cadde una dittatura, menestrelli cantarono. Ed il mio amico Daniel, pilota, ricorda che José Vasquez, detto Pepe, volò sul suo Mirage al pelo delle onde venendo dal Sud, sfuggì ai radar, e fu abbattuto. Ma quasi quasi ce la faceva a sganciare la bomba. «Aveva solo 29 anni, ma per noi era un leader». Il buon vecchio Pepe. Enrico Deaglio / coscritti di Buenos Aires avevano le uniformi estive: per la maggior parte furono uccisi dal freddo Il principe Andrea combatté alle Falkland. In alto, marinai argentini rendono onore ai caduti. A sinistra gli elmi abbandonati sulla spiaggia dopo la resa. Sotto, soldati inglesi