«Così ho giustiziato (Incubo Eichmann»

«Così ho giustiziato (Incubo Eichmann» Dopo 30 anni esce dall'anonimato l'uomo che impiccò il gerarca «Così ho giustiziato (Incubo Eichmann» TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Per trent'anni Shalom Nagar, un secondino del servizio carcerario israeliano, ha custodito gelosamente il suo segreto. Ieri, per la prima volta, è venuto allo scoperto e in una lunga intervista alla radio militare ha rivelato di essere stato lui a impiccare il gerarca nazista Adolf Eichmann e a bruciarne il cadavere. «La mia prudenza - ha spiegato era dovuta al timore di essere vittima di una vendetta da parte di qualche nostalgico nazista. Ma di quell'impiccagione - rimasta finora unica nella storia d'Israele - non mi sono mai pentito». Quando alla fine del 1961, Nagar fu introdotto per la prima volta nella cella di Eichmann, aveva solo una conoscenza approssimativa dei capi di accusa di cui questi doveva rispondere. Nato nello Yemen e cresciuto nell'allora recentissimo Stato d'Israele, Nagar non aveva ancora approfondito le sue conoscenze dello sterminio in massa degli ebrei d'Europa di cui «quel signore così distinto» era ritenuto uno dei principali organizzatori. «Mi colpirono subito la sua pedanteria tedesca e la sua ossessione per l'igiene», ha ricordato ieri Nagar. Per circa cinque mesi, i due spartirono la stessa cella. Compito del secondino era di impedire che Eichmann tentasse un suicidio che avrebbe notevolmente imbarazzato lo Stato ebraico e innanzitutto il premier David Ben Gurion. Questi era infatti deciso a trasformare il processo in un atto d'accusa generale contro il regime nazista, in nome delle vittime. In quei mesi, nonostante la tensione continua del processo pubblico e i quotidiani confronti in aula con i superstiti dell'Olocausto, Eichmann non abbandonò mai il suo contegno composto. «Perse davvero le staffe una volta sola - ha raccontato Nagar - quando un altro secondino che era sopravvissuto ai Lager lo svegliò nel cuore della notte e gli mostrò il braccio tatuato dai suoi aguzzini. Ne seguì un duro alterco in tedesco, che non compresi. Riuscimmo solo a stento a calmare Eichmann». Nemmeno in quell'occasione, tuttavia, il gerarca nazista mostrò di avere il minimo rimorso per il suo operato: «Ci diede sempre l'impressione di essere un soldato perfettamente convinto dell'assoluta necessità di eseguire gli ordini ricevuti». Questo atteggiamento non mutò nemmeno in seguito alla conferma della sua condanna a morte: il suo guardiano notò solo un leggero fremito alle mani mentre scriveva, e una certa impazienza. Paradossalmente, con l'avvicinarsi dell'esecuzione della sentenza, fu proprio Nagar a sentirsi prendere progressivamente dal panico. «Mi tornavano alla mente - ha detto - le immagini dei bambini ebrei brutalizzati dai nazisti e mi tremavano le mani». Ma Eichmann non oppose resistenza. Il suo corpo rimase appeso al cappio per quasi tre ore. Quando poi Nagar entrò nella stanza per deporlo, lo spettacolo fu terrificante: «Era tutto bianco in volto, sembrava l'angelo della morte». In seguito all'allentamento del cappio, inoltre, dal corpo inerte fuoriuscì all'improvviso accompagnato da un rumore sordo - un liquame rossastro. «Tutti - ha ricordato Nagar - in¬ dietreggiammo terrorizzati. Sembrava quasi che volesse divorarci». Deposto il cadavere su una barella, l'ultimo viaggio di Eichmann fu - forse non a caso - del tutto simile a quello delle sue vittime: un carrello montato su una rotaia lo condusse all'interno di un forno. In seguito a quella notte Nagar non chiuse occhio per dodici mesi, essendo afflitto da incubi ricorrenti. Oggi, dopo aver condotto studi biblici ed essersi trasferito in uh insediamento dei Territori occupati, avanza una spiegazione: «Credo che Eichmann fosse accompagnato da "malachei habalà", ossia entità maligne, tutte molto dispiaciute di vedere che questo genio del male era scomparso dalla faccia della temf».u; Filippo Donati «Restò appeso 3 ore, era bianco, sembrava l'angelo della morte» gerarca nazista Adolf Eichmann durante il processo In Israele che lo condannò a morte. Nella foto piccola bambini ebrei in un lager nazista

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