Hesse? Per i critici un provinciale infantile

Hesse? Per i critici un provinciale infantile Pioggia d'accuse sull'autore di «Siddharta» nel convegno milanese a 30 anni dalla morte Hesse? Per i critici un provinciale infantile Gelo in platea, giovani e anziani in lui vedono sempre un idolo PMILANO OVERO Hermann Hesse. Con tante belle maniere, con tante parole nobili e I delicate, qualche illustre critico ieri ha mezzo distrutto lo scrittore premio Nobel nel '46, l'autore di Siddharta, ^evergreen» che non cessa di sedurre le giovani generazioni: ancora si vende da noi, ogni anno, a decine di migliaia di copie. E' la parabola del giovane uomo che abbandona ricchezza e famiglia per cercare la saggezza tra le foreste e i grandi fiumi, i santuari e le cortigiane dell'India: «Un gioiellino», lo definì il suo traduttore Massimo Mila. Se ne innamorò persino Henry Miller, che lo fece pubblicare negli Stati Uniti nel '51 : ebbe una diffusione enorme, lo proteggevano nello zaino gli «hippies» e i «beats on the road». Lo legge anche Snoopy, in una striscia del '71. Ha menato fendenti per esempio il professor Gert Mattenklott. E' venuto da Marburgo per dire in sostanza: siamo seri, Hesse va bene per i ragazzi, per chi è in cerca di se stesso, per gli adolescenti che devono liberarsi dalle oppressioni della famiglia, dalle tirannie delle religioni ridotte a forme rigidissime; come scrittore è meglio non esagerare: vuoi mettere il suo contempora¬ neo Thomas Mann? Sconcerto nel pubblico foltissimo di Palazzo Visconti, dove si celebravano i 30 anni dalla morte di Hesse in un convegno voluto dalla Fondazione Mondadori. Studenti col registratore in pugno erano gratificati sì, ma anche sorpresi, assaliti dal dubbio: se questo tedesco ci dice che Hesse va bene solo per noi, vuol dire che dopo non vale più la pena? Soavi si¬ gnore dai capelli bianchi arrossivano e incassavano. Il successo di Hesse inquieta la critica. Il germanista Giorgio Cusatelli è olimpico: «Il critico non ama lo scrittore di massa. Sente odor di kitsch. Nel caso di Hesse il pericolo è reale. Il suo successo è scandaloso. Lo si può accusare di facile esotismo, di sentimentalismo romantico, di Oriente di cartapesta. Per me è comunque lo scrittore più elevato fra quelli cui è toccato un successo di massa». Sia più preciso, professore. «La dico tutta: Hesse è uno scrittore profondamente provinciale, che esprime una Germania meridionale tagliata fuori dalla modernità. Con tutti i pregi e i difetti del provinciale: ha una grande carica creativa, ma è anche chiuso». C'è altro? «C'è che è un predicatore, è degno figlio e nipote di predicatori, di pietisti. Ha un tono suasorio. E' quel che apprezza la gente. Insomma, Hesse è un reazionario, uno che volta le spalle al contemporaneo mondo occidentale, un insoddisfatto che dice no alla macchina, all'industria, alla questione sociale». Cusatelli distingue i tre lettori di Hesse. Il primo lettore, dagli Anni 30 alla fine della guerra, era semplicemente curioso. Il secondo lettore, dal '45 al '70, era un appassionato: «Siddharta non è più un libro: diventa un'immagine sacra, un oggetto di culto». Il terzo lettore, quello odierno, è più disincantato: «Un anno fa ho dedicato un corso a Hesse all'Università di Pavia e i miei studenti mi han detto: Siddharta lo archiviamo perché l'abbiam letto a 17 anni. E si sono buttati sullo Hesse autobiografico di Sotto la ruota: oggi preferiscono non i suoi libri religiosi e mistici, ma i libri sociolo¬ gici e storici, autobiografici, dove parla del collegio che lo spinse a tentare il suicidio, della famiglia oppressiva e così via». Lo spirito del pubblico, a Palazzo Visconti, si è rianimato alle pai ole di Mario Trevi, psicoanalista junghiano: «Un intellettuale si vergogna a parlare di Hesse - ha esordito -. Perché Hesse non può stare all'ombra della Trimurti venerata dai nostri intellettuali: Freud, Marx, Heidegger». Eppure per Trevi i meriti di Hesse non sono pochi: egli si sottopose a terapia analitica con il dottor Lang, allievo di Jung, nel 1916-17, e da allora la sua opera reca tracce evidenti di quell'esperienza, fin dal popolare romanzo Demian. «Hesse rende leggibile il pensiero, spesso oscuro, di Jung. I giovani tentano di leggerlo, Jung, ma ne sono spesso respinti dalle difficoltà». Anche Eva Banchelli è stata gratificante per il pubblico: i romanzi di Hesse hanno forme più complesse di quel che appaiono a prima vista, imitano la complessità dei contenuti, aspirano a racchiudere una «biblioteca universale». E questo della biblioteca universale, del sogno di radunare religioni e saperi sotto un unico cielo e pugno di parole, è stato il tema elegante di Giuseppe Pontiggia. Mentre Alfonso Di Nola ha chiarito il significato dell'Oriente per Hesse, un Oriente riscattato da ingombranti riferimenti geografici: «L'Oriente è religione, l'Occidente è ragione e tecnica». Hesse era cristiano? «Prima respinge questa radice, poi la recupera su un piano tolstoiano, che ne consente la coesistenza con le religioni orientali, dal buddismo al taoismo e al confucianesimo». Claudio Alta rocca Hermann Hesse. I suoi libri si vendono ogni anno a decine di migliaia di copie. Ma ai critici non piace

Luoghi citati: Germania, India, Stati Uniti, Trevi