Il gioco delle differenze di Gianni Vattimo
Il gioco delle differenze Il gioco delle differenze Divertirsi è più importante che fare carriera Il conflitto sociale non è mai eliminabile «ri ELLA «agenda liberale» « che conclude una delle ■ sue opere più recenti (72 1 conflitto sociale nella ± 11 modernità, del 1987), Ralf Dahrendorf scrive tra l'altro frasi come questa: «Il punto è che divertirsi è più importante che fare carriera». Non è una battuta, anzi si potrebbe persino provare a dimostrare che è la sintesi di tutto il libro. Il fatto è che, in un momento di grave eclisse dell'idea dello Stato assistenziale e in genere degli ideali del solidarismo socialista, socialdemocratico o cristiano, una difesa (almeno entro certi limiti) della loro non tramontata attualità viene proprio, oggi, da questo sociologo liberale noto come sostenitore di una visione «conflittuale» della società. E' vero infatti che i sistemi socialisti o comunque statalisti che hanno posto l'accento esclusivo sui diritti hanno spesso creato meccanismi economici oppressivi e soprattutto incapaci di produrre. Ma, pur ammettendo che una politica liberale deve badare a entrambi gli obiettivi - i diritti e l'efficacia produttiva -, il cenno finale al divertirsi sembra mostrare che in ultima analisi Dahrendorf pensa che sia la disponibilità (e dunque la produttività) di beni a dover servire a un intenso godimento soggettivo della libertà, e non viceversa. Del resto, la teoria del conflitto sociale che Dahrendorf ha sviluppato nelle sue opere più impegnative ha anch'essa una forte connotazione «soggettiva». Ogni società minimamente organizzata comporta la distinzione fra chi comanda e chi ubbidisce, e questa distinzione, prima di ogni disparità di ricchezza, è la fonte di tutti gli specifici conflitti di interessi. Il conflitto so¬ ciale, dunque, non è mai eliminabile del tutto: i sistemi politici che pretendono di eliminare i conflitti riescono soltanto a nasconderli, a prezzo di strutture statali totalitarie che ostacolano lo sviluppo (l'Urss insegna) e che, comunque, preparano solo scoppi di violenza e di instabilità future. In fondo, è proprio la constatazione, a livello di sociologia scientifica, della inefficacia dei sistemi che teoricamente ignorano il conflitto e praticamente pretendono di eliminarlo ciò che fonda per Dahrendorf la sua concezione liberale: quella di una società che regola i conflitti attraverso meccanismi istituzionali di mediazione, i quali in linea di principio rispettano le buone ragioni di tutte le parti in gioco. I diritti di cittadinanza - che includono anche, basilarmente, il diritto a un minimo di condizioni materiali di sopravvivenza (Dahrendorf pensa a un «reddito base garantito per tutti») - sono, alla fine, quelli che assicurano a tutti la possibilità di far valere le proprie «ragioni» (e interessi, aspirazioni, desideri) in questo gioco conflittuale. E' questo «gioco», in ultima analisi, il «divertimento» che vale più della carriera, o il bene sociale a cui è subordinata anche la produttività del sistema. E' probabile che il fascino di Dahrendorf consista anche nel fatto che, con gli strumenti della sociologia scientifica, egli arriva a una concezione che (in una non cercata sintonia con posizioni come quelle di Habermas o dell'ermeneutica) vede la società come lo scenario di un gioco di interpretazioni, giacché anche con questo nome si possono chiamare le molteplici mediazioni istituzionali destinate a regolare i conflitti. In questo gioco, differenze e pluralità sono intese non come momenti di una dialettica destinata alla conciliazione e alla sintesi, ma sono impegnate a confrontarsi e rispettarsi nella loro irriducibilità. Questo impegno, alla fine, non può essere dettato solo dalla constatazione che la regolazione istituzionale dei conflitti è il modo «più efficace» di trattarli: giacché si potrebbe sempre ancora domandare perché mai bisogni regolare i conflitti piuttosto che lasciarli esplodere in forme violente. Qui il discorso non può essere più solo sociologico, ma diventa etico. Ed è su questo delicato terreno che sia le filosofie dell'interpretazione, sia il liberalismo di Dahrendorf dovranno sempre più esplicitamente misurarsi. Gianni Vattimo
Persone citate: Dahrendorf, Habermas, Ralf Dahrendorf
Luoghi citati: Urss
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