Tyson col fiato sospeso

Tyson col fiato sospeso Il campione aspetta in cella il verdetto sulla libertà provvisoria Tyson col fiato sospeso // suo avvocato ha offerto Una cauzione record da un milione di dollari La Gotìte di Indianapolis ha chiesto nuovi documenti prima di decidere NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Mike Tyson non sa ancora se il suo futuro, in attesa del processo d'Appello, che si celebrerà tra un anno, sarà la cella di un carcere. La Corte di Indianapolis, ai quali i legali del campione di pugilato si sono rivolti per ottenere la libertà provvisoria su cauzione, ha chiesto l'acquisizione di alcuni documenti sul processo prima di prendere una decisione. Tutto rinviato dunque. «Se dovesse passare un anno in prigione e poi venire assolto nel processo di appello sarebbe una vera tragedia», ha detto l'avvocato Alan Dershowitz, appena assunto da Tyson nella speranza che si riveli più abile di Vincet Fuller, quello che lo ha assistito nel processo conclusosi con la condanna a sei anni. Fuller è costato a Tyson l'equivalente di sette miliardi di lire, Dershowitz per ora ne ha voluto solo uno e si è subito messo all'opera per meritarselo. Le motivazioni fornite l'altro ieri dal giudice Patricia Gifford per negare la libertà provvisoria a Tyson sono state due: che potrebbe fuggire all'estero e che potrebbe violentare qualche altra donna. Sorvolando su questo secondo aspetto, Dershowitz ha definito «ridicola» la possibilità che Tyson possa fuggire. «Ha una delle facce più riconoscibili del mondo», ha detto con enfasi. Ma fino a ieri sera tardi non si sapeva come la Corte d'Appello avrebbe risposto alla sua istanza di libertà su cauzione, presentata con tanto di somma offerta: un milione di dollari. Nell'attesa, Mike Tyson ha vissuto la sua prima giornata da detenuto. Il suo numero è 922335 e attualmente si trova a Plaifield, poco fuori Indianapolis, in una specie di centro di smistamento dove si stabilisce la destinazione finale dei vari detenuti. Le celle, lì, sono destinate ognuna a due detenuti, ma a lui ne è stata data una «singola». Non per la sua celebrità, hanno spiegato i responsabili, ma perché così è capitato, vale a dire il numero attuale dei detenuti è dispari. Quando vi è arrivato, Tyson era ancora sorridente. Alla regolamentare perquisizione ha reagito ribellandosi scherzosamente perché soffriva il solletico, quando gli hanno preso le impronte digitali ha distribuito battute ai poliziotti e poi ha alzato le braccia davanti a fotografi per mostra¬ re le manette ai polsi. Ieri la sua condanna, e soprattutto la mancata concessione della libertà provvisoria, era l'argomento del giorno, negli Usa. Incurante della campagna elettorale e di quanto Jerry Brown possa davvero impensierire il democratico Bill Clinton, il pubblico americano ha discusso a lungo della parabola di quest'uomo, cominciata nella violenza delle strade di Brooklyn, proseguita in continue visite ai riformatori giovanili, esplosa con il successo e la ricchezza e poi ripiombata nella prigione di Plainfield. C'è chi parla di sentenza «chiaramente razzista», continuando a paragonarlo a William Kennedy Smith, salvo grazie alla sua pelle bianca e al suo nome, e chi si mostra sgomento per il fatto che durante il processo non abbia mostrato il minimo pentimento per la violenza sessuale consumata ai danni della giovane Desirée Washington. Se la libertà provvisoria non gli venisse concessa, Tyson ha comunque la possibilità di ridurre i sei anni di prigione a tre, in base alla norma che ogni giorno trascorso in buona condotta comporta un giorno in meno da scontare. Ma qualcuno dubita. Riuscirà ad avere una buona condotta? Franco Pantarelli li pugile Mike Tyson

Luoghi citati: Indianapolis, New York, Usa