A caccia di voti col Rambo inglese di Paolo Patrono

A caccia di voti col Rambo inglese Ex marine, dongiovanni, batte la periferia promettendo più Europa e più servizi A caccia di voti col Rambo inglese // liberale Ashdown ago della bilancia LONDRA ALLE URNE LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il bus verde a due piani sbuca dalla curva che nasconde il Tamigi e s'addentra nella sterminata periferia della «Great London», fiancheggia il parco di Richmond, s'intrufola nel dedalo di villette con giardino, piccoli condomini, supermercati: il tessuto urbano della «middle-class» delusa dai conservatori ma impaurita dalle incognite laboriste. Richmond, Barnes, a Sud-Ovest della capitale, sono una «riserva di caccia» ideale per i liberal-democratici. Con un salto atletico si proietta fuori del pullman Paddy Ashdown, il «Rambo» della politica inglese. Distribuisce sorrisi e strette di mano a chi gli si fa intorno, intruppato diligentemente dagli attivisti del partito con la coccarda gialla. «Sono contento di essere di nuovo con voi» dice accattivante per spiegare la seconda visita in due settimane in uno dei collegi che il suo partito spera di strappare ai conservatori. Le tv sono già in azione, il leader del partito liberal-democratico ha i minuti contati, entra a passo di carica in una scuola, si fa attorniare dalle ragazze festanti. Ripete instancabile: «Il miglior investimento che possiamo fare per il nostro futuro è rilanciare il sistema scolastico. I conservatori cercano di comprare gli elettori con i tagli fiscali, i laboristi li ingannano. Solo noi abbiamo il coraggio, l'onestà di dire agli inglesi: dobbiamo aumentare le tasse per risanare l'istruzione». Foto, applausi, altri sorrisi e via di corsa verso Barnes. Poi nel pomeriggio, abbandonato il pullman con il simbolo elettorale, una grande coccarda che ricorda «il sole che ride», e la scritta «my vote», il voto del buon senso, Paddy Ashdown volerà con l'aereo affittato dal partito per la campagna elettorale verso il Centro-Nord per altri comizi, altre foto, altri baby-discorsi a tu per tu con la gente incontrata in strada, scovata nei negozi. E così, tutti i giorni, dopo la conferenza stampa mattutina nel quartier generale del partito a due passi da Westminster fissata alle 7,15 per catturare l'attenzione dei «media» prima che venga calamitata dai «big» del partito conservatore e dell'opposizione laborista. Non smentisce la sua fama di uomo d'azione, Paddy Ashdown, in questa campagna all'americana, in puro stile presidenziale. Perché, come dicono i commen- tatori di casa, Ashdown è «un generale senza esercito», rappresenta quasi da solo le speranze della «terza forza» centrista di diventare dopo il voto del 9 aprile l'ago della bilancia in un Parlamento dove né i conservatori né i laboristi potrebbero essere in maggioranza assoluta. Insomma, rompendo una lunga tradizione, il partito liberal-democratico potrebbe essere fra poco la forza indispensabile di puntello per la formazione di un governo di coalizione. Una riedizione della formula «lib-lab» che sul finire degli Anni Settanta, auspice l'allora leader del partito David Steel, sorresse per qualche mese il moribondo governo laborista di Callaghan. Sono ambizioni azzardate? Niente affatto, risponde Alee McGiven, condirettore della campagna elettorale. «Oggi abbiamo solo 22 deputati perché la legge maggioritaria ha mortificato così il 20 per cento abbondante dei voti conquistati nell'87 dall'alleanza fra liberali e socialdemocratici. Ma siamo arrivati secondi dietro i conserva¬ tori in 259 seggi. E con l'aria che tira per il partito di Major contiamo di sottrargliene un bel po'». I conti che fanno in casa i liberal-democratici ipotizzano un guadagno di almeno 10-12 seggi. Ma i sondaggi, che bloccano il partito di Ashdown solo a quota 16-18%, lasciano sospettare invece la possibilità di una misurata erosione del suo sparuto drappello ai Comuni. Comunque andranno le cose, con 15 o con 30 deputati, Ashdown potrebbe essere dopo il 9 aprile l'uomo chiave di qualsiasi combinazione parlamentare. Per questo l'ex capitano dei marines si è gettato con impeto nella battaglia elettorale. E' la personalità più forte, più simpatico del grigio Major, più affidabile del non sperimentato Kinnock. Nemmeno la pubblica confessione di una passata love story extraconiugale, in puro stile di politica-spettacolo all'americana, ha incrinato la simpatia del pubblico. Ashdown ha stilato un «manifesto elettorale» che attira molte simpatie. Tre sono le sue idee base. Anzitutto la necessità di riformare la legge elettorale in senso proporzionale, spezzando il tradizionale duopolio della politica britannica. Poi un moderato aumento della tassazione per rilanciare l'istruzione pubblica. Infine una politica incondizionatamente «europeista», con meno riserve dei conservatori e dei laboristi sull'integrazione politica, monetaria e nella difesa. Antidirigista in economia, libertario sui diritti civili, radicale nelle riforme costituzionali, con un'accentuata attenzione al problema ecologico per sottrarre spazio ai «verdi»: questi sono gh' elementi distintivi del programma di Paddy Ashdown. «E' un programma accademico, astratto - accusa il politologo Hugo Young - che sembra fatto apposta per tenere il labour fuori dalla porta del 10 di Downing Street». Ashdown non se ne cura: ha un sogno, diventare in Inghilterra quello che da anni è il liberale Genscher in Germania, indispensabile spalla per Kohl. Paolo Patrono Il liberaldemocratico Paddy Ashdown

Luoghi citati: Europa, Germania, Inghilterra, Londra, Richmond