L'ombra della Silocchi sui rapitori di De Megni di Pierangelo Sapegno

Vombra della Silocchi sui rapitori di De Megni Perugia, al processo per il sequestro parla il carceriere buono: «Augusto non ha mai avuto paura» Vombra della Silocchi sui rapitori di De Megni In un'agenda trovato il nome del bandito che lasciò morire la donna PERUGIA DAL NOSTRO INVIATO «Era un bambino simpatico, Augusto», dice il bandito buono, e preferirebbe non aggiungere altro, davanti ai giudici che lo ascoltano impassibili, di fronte ai familiari e agli amici che lo guardano appoggiati alle transenne, in fondo all'aula, con diffidente silenzio. Solo un ricordo, sussurrato a bassa voce, con un po' di pudore, come se parlasse di uno di loro: «Era un ometto, non aveva paura». C'è quasi una sorta di solidarietà virile nelle sue parole, come se fosse una specie di complicità paterna, qualcosa di sottile e sotterraneo. Forse non esiste nella storia dei sequestri una vicenda così particolare, così diversa, come questa che i protagonisti raccontano nel tribunale di Perugia. Oggi, il piccolo Augusto De Megni ha preferito non tornare in aula a rivivere le sue prigioni in una grotta scavata nelle colline di Volterra, attraverso le parole del suo carceriere. Antonio Staffa, il bandito buono, porta sempre lo stesso maglione più grande di lui, e guarda tutti alla stessa maniera, come se gli scappasse da ridere. Ha rughe profonde, che sembrano tagliate con l'accetta. Racconta, con voce distaccata, persino burocratica, le crudeltà e le dolcezze incredibili di questa storia violenta, così amaramente italiana. Avevano chiesto 20 miliardi al padre per il riscatto, ma i soldi non arrivavano. «Allora, i capi decisero che bisognava tagliare un orecchio al bambino». Lo diceste al piccolo? Chiede il presidente. E Staffa risponde quasi con una punta d'orgoglio, come se parlasse di un suo figlioccio: «Augusto ha sempre saputo tutto, parlavamo molto insieme». E che reazione ebbe? «Non la prese male, sembrava che per lui fosse quasi uno scherzo, un gioco». E lei? «Quando mi diedero questo ordine io dissi che queste cose non mi piacevano e che se avessero insistito in questa idea me ne sarei andato via. Tornai nel nascondiglio e dissi ad Augusto che lo avrei lasciato se gli altri avessero deciso di at¬ tuare il proposito di tagliargli un orecchiò. E il ragazzo mi pregò di restare con lui, comunque, e mi pregò di restare qualunque cosa gli avessero fatto». Dai venti miliardi per il riscatto, i banditi scesero alla metà, e poi a 8. «Li avremmo caricati sui muli o sui somari», spiega Staffa, per nasconderli in un posto sicuro. I banditi pastori preferivano mezzi e metodi antichi e sicuri. Ma vennero scoperti e arrestati, e uno di loro, Graziano Delogu, cominciò a parlare. Sulla sua agenda, gli inquirenti trovarono tanti nomi e fra questi uno che è diventato importante da poco tempo: Bachisio Goddi, proprio come il carceriere che lasciò morire di stenti Mirella Silocchi, rapita a Parma più di due anni fa e mai più ritrovata. Ma di Bachisio Goddi negli elenchi dei carabinieri ce ne sono più di uno, e Delogu nel frattempo ha smesso di collaborare. Non si può saperne di più. Qui, gli imputati cadono dalle nuvole: «Bachisio Goddi? Mai sentito». Così, i collegamenti con il sequestro Silocchi restano troppo nel vago. L'avvocato Gianni Zaganelli, difensore dei fratelli Goddi, Francesco e Giovanni, gli altri due processati che fanno compagnia ad Antonio Staffa, tira fuori invece altre strane storie parallele. Durante il sequestro si presenta alla famiglia De Megni un farmacista di Falconara Marittimo, Mauro Mannucci, «fratello associato al medesimo ordine massonico», e sostiene di conoscere il modo per porre fine alla prigionia del piccolo Augusto. «De Megni», è scritto nella denuncia, «avrebbe dovuto firmare tre assegni per l'importo complessivo di 2 o 3 miliardi, da consegnare al presidente della Banca Popolare di Sassari, anche lui massone; il denaro contante sarebbe stato versato da un altro massone ai sequestratori». L'avvocato chiede un supplemento di indagini: «Come facevano costoro a conoscere i banditi?» Risponde Fausto Cardella, il pm: «E' un episodio di sciacallaggio, come ce ne sono stati tanti altri». Antonio Staffa ascolta indifferente. Sorride, strizzando gli occhi: «Basta, non voglio più parlare». Pierangelo Sapegno Il «carceriere buono» Antonio Staffa mentre depone al processo per il sequestro De Megni

Luoghi citati: Parma, Perugia, Sassari, Volterra