«Apocalisse nucleare senza sparare un colpo»

«Apocalisse nucleare senza sparare un colpo» Allarme dei militari di Mosca: è un liquido cancerogeno, se non lo eliminiamo si rischia il disastro «Apocalisse nucleare senza sparare un colpo» Im il micidiale carburante dei missili sovietici MOSCA DAL NOSTRO INVIATO Centrali atomiche che perdono, missili nucleari che non si sa chi li comanda. Adesso, nell'ex Unione Sovietica, emerge un nuovo problema non meno grave. Anzi, forse più concreto e immediato di tutti gli altri: il «ghentil», dimetilitrazin asimmetrico, propellente liquido dei missili strategici. Che ha la caratteristica di essere «altamente tossico, soffocante, cancerogeno, in grado di provocare paralisi nervose mortali». Peggio di un'arma chimica. Il commentatore militare della Nezavizimaja Gàzeta, Pavel Felghengauer, lancia un allarme assolutamente drammatico e, soprattutto, paurosamente dettagliato. «Il pericolo di una catastrofe cresce di giorno in giorno». E la ragione è semplice nella sua tragicità: «Nello spazio di due-tre mesi il sistema di servizio dei missili, di sostituzione delle componenti e del carburante sarà inevitabilmente compromesso»... e allora non resterà che attendere una fuga di liquido, un incendio, un'esplosione. «La copertura del silos (dov'è contenuto il missile, ndr) salterà per aria e nuvole di vapori velenosi riempiranno l'aria, copriranno campi, foreste, città». Previsioni esagerate? «Secondo i miei calcoli - scrive Felghengauer - un missile R-18 (SS-19 nella terminologia occidentale, ndr) può avvelenare tre milioni di chilometri cubi d'aria. Un missile R-20 (SS-18), il doppio». Si tenga conto che di R-18 ce ne sono 140 nella sola Ucraina e 300 in tutta l'ex Urss. E che nei silos del Kazakhstan dormono, per ora, 100 R-20 (308 in tutta l'ex Urss). E si aggiunga che solo in Ucraina sono stoccate 5000 tonnellate di «ghentil». Come disfarsene? Il primo problema è rappresentato dai costi: colossali. Solo per le operazioni di liquidazione dei contenitori invecchiati (quando il combustibile viene travasato da un missile obsoleto a uno nuovo) occorrono 600 tonnellate di nafta per eliminare i residui tossici. «E' evi-, dente - scrive Felghengauer che per liquidare in questo modo solo la metà del «ghentil» servirebbero decine di milioni di tonnellate di nafta». Ma questo è uno scherzo al confronto del problema vero. Il sistema produttivo di missili e combustibile era stato capillarmente suddiviso tra le diverse repubbliche dell'ex Unione. Ora - spiega Felghengauer - «la dis- soluzione dell'Unione, l'esplodere dei contrasti economici e politici tra Ucraina e Russia, hanno già, in sostanza, distrutto il precedente sistema di rifornimento e servizio» dell'apparato strategico ex sovietico. Infatti ogni divisione delle Forze Missilistiche Strategiche riceveva componenti dalle cinque «basi produttive» dislocate in Russia, Ucraina, Kazakhstan, Bielorussia. Ma ora, ad esempio, l'Ucraina non invia più in Russia le sue produzioni essenziali per il mantenimento dei missili - e la Russia ha riasposto simmetricamente. Se non si trova un accordo in tempi rapidi basterà un corto circuito, un sistema di raffreddamento che si guasta, una perdita, un errore di manutenzione, per provocare una catastrofe irreparabile. E qui non si prendono in con¬ siderazione le questioni connesse con le testate nucleari. L'idea, avanzata da qualche irresponsabile, di liquidare i missili strategici ucraini semplicemente lanciandoli (senza testata, ovviamente) nell'Oceano Pacifico, è impraticabile. La combustione del «ghentil» produce una scia inquinante "che renderebbe inabitabile la zona di lancio per chilometri e chilometri all'intorno. Il primo stadio degli R-18 cade a 20 chilometri dal silos di partenza e, a sua volta, creerebbe un cerchio maledetto di cinque chilometri di raggio. Ecco perché mai un missile è partito dal territorio ucraino (densamente popolato) e gli esperimenti furono sempre effettuati nel deserto del Kazakhstan. Ma vengono i brividi a pensare a cosa sarebbe accaduto ai cittadini sovietici in caso di guerra, ancor prima e a prescindere dall'arrivo inevitabile dei missili atomici americani. Che fare? A ciascuno dei leader di questo disgraziato Paese è rimasta - conclude sarcasticamente Nezaviziamaja Gazeta «non tanto una Repùbblica indipendente, membro dell'Onu, quanto un pezzo, in sé privo di significato, di una macchina complicata e segreta». E «presidenti della Comunità che si riuniscono una volta al mese difficilmente potranno evitare una catastrofe chimico-nucleare, dopo la quale Cernobil sembrerà neanche troppo grave». Giuliette Chiesa

Persone citate: Felghengauer, Giuliette Chiesa, Pavel Felghengauer