«Caro direttore il valzer col pri non ci piace»

«Caro direttore/ il valzer col pri non ci piace» Nella posta del «Giornale» il malessere dei lettori: «Perché questo amore per i repubblicani che flirtano con la sinistra?» «Caro direttore/ il valzer col pri non ci piace» Ver la prima volta i fedelissimi insorgono contro Montanelli DELL'ITALIA MODERATA ADDIO, direttore, mi dispiace, mi dispiace veramente» scrive un sciùr Brambilla da Pognano (Bg). «Adesso sento dire in giro: "Hai visto, anche Montanelli si è attaccato al carro". E io - confessa Paolo Da Lama, di Moncalieri non so che rispondere». «Sobbalzo leggendo la sua risposta...»: così Aldo Capra, da Genova. «Mi è sorto un grosso dubbio» attacca Giuseppe Manzotti, da Milano. «Le scrivo - è Emanuele Carnevale, di Gambolò (Pv) - perché ho bisogno di una risposta che solo lei può darmi». Frammenti di psicodramma in penultima pagina. Quella che il Giornale di Indro Montanelli dedica quasi interamente alle lettere. Si chiama «La parola ai lettori» ed è, da sempre, uno dei più efficaci strumenti per misurare lo stato d'animo di un'Italia borghese e benpensate che oggi, in vista delle elezioni, sta andando, anzi è già andata in crisi. Incertezze, confusione, rabbie, rancori: come se, di colpo, si fosse schiantato l'incantesimo tra il leggendario direttore e quel ceto medio moderato, quell'elettorato di centro (con sconfinamenti a destra) che fino a ieri si faceva dolcilmente condurre per mano da Montanelli anche alle urne. Stavolta no. E si divide, si lamenta, si sfoga il popolo montanelliano. Oscurando il ricordo del 1976, quando «turandosi il naso», seguì alla lettera le indicazioni del direttore e votò in massa per la de per fermare quel pei che oggi non c'è più. Adesso la crisi: meno visibile, ma da far quasi invidia a quella della sinistra. Da quando il Giornale ha annunciato di appoggiare i candidati del Patto Segni, e soprattutto da quando Montanelli ha promesso il suo voto personale al pri («Il solo partito - ha scritto - che si sia ufficialmente pronunciato per i referendum») sembra spezzata la storica sintonia tra il mitico direttore e parecchi dei suoi lettori-elettori. In molti non riescono proprio a digerirla, quella neanche poi troppo entusiastica dichiarazione di voto per i repubblicani. «Lei sta ballando il valzer di oggi con l'onorevole La Malfa» maligna Antonio Franceschini, da Senigallia. E consiglia invece di ballarlo ancora con Forlani, «anche se questi non usa i deodoranti da lei consigliati». «Caro Montanelli - scrive Sante Mo- relli, da Pesaro - lei è passato, forse senza accorgersene, da un amore all'altro, da quello verso il La Malfa padre a quello verso il La Malfa figlio». Sarebbe stato meglio dichiararsi per il pli, nota con delusione Marcello Alessandri: «I repubblicani sono stati spesso attratti dalla sinistra populista». Hai voglia, ora, a spiegare che l'avversario rimane la partitocrazia generata dalla proporzionale. Che in queste elezioni con- m i "~ tano molto più gli uomini che i partiti. Che «non sono io ad andare sulle posizioni del pri; è il pri che viene sulle mie». Per la prima volta l'Italia centrista e conservatrice di Montanelli, laica o cattolica che sia, si divide, non capisce, non ci sta. Per la prima volta il mitico direttore s'interroga sull'ipotesi di aver perso «l'unica qualità che mi sono sempre riconosciuto: quella, appunto, di farmi capire». ««Possibile - scrive con uh filo di ansia - che sia così rimbambito da non riuscire più a spiegarmi?». No, non è questo il pericolo. Le indicazioni politico-istituzionali del Giornale sono chiare, coerenti e perfino smaliziate («il patto è un impegno di cui non posso fornire nessuna garanzia»). Altrettanto lampante è il personale distacco di Montanelli, che ha rifiutato un seggio senatoriale a vita, e si batte per una riforma del sistema «di cui, a 83 anni, non farò in tempo a vedere nemmeno il prologo». Così come è stranota la sua indipendenza «da tutto e da tutti, compresi i lettori». E tuttavia molti di loro si sentono sedotti e abbandonati. Alcuni perfino traditi. Di qui lo sfogatoio. «Una montagna di lettere insultanti o beffarde», «Sapesse con quale rabbia e col condimento di quali insulti o insinuazioni decine di lettori mi hanno detto addio». E davvero colpisce la crisi d'identità di questa Italia moderata così aperta, improvvisamente, alle spinte centrifughe. «Ho letto con disgusto il suo articolo contro Cossiga - scrive E. Bosi Ne terrò conto non leggendo più il suo ex bel giornale». «Non voglio più turarmi il naso - protesta A. Calegari - non posso continuare oltre a leggere un giornale che si è di fatto alleato con la de, sia pure sotto le sembianze di Segni». O del pri, sotto quelle di La Malfa figlio. Del padre, 24 anni fa, Montanelli diceva: «Non lo sposo mica, votando per lui. Non sono rimasto fedele a mia moglie, devo restare fedele a La Malfa?. Ma scherziamo?». Filippo Cecca relli Il giornalista «Possibile che non riesca a spiegarmi? E'la Malfa che è venuto sulle mie posizioni» A sinistra: Indro Montanelli In alto: Ugo La Malfa A destra: Giorgio La Malfa

Luoghi citati: Bg, Gambolò, Genova, Italia, Milano, Moncalieri, Pognano, Senigallia