Il prosciutto entra in Vaticano per salvare il Sancta Sanctorum

Il prosciutto entra in Vaticano per salvare il Sancta Sanctorum La Parmacotto sarà lo sponsor del restauro della cappella Il prosciutto entra in Vaticano per salvare il Sancta Sanctorum CITTA' DEL VATICANO. Prosciutto e santità: un matrimonio celebrato in Vaticano per il bene dell'arte. E anche una «prima volta» storica. La «Parmacotto», un'azienda specializzata nella produzione di salumi, si è aggiudicata il titolo di «sponsor» accreditato oltre il Portone di Bronzo per il restauro di opere preziose. Ieri mattina è stata firmata una convenzione, inedita nel suo genere, fra l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa) e la ditta emiliana. Scopo del pattò: salvare il «Sancta Sanctorum», un gioiello dell'arte primo-medievale, posta alla sommità della «Scala Santa», nell'antico palazzo pontificio in Laterano. La «Parmacotto» è la prima azienda ammessa dal Vaticano a «sponsorizzare» il restauro dei suoi tesori. Un'offerta della «Philip Morris» per la Sistina fu respinta. «Ci pareva un controsenso ha detto il direttore del restauro, Fabrizio Mancinelli - usare una multinazionale delle sigarette per ripulire gli affreschi dal fumo delle candele». Il «Sancta Sanctorum» fino al Rinascimento ha costituito un luogo riservatissimo per la meditazione personale dei Pontefici, sotto lo sguardo del «Cristo Acheropita», cioè non dipinto da mano umana. «Un gioiello d'arte» - viene definito - grazie alla fusione armoniosa di elementi di archittetura, scultura, pittura (affreschi di scuola romana influenzati da Cimabue) e mosaico. «Unico esemplare della Roma del primo medioevo, non alterato da elementi rinascimentali». Ma l'epoca d'oro del «Sancta Sanctorum» finì con la decisione del Papa di vivere altrove; Pio IX fu l'ultimo Pontefice a celebrare messa nella specialissima cappella, affidata dagli inizi del secolo ai Padri Passioni sti. Un luogo intriso di spiritualità, anche se piuttosto maltrat¬ tato dai secoli. In suo aiuto è venuta l'energia degli insaccati. La «Parmacotto» (fatturato di oltre 60 miliardi nel 1991) fiera di aver già contribuito al restauro della cupola di San Giovanni, nella città da cui prende il nome, ha tentato il colpo grosso. Il suo presidente. Marco Rosi, «affascinato dallo splendore dell'arte - ha detto il vescovo di Parma, mons. Franco Glisenti - ha bussato quasi con umiltà alla porta del Vaticano perché la sua richiesta fosse accolta». La richiesta era allettante per chi la riceveva: il finanziamen¬ to di 702 milioni e 212 mila lire, erogabili in due «tranches», per finanziare un anno di lavori a partire dalla Pasqua del 1992. 70 milioni serviranno a riparare il tetto, 30 milioni andranno spesi per i ponteggi, e il grosso della cifra riporterà all'antico splendore affreschi e mosaici. Marco Rosi e mons. Giovanni Lajolo, segretario dell'Apsa, hanno firmato, alla presenza di una delegazione vaticana composta dai cardinali Casaroli e Silvestrini, e da mons. Bertagna, tutti emiliani. Oltre, naturalmente, al prof. Carlo Pietrangelo direttore dei Musei Vaticani, sotto il cui controllo si svolgeranno i lavori in quella che fu definita la «Cappella Sistina del Medioevo». «Si spera che, eliminati per quanto possibile le ridipinture e i danni del tempo, - ha detto Pietrangeli - si recuperi un complesso pittorico del più alto interesse». Il restauro è stato affidato a Bruno Zanardi al quale la Parmacotto, in occasione del cinquecentesimo anniversario della nascita del Correggio, aveva già chiesto di misurarsi nel restauro della Cupola di San Giovanni a Parma. Zanardi dovrà anche chiarire il mistero dell'attribuzione degli affreschi del «Sancta Sanctorum» che potrebbero essere del Cimabue. Marco Tosarli

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