Quarto delitto firmato dal mostro di Gian Piero Moretti
Quarto delitto firmato dal mostro Sanremo, il becchino suicida sospettato dell'omicidio di un'altra donna Quarto delitto firmato dal mostro Rapinata e soffocata, fu vicina di casa del necroforo Catena di indizi inchioda l'uomo per gli altri 3 assassina SANREMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Un quarto delitto, una quarta donna ammazzata, un quarto mistero che la morte di Paolo Savini, 41 anni, il necroforo di Sanremo suicida con un'overdose di eroina, potrebbe chiarire facendo definitivamente luce sul mostro che in quaranta giorni ha massacrato tre donne sole. Carabinieri e polizia hanno raccolto un'infinità di indizi e circostanze che inchiodano Savini. Ieri mattina si sono svolti i suoi funerali. Per gli investigatori il caso che ha unito nella morte Wanda Rovatti e Annie De Sitter, due attempate donne di vita uccise con 87 coltellate, è chiuso. Archiviato. Manca la conferma dell'esame del Dna, ma pare una formalità. Non dovrebbero esserci dubbi neppure sul delitto di domenica. Giuliana Beghello, 37 anni, domestica a ore, sarebbe stata uccisa dal becchino. Un colpo alla testa con un bastone o una spranga di ferro. Nel bagagliaio della macchina di Savini sarebbe stata trovata una pagaia insanguinata. Gli accertamenti della «Scientifica» potrebbero far archiviare anche il terzo delitto in poche ore. E i carabinieri di Arma di Taggia hanno riaperto il fascicolo di un altro delitto: l'uccisione di Jole Ceretti 79 anni, vedova, trovata morta in casa dalla figlia Laura la sera del 28 febbraio. Era distesa a terra, vicino alla porta. Un rivolo di sangue le usciva dal naso, qualche ematoma alle mani. La donna aveva chiamato il fratello; insieme avevano ricomposto il corpo della mamma sul letto. «Era cardiopatica, credevamo fosse morta per un infarto». Poi era stata notata la scomparsa di denaro e preziosi. Erano intervenuti i carabinieri che avevano apèrto un'inchiesta: omicidio a scopo di rapina. Un ladro sorpreso in casa, la paura, il cuore che aveva cessato di battere. Gli investigatori avevano escluso che potesse trattarsi del mostro. Troppo diversa la dinamica. L'autopsia aveva ridisegnato le varie fasi del delitto: Jole Ceretti era morta per asfissia. Soffocata. Ma dopo il suicidio di Paolo Savini i carabinieri hanno mostrato le foto del giovane necroforo ai figli della donna uccisa: «Lo conoscevamo benissimo: prima di sposarsi abitava nello stesso palazzo. Viveva con i genitori sullo stesso pianerottolo. Porta a porta con la mamma». Savini era originario di Novellare (Reggio Emilia); Jole Ceretti di Mirandola (Modena). Emiliani come Wanda Rovatti, nativa di Carpi. Sono indizi, circostanze che, in altre situazioni, forse non sarebbero state neppure prese in considerazione. Ma con i precedenti che vengono alla luce, assumono un'altra dimensione. Uno, più di tutti, gli avrebbe spalancato le porte del carcere: l'ultima telefonata fatta dal- l'apparecchio di Annie De Sitter, era rimasta in memoria. E' stato un gioco per la polizia scoprire che corrispondeva al numero della «Marine Electric», l'officina di via Fratti dove lavora la moglie di Paolo Savini, Stefania Calteri. La polizia l'ha interrogata a lungo, ma puntando sugli operai; cercando fra loro uno psicopatico, un deviato, un pazzo lucido. La telefonata, invece, l'aveva fatta il necroforo alla moglie per dirle che ritardava. In casa del becchino, in via Giovanni Pascoli 19, gli investigatori hanno trovato un accappatoio colorato. La domestica della prostituta uccisa lo ha riconosciuto. Paolo Savini era rientrato a casa indossando l'indumento. Prima era andato al cimitero a far sparire gli abiti insanguinati. Alla moglie aveva detto che si era sporcato durante il lavoro. Tanti altri indizi accreditano l'immagine del mostro, anche se il sostituto procuratore della Repubblica, Paola Calieri, prende tempo: «Bisogna attendere l'esito dell'esame del Dna». Savini fumava Diana blu. Un pacchetto è stato trovato in casa di Wanda Rovatti assieme a un paio di occhiali Ray Ban con una stanghetta rotta. Gli stessi che portava il necroforo. E l'accendino Zippo della De Sitter: sarebbe stato trovato in casa del presunto omicida. E la pagaia insanguinata, le tracce di sangue su una scarpa, il coltello tipo «Pattada» con una lama di 18 centimetri. Il medico legale aveva detto: «Le ferite sono state provocate da una lama lunga e molto affilata». Paolo Savini è stato descritto come un uomo ossessionato. Diploma di maestro, studi universitari, passione per la filosofia. Un uomo di cultura che fino a pochi mesi fa alternava isaggi di René Guénon alle opere filosofiche di Julius Evola e noleggiava videocassette «impegnate»: Fellini, Govi, Charlot. Poi di colpo aveva cambiato: film dell'orrore e riviste porno. Era dimagrito di 15 chili; si era messo in malattia. Aveva paura dell'Aids, ma non era sieropositivo. «Certamente era ammalato» fanno notare al cimitero. Una spiegazione potrebbe arrivare proprio dalle sue letture. L'ultimo libro comprato, «Metafisica del sesso» propone una singolare chiave di lettura del suo modo di interpretare il rapporto con la donna. Si parla della «Sacralizzazione del sesso» e del suo uso per «fini estatici, magici, iniziatici o evocatori». Forse proprio sfogliando quelle pagine un becchino si è trasformato nel mostro che per tre mesi ha terrorizzato la Riviera. Gian Piero Moretti Dall'appartamento di una vittima telefonò alla moglie in ufficio Anne De Sitter (a fianco) assassinata da Paolo Savini (sotto) A sinistra un disegno di Angelo Stano che sembra la scena del delitto
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