«In Russia ci sono altre 400 Cernobil » di Foto Reuter

«In Russia ci sono altre 400 Cernobil » In tutta Europa livelli di radioattività normali, ma gli impianti sono ad alto rischio «In Russia ci sono altre 400 Cernobil » Nuove denunce dopo il cessato allarme a Pietroburgo MOSCA DAL NOSTRO INVIATO L'Europa (e i poveri abitanti di San Pietroburgo) tirano un sospiro di sollievo. L'incidente del terzo reattore della centrale atomica di Sosnovy Bor non è stato così grave com'era sembrato in un primo momento. Le rilevazioni effettuate da tutti i paesi vicini Svezia, Polonia, Bulgaria, Germania, e quella italiana di Milano, confermano all'unisono l'assenza di aumenti di radioattività. Dopo l'allarme delle prime ore, anche l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) ha declassificato l'incidente al secondo livello di pericolosità (Cernobil=7). Le autorità russe garantiscono che la situazione è «sotto controllo» e che i lavori di riparazione saranno completati «all'incirca in dieci giorni». Il primo blocco della centrale era già fermo per riparazioni, il secondo era bloccato per «radicale modernizzazione». Solo il quarto continua a funzionare a ritmo normale. Nella centrale i livelli di radioattività sono tre volte superiori alla norma, ma sempre entro limiti di sicurezza. Ma non è tutto bene quel che finisce bene. Non solo schiere di specialisti stranieri insistono che la situazione delle centrali nucleari ex sovietiche è particolarmente pericolosa. Anche i resposabili russi non ne fanno mi¬ stero. Ieri il presidente del Comitato statale per la difesa civile, Serghei Shqjgu, ha riconosciuto che tutte le centrali nucleari e i centri di ricerca atomici sul territorio russo (e si tratta, all'incirca, di 400 impianti) devono essere considerati come «potenziali pericoli». I rilievi critici - ha aggiunto Shqjgu - che da molte parti vengono mossi al reattore di San Pietroburgo (identico a quello che saltò in aria a Cernobil) «sono giustificati». Le ragioni non sono soltanto da ricercare nei difetti di progettazione, che trascuravano molte elementari regole di sicurezza, ma nascono soprattutto dalla situazione attuale. Tra queste - ha detto ancora il funzionario - ci sono le «partenze incontrollate» degli specialisti. «Negli ultimi due o tre mesi - ha chiarito Shojgu - abbiamo fatto di tutto per aumentare le paghe dei tecnici che lavorano nelle centrali. E' un grosso problema quello di formare tecnici e specialisti di profilo adeguato a questi compiti». Ma i risultati sono stati vanificati dall'inflazione e dalla crisi economica. Anche gli stipendi di specialisti di alto rango sono ormai ridotti, nella maggioranza dei casi, ai livelli minimi di sussistenza. In queste condizioni molti, semplicemente, se ne vanno dove possono trovare condizioni migliori. Ed è ovvio che, per tecnici del genere, le possibilità d'impiego all'estero non mancano. Com'è ovvio che i progetti americani per assorbire una parte di specialisti, in modo che non emigrino in paesi «sospetti», aggraverebbe soltanto la fuga dei cervelli, lasciando le centrali ancora più sguarnite. Esattamente il contrario, di ciò che occorre fare con la massima urgenza. L'altro allarme, lanciato esplicitamente da Shqjgu, riguarda le condizioni di manutenzione degl'impianti. Si tratta, in molti casi - ha detto - di strutture invecchiate. La riparazione, l'ammodernamento, costano molto. E gl'investimenti sono, al contrario, ridicolmente insufficienti. Affidarsi alla dedizione al lavoro, a controlli raddoppiati non è comunque sufficiente, tanto più che la disciplina del lavoro si è allentata dovunque, non escluso il personale delle centrali nucleari. E' sempre più evidente che il problema diventa più grave ogni giorno che passa, [g. ci 0^ Lavoratori davanti alla centrale di Sosnovy Bor a San Pietroburgo [foto reuter]

Persone citate: Serghei Shqjgu