L'elmo di Scipio... che mal di testa!
L'elmo di Scipio... che mal di testa! Guido Ceronetti chiede un nuovo inno nazionale. E non ha dubbi: può essere solo «Va' pensiero» L'elmo di Scipio... che mal di testa! li UTTIAMO anche questo nell'urtante incapacità italiana di modificare qualcosa che non sia in direzione del Peggio: la necessità, il bisogno di avere almeno - un inno nazionale DECENTE. Mi ha fatto pensare a questo, giorni fa, un articolo sul Corriere, di Paolo Conti, con risposte di alcuni interpellati (uno storico, un musico, un vescovo, un poeta), ma ogni volta che sento le note dell'inno di Mameli - dichiarato «provvisorio» nel 1947 - la speciale nausea che dà il Brutto, l'alitare del Brutto sulla faccia, mi visita prontamente. Lo cambiamo? Ce lo facciamo cambiare? I ricambi non mancherebbero... Perché non ce lo facciamo consigliare dalla CEE? E' vero che sono dei superminchioni, se davvero credono che l'Italia sia un paese «europeo» (ma fìngono: dunque imbrogliano) però loro, ciascuno col proprio delirio, possono vantare degli inni nazionali migliori. Che in Francia ci sia chi pensa che vada cambiata la Marsigliese è un segno di demenza: la Marsigliese è un tonico universale! Il Gqd savt the Queen, ti dà. immediatamente la configurazione spirituale delle Isole Britanniche: uno che c'è nato sente my country come i proprii reni. Esempi magistrali... All'Italia -una memorabile Costituente impose, con la menzogna del «provvisorio» perpetuo, questo scaraffio sonoro: l'inno del povero Mameli, mazziniano farneticante, musica da baraccone. Umiliante! Troppo! Togliatti ne rideva. E Andreotti, e Paietta... Finiamola! Si può crearne uno apposta? Guardarsene. L'esempio dei nuovi inni da chiesa, che al sublime gregoriano hanno sostituito limature di discoteca, ci renda cauti. Un inno nazionale deve avere radici... Lucio Villari propone l'inno a Roma di Puccini, che è certamente bello, ma che, purtroppo, fu anche il più bello fra le decine di inni in cui si avvolgeva la romanità insensata del regime fascista e dopo il 1945 divenne partitico, inno delle destre: passerà del tempo prima che si depuri di un transito nella politica che non meritava. Inoltre, esalta ROMA! E Roma non rappresenta l'unità nazionale, ma la sua caricatura e il suo disfacimento. Ne rifiutiamo l'inno perché suonerebbe come un tradimento. Roma è materia cieca; non può più esprimere valori ideali, dall'epoca all'inarca di Marco Bruto. Oh, sulla scelta di un vero inno nazionale non avrei dubbi: l'unico che potrebbe funzionare è il Coro del Nabucco, Va'pensiero... Ha parole decentissime, quantunque di libretto, la musica è del Verdi più generoso, e (cosa essenzialissima) può dare un brivido. Al momento giusto, si capisce. Un inno nazionale che non produca una autentica scarica emotiva è un falso. Il Coro del Nabucco, invece, accidenti! Punto di massima forza: «O mia patria, sì bella e perduta». Chi abbia visceri, li sente tremare. Anche in un acquario... Ma è nei contatti collettivi con la morte che il bisogno di una musica civile rappresentativa si manifesta: questa musica può soddisfarlo. In realtà, quel che sta morendo è lo Stato; la patria, come Dio, resta evocabile in quanto assenza. Nell'arco breve di quelle poche note, la patria che non c'è si fa presente in figura di miraggio nella sete. In città che ormai non appartengono più a nessuno, come le italiane, le note di un .• ri■-■ ■; m canto di esiliati sono un rintocco grave, un richiamo di profondità. La brulicante fogna di paura e di gas che in forma urbana rappresenta la verità etica nazionale nella sua evidente incurabilità, è attraversata da un brivido di altro, e quel Giordano di melodramma si fa un Po - per un attimo - libero dai veleni, irreale ma vivo. Gettiamolo, quell'elmo «di Scipio» di latta molle. Basta quello, non di latta, e sforacchiato, di Slataper. Referendum per abolire, finalmente, un inno stremato dalla sua interminabile provvisorietà?. s, ~> Guido Ceronetti Rouget de l'Iste autore della «Marsigliese», in un quadro di I. Pils. Nell'immagine grande, la Patria con «l'elmo di Scipio» daHMIIustrazione italiana» (1915). A sinistra, Mameli
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