Sui carabinieri il fuoco di un folle

Sui carabinieri il fuoco di un folle Amantea, massacrato maresciallo e ferito militare che tentavano di risolvere una lite tra vicini Sui carabinieri il fuoco di un folle L'assassino voleva vendicarsi per un graffio alla sua auto Prima della tragedia aveva sparato sul veicolo del «nemico» COSENZA NOSTRO SERVIZIO Il copione sembra quello usuale scritto dalla follia: un uomo che spara contro ignari tutori dell'ordine, che si barrica in casa, che non sa dare dell'accaduto che incomprensibili giustificazioni. Ma c'è qualcosa che sfugge in questa vicenda assurda che ieri mattina ha visto morire, falciato dalla lupara, un maresciallo dei carabinieri, ad Amantea, località turistica del Tirreno cosentino. La vittima si chiamava Achille Mazza, 52 anni, trenta e più dei quali passati nell'Arma. Solo un caso non ha reso ancora più pesante il bilancio di questo episodio che ha visto un altro carabiniere, Giuseppe Mongiovì, 25 anni, originario della provincia di Agrigento, ferito in modo non grave. Il protagonista di questa vicenda, è un piastrellista, Garibaldi Forte, per parenti ed amici solo Aldo. Una persona strana, lo definiscono ad Amantea, talvolta ombrosa, ma che mai aveva mostrato di covare in sé il germe della follia. Tutto è cominciato domenica sera quando Forte ha visto la sua automobile graffiata. Per lui è stato sin troppo semplice attribuire l'accaduto al suo «nemico» Eugenio Guzzo Bonifacio, 56 anni, guardiano. Eugenio Guzzo Bonifacio abita nella stessa palazzina popolare di Forte, una costruzione ab- bastanza umile, a tre piani. Per Aldo Forte ce n'era d'avanzo per passare all'offensiva. Così ieri mattina si è messo alla finestra della sua abitazione, si è armato di fucile ed ha cominciato a sparare contro la «Ritmo» del rivale. Uno, due, tre, quattro colpi caricati a pallettoni che hanno ridotto la Ritmo ad una carcassa sforacchiata. Quanto stava combinando Forte ha indotto i vicini di casa ad avvertire i carabinieri. La telefonata è stata presa da un giovane militare che ha subito avvertito il maresciallo Mazza. Il sottufficiale era ad Amantea da dieci anni. Conosceva tutti, anche Aldo Forte, che riteneva forse un po' troppo sui nervi, ma in fondo una brava persona. «Andiamo Pino», ha detto al brigadiere Mongiovì, «vediamo di che cosa si tratta». A bordo della Uno bianca e blu della caserma si sono diretti verso la zona del campo sportivo. Davanti alla palazzina Mazza e Mongiovì ed il loro autista hanno trovato la Ritmo di Guzzo. «Chissà cosa gli sta passando per la testa», ha forse pensato Mazza, che ha detto ai suoi colleghi di aspettarlo, che sarebbe andato a parlare lui con quello svitato. Il maresciallo si è quindi avvicinato al portone. Aldo Forte, infatti, già appostato sul terrazzino di casa, ha aspettato con calma che il carabiniere gli fosse proprio sotto ed ha sca- ricato addosso a quella divisa nera due colpi di lupara. I pallettoni lo hanno dilaniato, devastandogli la testa ed il torace. Il brigadiere Mongiovì, capito quanto accaduto, ha sparato a sua volta contro Forte, che però ha reagito sparandogli addosso alcuni colpi - fortunatamente caricati a pallini - che lo hanno ferito seriamente, ma non in modo letale (ora è all'ospedale Cardarelli di Napoli). Aldo Forte sì è allora chiuso in casa, lasciando però bene in vista il suo fucile. La trattativa, mentre la zona veniva cinta d'assedio, è stata estenuante. Ci hanno tentato prima gli stessi carabinieri, poi il procuratore della Repub¬ blica di Paola, Tommaso Arnoni, ed il suo vice, Franco Greco, poi i due figli maschi dell'assassino. Per convincerlo tutti gli hanno detto che Mazza era ferito in modo lieve. Ma non hanno ottenuto risultati. Alla fine, come sovente accade in casi del genere, la trattativa si è risolta quando qualcuno già pensava ad un'azione di forza. Forte ha prima buttato da una finestra il suo fucile e le munizioni. Poi ha fatto lo stesso con le chiavi di casa. Quando i carabinieri hanno fatto irruzione nella casa, lo hanno trovato con lo sguardo tranquillo, forse non come quello di un pazzo. Momenti di tensione ci sono stati quando Forte è stato caricato su un'automobile per essere portato a Paola. Perché se i congiunti dell'omicida gridavano e piangevano («Mio marito è un'animella», ha detto la moglie di Forte prima di cadere preda di una crisi isterica), i colleghi della vittima si sono avvicinati con fare minaccioso a Forte, che forse, quando è stato caricato sulla macchina, non ha nemmeno capito a cosa è scampato. L'interrogatorio al quale, già ieri pomeriggio, è stato sottoposto il piastrellista, non ha dato esito. Forte si è rifiutato di rispondere, accusando un attacco di tachicardia. Diego Minuti maresciallo Achille Mazza e, a fianco, il luogo dove si è consumata la tragedia

Luoghi citati: Agrigento, Amantea, Cosenza, Napoli