La Guardia morte nel fuoco e nel gelo di Franco Pantarelli
La Guardia, morte nel fuoco e nel gelo Ventisette vittime sul Fokker-28 uscito di pista all'aeroporto internazionale di New York La Guardia, morte nel fuoco e nel gelo Il pilota tenta il decollo sotto la neve, poi ci ripensa Un urto, il velivolo si spacca, metà finisce nella baia NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Sono morti in ventisette, alcuni bruciati dalle fiamme, altri uccisi dal gelo. Fra loro c'è il pilota del Fokker-28 che domenica sera è uscito dalla pista dell'aeroporto La Guardia di New York mentre era in fase di decollo, è andato in pezzi e alcuni di essi sono finiti nelle acque della Flushing Bay, vicino a Rikers Island. Un'altra vittima è una delle due hostess e il resto sono passeggeri, gente che poco prima si era rallegrata per il fatto che la Usair, la compagnia cui l'aereo apperteneva, avesse deciso di confermare il volo per Cleveland, nell'Ohio, nonostante la neve che cadeva, la bassa temperatura e la scarsa visibilità. Complessivamente erano 51 le persone a bordo, e il fatto che 24 di esse, quasi la metà, si siano salvate è considerato una specie di miracolo dai membri delle squadre di salvataggio. «Contro di noi c'era proprio tutto - ha commentato William Urban, tenente dei vigili del fuoco -, la neve che non ci consentiva di muoverci, la visibilità pressoché nulla che non ci lasciava vedere la gente da salvare, l'acqua gelida e per di più il fuoco dentro la parte di aereo rimasta all'asciutto». Perché si sia deciso di far partire l'aereo nonostante le condizioni atmosferiche è ora oggetto dell'inchiesta che sia la Usair sia le autorità aeroportuali stanno compiendo. Quello che è sicuro è che la partenza è avvenuta con notevole ritardo sul previsto e che il pilota, a un certo punto, sembra che abbia deciso di rinunciare al decollo. La deviazione che l'aereo ha fatto fuori di pista, infatti, se- condo le prime ricostruzioni della tragedia sembra sia stata «voluta», anche se la parola definitiva su questo particolare verrà dalla «scatola nera», già recuperata e già partita per Washington, dove ciò che vi è registrato verrà ascoltato dai tecnici della Faa, Federai Aviation Administration, e dall'interrogatorio cui sarà sottoposto il secondo pilota, sopravvissuto ma per ora non avvicinabile per la gravità delle condizioni (ha ustioni su quasi tutto il corpo). «Ho visto che siamo usciti di pista», ha raccontato uno de sopravvissuti, Barth Simon di Cleveland, che stava seguendo la fase del decollo dal proprio finestrino. «Ho capito che c'erano dei problemi e ho cominciato a dire fra me e me: dai, fermati maledetto! Fermati così possiamo saltare fuori». Ma invece di fermarsi l'aereo ha proseguito la sua corsa ed è andato a cozzare contro uno di quei segnalatori che sono ai margini della pista. Poi, forse a causa del terreno fattosi di colpo irregolare, il suo carrello si è rotto e la corsa è proseguita sulla pancia, mentre le acque della Flushing Bay si avvicinavano pericolosamente. E' possibile che il pilota abbia sperato che la neve bloccase il velivolo prima che arrivasse all'acqua e che soprattutto gli consentisse una specie di frenata dolce. Ma non è stato così. L'aereo si è incendiato, si è spaccato e una parte di esso è finita nella baia. Un uomo che abita a College Point, proprio di fronte all'aeroporto al di là di Flushing Bay, ha detto di averlo visto «saltare due o tre volte prima che finisse in acqua». Erano le nove e mezzo, su tutta la zona c'era lo «snow storm», la tempesta di neve che radio e televisione avevano ripetutamente annunciato per tutto il giorno, e le operazioni di salvataggio sono state difficilissime e caotiche. Le squadre di soccorso a disposizione erano più del solito, proprio per via della tempesta di neve che aveva consigliato di «predisporsi». Ma quando sono arrivate sul posto non sapevano bene se correre verso la parte di aereo in fiamme, dove varie persone erano rimaste in¬ trappolate, o lanciarsi in acqua nel tentativo di portare in salvo qualcuno di quelli che annaspavano disperatamente, prima che il gelo avesse ragione delle loro forze. Sono arrivati elicotteri, battelli, si è cercato di illuminare in qualche modo la scena, ma qualcuno dei passeggeri ha comunque finito per pagare con la morte per annegamento la «fortuna» di essere stato catapultato fuori dall'aereo, nell'acqua. I voli in arrivo sono stati immediatamente dirottati sull'aeroporto Kennedy, quello riservato ai voli internazionali, e per tutta la notte sono proseguite le ricerche delle vittime. Ieri mattina, il bilancio definitivo: 27 morti, fra annegati e bruciati, e 24 superstiti, alcuni dei quali definiti, secondo il linguaggio medico, «in critiche condizioni». Perché al Fokker è stato dato il via? Perché il pilota a un certo punto ha deciso di rinunciare al decollo? Le domande essenziali sono queste, ma per rispondere è troppo presto, hanno detto ieri i responsabili della Usair, dell'aeroporto La Guardia e della Faa. Prima di avere ascoltato la «scatola nera» non è possibile dire nulla. Franco Pantarelli Due immagini del disastro Sopra, una parte della carlinga affiora dalla Flushing Bay Qui a fianco lamiere bruciate nella neve [FOTO SPA)
Persone citate: Barth Simon, Cleveland, Kennedy, La Guardia, William Urban
Luoghi citati: Cleveland, New York, Ohio, Washington
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