Da «sabiunat» a re del mattone

Da «sabiunat» a re del mattone E' morto a 63 anni, stroncato da epatite, l'immobiliarista Giuseppe Cabassi Da «sabiunat» a re del mattone Padre di Milanofiori, editore, ha fatto affari con tutti Coinvolto in vicende giudiziarie è sempre uscito indenne MILANO. E' morto l'altro ieri nella clinica Sant'Ambrogio, ma la famiglia, in ossequio alla riservatezza di sempre, ne ha dato notizia solo 24 ore più tardi. Con Giuseppe Cabassi, 63 anni, re del mattone, colpito tre mesi fa da epatite virale poi complicata da una broncopolmonite, se ne va un pezzo della Milano economica. Dietro di sé lascia un impero immobiliare immenso e una complicatissima storia di affari, acquisizioni, vendite, alleanze che hanno fatto di lui (nonostante lui) uno dei protagonisti di questi ultimi trent'anni. Lo chiamavano «el sabiunat», per via delle cave che aveva ereditato dal padre. Costruire, trasformare i soldi in mattoni e i mattoni in soldi è sempre stata la sua vocazione. Non la sola. Ha fatto affari con tutti: il gruppo Agnelli, De Benedetti, Ferruzzi, Varasi, ha costruito il primo e forse più importante polo terziario d'Italia, quello di Milanofiori, ha avuto la Bastogi e grossi pacchi di Rinascente, è entrato e uscito da gruppi assicurativi e finaziari, ha investito nella carta stampata, fino ad essere indicato nell'81 come possibile scalatore del Corriere della Sera. Ha condiviso operazioni con Giancarlo Parretti e Florio Fiorini. Era uno che amava scambiare, comprare, rivendere, ma soprattuto barattare: un'azienda per un pacchetto azionario, un palazzo in cambio di un affare. E' una febbre che non lo ha mai abbandonato. E' rimasto impigliato in molte inchieste della magistratura: l'ultimo avviso di garanzia gli è stato notificato mercoledì scorso, ipotesi di falso in bilancio. Ma dai guai giudiziari è sempre uscito indenne. E senza mai clamori. Era un uomo schivo, per certi versi misterioso. Non frequentava salotti, non gli piaceva la ribalta, concedeva rarissime interviste e mai su di sé. Vestito di scuro, alto, magro, immancabile borsa di pelle nera sotto braccio, viso affilato. Tono di voce sempre basso. Introverso. Cattolicissimo. Con il culto del lavoro e della famiglia. Giuseppe Cabassi nasce a Milano nel 1929. La sua è una famiglia già ricchissima. I primi soldi li ha fatti il nonno che a Cavriago, Reggio Emilia, s'era ingegnato nel trasporto della terra. Suo padre trasferisce l'azienda a Milano, e compra cave. Vende la sabbia da costruzione, arriva ad avere sino a 130 cavalli con carri e le chiatte da fare scivolare dai navigli. Dopo la guerra riempie le cave con le macerie dei bombardamenti. E dopo averle riempite, la famglia Cabassi si ritrova le aree pronte per essere edificate. Si dice che il nonno non si sia mai svegliato dopo le 5,30 del mattino e che nei propri cantieri recuperasse i chiodi lasciati dai muratori. Della stessa pasta era il padre. Ogni giorno all'alba partiva per essere alle otto in punto a Vicenza, davanti alla ex Caproni, quando si aprivano i cancelli per i dipendenti. E lui, il figlio primogenito era lì, a imparare questa devozione al lavoro. Quando nel 1954 muore il padre, lui è pronto. Si è appena iscritto a Economia e Commercio, ma non darà mai un esame. «Non avevo tempo. Dovevo lavorare», dirà senza enfasi in una intervista. Due anni dopo si sposa con Laura Mastraccin Manes, figlia del re tienàèntifrici, quello di Durban's e Clorodont. Lui ha 27 anni, lei sedici e mezzo, in chiesa li unisce il cardinal Montini, futuro Paolo yi. E' un colpo di fulmine che durerà per sempre: otto figli, una vita familiare senza incrinature. A dare un'occhiata alla storia delle sua acquisizioni e permute si rimane impressionati dalla quantità: assicurazioni Ausonia, Rinascente, Isvini, De Angeli Frua, Paramani, l'Ipsoa, il quotidiano «Italia Oggi». Ed è lunghissimo l'elenco di ciò che in questi trent'anni ha costruito: palazzi; centro congressi, chiese, alberghi. E poi quel milione e mezzo di metri quadrati di Milano Fiori, torri di cemento per 15 mila impiegati. Roba da 200 miliardi negli Anni Settanta. E' il suo capolavoro e anche il suo progetto più innovativo: un polo decentrato creato dal nulla. Perché lui si innamorava delle idee, dicono i suoi collaboratori. Si appassionava al fare. Non lo interessava il potere, ma il lavoro. E forse non lo interessava neppure la ricchezza. Lui c'era nato dentro. PinoCorrias Nella foto un'immagine di Giuseppe Cabassi, l'immobiliarista scomparso ieri. A fianco, ' uno scorcio di Milanofiori il grande centro direzionale da lui realizzato ad Assago nella zona Sud di Milano