Tirana verdetto per il pc di Tito Sansa

Tirana, verdetto per il pc I democratici corteggiano i contadini, fedeli al passato Tirana, verdetto per il pc Due omicidi insanguinano il voto TIRANA DAL NOSTRO INVIATO Nell'Albania allo sfascio, dove il ministro dell'Economia Kondo dice: «La nostra economia è clinicamente morta», e quello per l'Ordine pubblico Kana ammette: «Stiamo andando verso il caos totale», quasi due milioni di elettori vanno oggi alle urne per rinnovare in elezioni politiche anticipate il Parlamento di Tirana. Nelle elezioni di un anno fa, le prime libere e democratiche dopo 46 anni di feroce dittatura stalinista, vinsero a sorpresa i comunisti, i quali riuscirono a conquistare i due terzi dei seggi. Determinante fu il voto dei contadini, che sono appunto i due terzi della popolazione. Taciturni e diffidenti verso le innovazioni promesse dal maggiore gruppo di opposizione, il partito democratico, votarono compatti per la vecchia guardia e il Paese si trovò così diviso in due: da una parte l'Albania rurale comunista, dall'altra quella urbana democratica. Cinque successivi governi comunista, di coalizioni varie, di salvezza nazionale, di tecnici succedutisi negli ultimi 12 mesi hanno fallito. La situazione si è deteriorata di giorno in giorno, l'economia è crollata del 47%, la disoccupazione è diventata endemica, la criminalità è dilagata, la sfiducia è totale, uniche vie di salvezza vengono considerate la fuga all'estero ed un massiccio intervento straniero di investimenti. Memori della batosta subita nel marzo dell'anno scorso, i democratici e i loro alleati repubblicani e socialdemocratici hanno puntato la campagna elettorale sui temi cari agli agricoltori: la privatizzazione (già il 75% delle terre è stato distribuito) e il ristabilimento di un minimo di ordine, considerato condizione indispensabile per attirare capitali stranieri. Finora soltanto l'Italia ha aperto i cordoni della borsa, mantenendo in vita la popolazione albanese, ma gli altri Paesi e i privati sono rimasti a guardare. La Germania, per bocca del ministro degli Esteri Genscher, ha negato qualsiasi aiuto finché rimangono al potere i comunisti (ribattezzati socialisti), il Segretario di Stato americano Baker ha fornito in tutto sei milioni di dollari di aiuto, meno di due dollari per ogni albanese, un nulla in confronto alle centinaia di miliardi donati dall'Italia. Ma, ingrata, la massa dei 40 mila schipetari che venerdì ha osannato il leader democratico Sali Berisha nella piazza principale di Tirana, ha agitato bandiere americane e anche una della Germania, neppure una italiana. Si voterà con un complicato sistema, per metà maggioritario e per metà proporzionale, la cui formula per la distribuzione dei seggi (un'equazione) nessuno è riuscito a spiegare ed è rimasta un libro dai sette sigilli per gli oltre 200 giornalisti convenuti da tutto il mondo per assistere alla probabile morte dell'ultimo regime comunista in Europa. Sondaggi demoscopici non si sa quanto attendibili (l'anno scorso la prestigiosa Gallup sbagliò in pieno, ingannata dalle false risposte dei contadini interrogati che si dichiararono democratici e poi votarono comunista), danno per sicura la vittoria delle opposizioni anche nelle campagne e in montagna. «La gente non ha più paura - dice Genz Pollo, portavoce democratico - le squadre di intimidazione accanto ai seggi non spaventano più, quasi nessuno teme di venire spiato nella cabina elettorale, come accadeva durante lo stalinismo quando il partito unico raccoglieva il 99,99% dei suffragi». C'è un po' di paura, invece, per l'ordine pubblico, specie nelle maggiori città, dove c'è un sacco di gente con la pistola e il coltello facili. Venerdì sera nella città universitaria di Tirana un poliziotto è stato freddato da cinque giovinastri, ieri mattina a Scutari un ex agente della Sigurimi, la famigerata polizia di sicurezza, Xhelil Selimi, 65 anni, è stato assassinato con una rivoltellata all'uscita da un bar. Il suo nome era il primo della lista di «condannati a morte» perché ritenuti responsabili della uccisione di quattro democratici il 2 aprile dell'anno scorso nella piazza centrale di Scutari. Hanno fatto un lavoro alla grande, i democratici, per convincere i contadini diffidenti. Hanno sguinzagliato in provincia duemila universitari del «Forum della gioventù democratica» per fare opera di proselitismo nei loro villaggi e «convincere i padri». Il chiodo su cui battono i propagandisti è il rispetto della proprietà delle terre in fase di distribuzione e - soprattutto - la prospettiva di un massiccio intervento straniero per risollevare il Paese dal baratro economico. «Gli stranieri verranno - si dice - soltanto se l'Albania sarà governata da partiti democratici e tornerà l'ordine». Sali Berisha, presidente del partito democratico di opposizione, è sicuro della vittoria. Ma lo era - è il caso di ricordare - un anno fa, e lo erano del resto quasi tutti. E gli ex comunisti? L'anno scorso erano silenziosi e tranquilli, ora parlano e sono nervosi, dicono che «passare all'opposizione non è poi la fine del mondo». Tito Sansa Assalto alla vetrina di un panettiere protetta da sbarre a Tirana

Persone citate: Baker, Gallup, Genz Pollo, Kana, Kondo, Sali Berisha, Selimi