Erario e Lentini, quelli che se ne vanno di Claudio Giacchino
Erario e Lentini, quelli che se ne vanno Nel ritiro della Nazionale il rossoblu e il granata non smentiscono le voci di mercato Erario e Lentini, quelli che se ne vanno Berlusconi li vuole a ogni costo FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO Ci sono momenti in cui si nascondono dietro a parole diverse le medesime situazioni. E ieri, ascoltando Eranio e Lentini nel primo giorno del ritiro a Coverciano, li abbiamo trovati immersi nello stesso brodo, in cui galleggiano preziosi avanzi di Coppa e i tocchi di un destino che li porterà lontano dal presente. Tocchi grassi, abbondanti. Ricchi di prospettive e del denaro che i due raccoglieranno l'anno prossimo, forse nella stessa squadra: il Milan. O magari alla Juve, come si dice sia l'alternativa di mercato per il granata. I due si raccontano con toni diversi. Eranio è un parlatore, che scava le risposte con una cura infinita. Lentini invece brucia gli argomenti, come se le parole fossero soldini da risparmiare. Ma, infine, è quello che esprime i concetti più concreti, autografando per la prima volta l'impressione di un addio al Toro. «Borsano - afferma - non mi ha mai detto che di fronte a 22 miliardi si arrenderebbe, ma se lo facesse non potrei oppormi. Sono legatissimo a questa società però sono un professionista e da un'operazione del genere verrebbe anche a me qualcosa in più». Non la spaventerebbe il rischio di essere uno tra i tanti e non un protagonista assoluto, com'è nel Toro? «Quando è l'ora uno deve osare, fidandosi delle proprie forze. Comunque se dovessi andarmene, direi anch'io la mia e valuterei per bene la scelta migliore. Perché i soldi sono importanti ma lo è anche la sicurezza di un posto in cui ci si possa esprimere». Qualcuno l'interpreta come un raffreddamento sul Milan, dove la concorrenza sarà esagerata. Chissà. Quando un cronista gli chiede conto di un incontro a tavola con Boniperti e con Bendoni, Lentini alza le spalle: «Un'altra frottola. E' da un anno che se ne raccontano su di me». Eranio invece apre uno spiraglio al Genoa: «Parlerò con Spinelli nel primo momento di calma. Che non può essere questo, con la Coppa di mezzo. Il successo a Liverpool potrebbe ricompattarci un po'». Tuttavia si intuisce che non è convinto. Non si fida del tutto del suo presidente, «che è un grande tifoso e perciò si fa condizionare dai risultati. Adesso è su di giri, alla prossima sconfitta si abbatterà. Io credo che lui abbia in testa un disegno per il futuro della società e che lo nasconda: ha detto che resterà fino al '93 per costruire una grande squadra per il Centenario, ma io credo che tutto dipenda dai risultati e che possa cambiare idea, in un senso o nell'altro». Una fuga probabile e per due, insomma. Un futuro che annebbia per un attimo il presente splendido e fatto di emozioni forti. «L'altra sera mi sono procurato un biglietto della partita di Anfield Road - confida Eranio - e lo farò incorniciare per ricordarmi tutta la vita una partita così». Lentini invece è un po' de¬ luso dai fischi ricevuti al Delle Alpi: «La festa per la conquista della semifinale doveva prevalere su tutto. E' vero che non abbiamo giocato una gran partita contro i danesi, però chi avrebbe dato di più partendo dal 2-0? Forse c'è una parte dei tifosi di Torino, e non parlo di quelli della curva, che è stata abituata a vincere sempre grosse cose». Tutto si stempera nella soddisfazione per il sorteggio. Qui Eranio e Lentini usano le stesse parole: «L'importante era non incontrarsi tra noi, perché ci conosciamo bene e sarebbe stata la partita più difficile». Lentini già sogna il Bernabeu. «Il Real - dice - non sarà più quello di una volta, ma il fascino dello stadio e del nome son sempre quelli. Sono contento. E lo sarà anche Martin Vazquez che ci diceva di sperare nel Real, perché si sente sicuro di eliminarlo. Farà una partita straordinaria». E il genoano dà un appuntamento al Torino. «L'Ajax mi sembrava la squadra più abbordabile, sebbene la conosca poco. Ma se giochiamo come abbiamo fatto a Liverpool andiamo dritti alla finale. Pensate, battere l'Ajax. Quando la vedevo, da ragazzino, mi sembrava irraggiungibile: era una squadra mito, come Pruzzo, o più tardi Platini, lo erano per me tra i calciatori. E adesso in tv ci sarò io». Claudio Giacchino Sacchi dà il benvenuto a Baresi Lentini (foto piccola) non nega che potrebbe lasciare il Torino
Luoghi citati: Coverciano, Firenze, Liverpool, Torino
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