Scultura su donna

Scultura su donna Un libro col Gli: in attesa della sfilata a Parigi Scultura su donna Ungaro, 25 anni di moda | PARIGI ;|N questi giorni, imme1 diatamcntc precedenti il la sua sfilata a Parigi di *Jalta moda pronta, Emanuel Ungaro vive da perfetto anacoreta. Non è del tutto solo: alle pareti del suo studio bianchissimo, in avenue Montaigne, i disegni dei modelli, che ha fatto a carboncino e inchiostro di china, sono appesi uno accanto all'altro. Ancora gli intimano verifiche sui vestiti, realizzati così spesso sul corpo stesso della modella. Per non sentirne le voci, Ungaro continua ad ascoltare musica. A 25 anni di distanza dalla prima sfilata, alla vigilia del'68, Ungaro conduce sempre il suo mestiere di sarto come una sfida. Per lui la realtà, sfuggente o violenta, accesa o plumbea, è da captare, tradurre in abiti in cui le donne si racchiudano per esprimere il momento ed esprimersi. La «sua» realtà è il bisogno mai sopito di bilanciare con il successo una carriera solitaria, e con l'ambizione un'ascesa senza favori della sorte. «Ambizione no - ci dice - solo molto impegno per affermarmi e non aver comprimari nella mia impresa, perché soltanto se vinci riscatti il tuo passato di fatica oscura, di ansie». Un passato amatissimo, che Ungaro evoca con emozione pagando debiti di gratitudine: il padre Cosimo, antifascista emigrato da Francavilla a Mare in Provenza, sarto, gran lavoratore, forbici, macchina da cucire e arie di Verdi e di Rossini cantate a voce piena; la madre, paladina del massimo bene da conseguire, la verità; Cristóbal Balenciaga, il maestro da cui Ungaro imparò quasi tutto, senza scambiare con lui molto più degli spilli da offrire al momento giusto. A questo passato Ungaro rimane legato anche oggi, pressoché unico nel drappello di stilisti divenuti ricchi e famosi. Possiede case ma non lussuose, ama le stanze con il silenzio, con pochi mobili, magari un'unica sedia di gentile barocco, quasi in memoria delle sue origini pugliesi. Detesta la vita mondana, è restato timido anche nella fortuna perché, come i latini, sa che la sorte non va sfidata e che i più temibili sono i venti favorevoli. Così in questi giorni, oltre ai turbamenti consueti pre-sfilata, Ungaro vive quelli per l'uscita del libro, che il Gft ha voluto dedicargli nel compimento dei venticinque anni di creatività. Già cinque anni or sono Ungaro fu ad un passo da un libro sulla sua attività: all'improvviso non ne fece nulla. Oggi è un fatto di reciproca gratitudine. Come dice Marco Ri¬ vetti nella dedica, fu Ungaro a segnare, vent'anni fa, «il primo, precoce rapporto fra industria e stilismo, elemento di assoluta innovazione, destinato ad accendere la migliore iniziativa imprenditoriale del gruppo Gft». In quegli anni Ungaro fu quasi torinese, in spola da Parigi ad apprendere le necessità della moltiplicazione industriale di un'idea per un gran numero di donne, e ad offrire energia e colori. Ma il libro (Emanuel Ungaro, a cura di Electa) non è la solita bene orchestrata glorificazione di semiologi, critici d'arte e letteratura. I contribuì sono di amici: Katia D. Kaupp parla del suo entusiastico in¬ contro con il talento d'avanguardia del primo Ungaro; Alain Weill evoca le cose che contano nella vita dello stilista: suoni, immagini, incontri; Yves Navarre firma sette schizzi per un suo ritratto; Hélène de Turckheim, ne traccia la biografia stilistica. E se è Federico Fellini, in un suo articolo tratto da Vogue 67, a parlare della sensualità quasi metafisica del viso di Anouk Aimée, una delle donne più importanti, prima come simbolo poi come compagna, per Ungaro, è lo stesso stilista a raccontare con acuta tenerezza di Sonia Knapp, la disegnatrice cui deve il primo importante successo, per la mescolanza dei tessuti fra geometria e fiori, in¬ torno agli Anni 70. Ungaro manifesta una foltissima fedeltà al passato: vita e momenti folgoranti, amori e scoperte, le donne ancora amate seppure separate; e Piero della Francesca ad Arezzo, il 13° Quartetto di Beethoven, la scabra potenza della Sainte Victoire di Cézanne. Le donne, destinatarie della sua moda, sono in realtà potenti catalizzatrici sul suo cammino della bellezza. Solo un rapporto onirico totale con la donna, proiettata nell'estrema distanza della Regina di Saba o nella sua attuale inafferrabile poliedricità, può spiegare l'ossessione di Ungaro nel disegnare, correndo gli Anni 80, le forme femminili con i suoi abiti scol¬ piti sul corpo in asimmetrici drappeggi di seta. Il libro ne offre immagini di conturbante bellezza, firmate da fotografi famosi: sculture in rosa su stupende indossatrici nere, in soffici pois sul candore del nudo. In Ungaro ogni tappa interiore vive con il desiderio di esplorare nuovi desideri. Le duecento foto del volume non ne seguono l'evoluzione nel tempo, ma piuttosto i corsi e ricorsi dei suoi modi di essere. Il provocatore, che , copre di una maschera gioiello il volto fanciullesco di Twiggy (1968), riappare nei tardi Anni 70 con gli abiti ricamati, le cappe trasparenti per una donna tutta colore, gonne cortissime, spacchi, pizzi indiscreti; i molteplici grafismi, gli audaci accostamenti pittorici, costante Maison dai tempi di Sonia Knapp, esploderanno nella collezione etnica dell'81, floreale lusso di Persia e di Bisanzio; lane come lacche cinesi e teatrale splendore, parlano di Ungaro come di un pittore nel jersey e nella seta, scatenato a sofisticato. Provocazione e ritorno alla funzionale saggezza nelle tuniche alla Klimt, lussuosa calma e ansie segrete. E l'euforia di due, tre colori, di tre, quattro disegni floreali diversi, di stoffe preziose e uno sberleffo di jeans in tono sordo, che fanno di ogni sfilata di Ungaro un'immersione nella gioia di vivere. Oggi più di ieri, perché lo spirito mediterraneo sembra prevalere nella doppia natura italofrancese di Ungaro, da quando nella sua vita c'è Laura, la bionda. «L'unica donna che ho sposato», dice con pudore da italiano del Sud. La loro figlia si chiama Cosima, ma l'amatissimo Wagner non c'entra; c'entra invece, ancora una volta, il padre. Di cui nel' libro non manca l'immagine: piccolo, ben diritto, sta sulla soglia del suo negozio. L'insegna recita: «Tailleur». Lucia Sollazzo '68 con Twiggy eAnoukAimée: poi anche Klimt mise i jeans Emanuel Ungaro con Armani (a sinistra) e Valentino (a destra): i tre stilisti hanno segnato un'epoca L'attrice Sigourney Weaver con un modello di Ungaro, nell'84. In alto, un abito dell'83 fotografato da Horst Società' e Parigi na da wiggy imée: Klimt ns

Luoghi citati: Arezzo, Parigi, Persia, Provenza