Gli autori della nuova generazione

EMERGENTIEMERGENTI Gli autori della nuova generazione s ECONDO un naturale sviluppo delle premesse logiche e costitutive del Catalogo «Cinema e Video a Torino 1992», la terza operazione di censimento e catalogazione delle diverse realtà video-cinematografiche cittadine . compiuto dal Settore Giovaniciak si è arricchita questa volta di un inedito approccio metodologico: il «criterio della scelta». Non più una elencazione categorica di centinaia di nomi di registi, case, autori, associazioni, istitituzioni, bensì la scelta critica e rappresentativa di un gruppo di autori torinesi under 35 da parte di una commissione di esperti del settore: Stefano Della Casa, Emanuela Martini, Morando Morandini, Gianni Rondolino e Gianni Volpi. Nella sua fase iniziale, il titolo provvisorio di questo progetto era «I Magnifici Dieci», adesso attenuato da «La Generazione del Presente»: una vetrina che espone curriculum, filmografia e dichiarazioni di nove autori (o gruppi) che hanno ben poco in comune tra loro. Sono caratterizzati da una forte individualità e una spiccata personalità.: voci inconfondibili e per certi versi isolate. Non è quindi legittimo parlare di «scuole» o di movimenti artistici per questa generazione di filmmaker, né è necessario parlare di eventuali tendenze artistiche. Le precise immagini «da cartolina» che compongono gli Intervalli di Cocito e Pastore rivisitano in chiave «neo-archeologica» statici elementi che appartengono alla nostra tradizione televisiva con semplici ma efficaci espedienti contrastanti (le opposizioni b/n-colore, staticità-movimento, musica-immagini...). Gianluca Tavarelli, di cui si attende l'indispensabile esordio in lungometraggio, ha invece un «tocco» visivo raffinato e profondo allo stesso tempo, lieve e poetico ma potente, immerso, come nell'ormai «storico» corto intitolato «Dimmi qualcosa di te» del 1988, di negli scenari di una sorta «realismo» contemporaneo. In lungo, ha invece già esordito lo scorso anno il critico «newyorkese» Guido Chiesa. Presentato all'ultimo Festival di Venezia, «Il caso Martello» è una delle poche opere di cinema «giovane» con una distribuzione (si spera) efficace. Di simbolismo epico-gotico e atmosfere new romantic sono intessute le storie fantastiche e inquietanti del giovanissimo regista-attore Stefano Milla, dandy post-punk attento alle presenze mitico-ancestrali nella nostra epoca neo-medievale. Flavio Moretti in questi ultimi anni ha invece alternato le avventure del suo alter-ego Wilbur (l'indimenticabile personaggio «televisivo») ad altre esperienze di animazione. La realizzazione in 35 mm de «Il cerchio», la cui sceneggiatura ha vinto il premio Giovaniciak, è la scommessa del 1992. Altamente personale è anche il discorso di Mimmo Calopresti: un documentarismo moltiplicato, da frammenti fiction nelle diverse esperienze politiche, lavorative e personali delle realtà individuate. Il «sofferto», tragico e poetico lungometraggio «Le rose blu» è invece il risultato unico e irripetibile di una stretta collaborazione a tre. Del disciolto collettivo «Camera Woman» facevano parte Anna Gasco, Tiziana Pellerano ed Emanuela Piovano. Roberto Tarallo utilizza invece il mezzo ed il linguaggio audiovisivo per svelare il quotidiano e la realtà: semplicità e poesia sono le sue parole d'ordine. L'universo tragico dei «vinti» è descritto da Antonio Catella attraverso un suo modo personale e consapevole di fare cinema e poesia senza inflessioni o sentimentalismi; e il suo ultimo film, «Incontro ai giorni», ne è un pratico esempio. Posizioni differenti, si diceva. Ed è diffìcile inquadrare questa frammentaria «marginalità» in una visione globale e unificante, anche solo generazionale (che comunque presuppone un «prima» e un «dopo» ben definiti). Forse è venuto il momento di pensare ad una «memoria» storica del cinema indipendente italiano, alla sua salvaguardia attraverso la raccolta, catalogazione sistematica e archiviazione dei materiali video-cinematografici. Domenico De Gaetano

Luoghi citati: Torino, Venezia