Gli europei

Gli europei Gli europei Ai francesi la parte del leone Britannici dalle ex-colonie LMALTA nobiltà del jazz europeo: così potremmo definire il trio che ascolteremo all'auditorium venerdì 13, dopo l'Orchestra dell'Amj. Insieme, per un summit che promette faville, si esibiranno il pianista tedesco Joachim Kuhn, il bassista francese Jean Frangois Jenny Clark, e il batterista ginevrino (e parigino d'adozione) Daniel Humair. Kuhn, nato a Lipsia, ex Germania Est, nel '44, e quindi rappresentante dell'«altra Europa» oggi - tra tanti travagli - riunita al resto del continente, negli Anni Settanta ha lavorato con Jean-Luc Ponty, partecipando quindi ai maggiori festival, da Montreux a Newport: negli Ottanta, stabilitosi in Francia, ha fondato con Humair e Jenny Clark il trio che ascolteremo ad Ivrea, e che è giustamente annoverato fra le maggiori formazioni stabili del jazz mondiale. Pur praticando con successo il sax alto, Kuhn è soprattutto un pianista degno di misurarsi alla pari con l'altra stella del Festival, il francese Martial Solai, che ammireremo in «solo concert» sabato 14 alla «Serra». Solai, nato ad Algeri nel '27, lavorò con Daniel Humair già negli Anni Cinquanta, in un periodo particolarmente felice per il jazz transalpino. Qui a Ivrea avrà dunque la possibilità di ritrovarsi con un antico compagno, e chissà che dall'incontro non nasca qualche estemporanea jam session. Autore di celebri colonne sonore («A bout de soufflé» basterebbe a consacrarlo), Solai è un instancabile perfezionista, e la sua voglia di ricerca fa sì che ancora oggi venga considerato pianista tutt'altro che legato ai canoni obsoleti. La Francia è dominatrice assoluta di Ivrea: anche se, curiosamente, fra tanti «francesi» soltanto Jenny Clark, da Tolosa, è nato nell' «esagono»: tutti gli altri sono «adottati», secondo un'antica e nobile tradizione transalpina. E d'altra parte il colore della pelle degli «inglesi» Steve Williamson (sassofono, in quintetto sabato 14) e Mark Whitfield (chitarrista, in trio domenica 15) la dice lunga sulla vera fortuna del jazz di Gran Bretagna, l'altra nazione protagonista ad Ivrea: è un jazz oggi dominato dai figli degli ex sudditi delle colonie, in cerca di una a volte problematica integrazione in quella che essi considerano una madrepatria.