Quando i sovrani europei si scambiavano fagioli come preziosi doni di nozze

Quando i sovrani europei si scambiavano fagioli come preziosi doni di nozze NEL '500 Quando i sovrani europei si scambiavano fagioli come preziosi doni di nozze EM difficile, oggi, immaginare una qualsiasi mensa europea su cui non compaiano regolarmente ortaggi di origine americana. Alcuni di essi sono addirittura divenuti simbolo ed emblema: che ne sarebbe della cucina italiana senza il pomodoro, indispensabile per gli spaghetti o la pizza? O della cucina ungherese senza il peperone da cui ricavare la paprika per il «goulash»? Ma anche i fagioli, le zucchine e la zucca, il topinambour, la patata dolce, hanno un posto di rilievo nelle tradizioni gastronomiche del vecchio mondo. E gli olii alimentari ricavati dall'arachide e dal girasole vanno sempre più insidiando il primato dell'olio d'oliva. Come già per la patata e il mais, anche le altre «piante nove» hanno avuto inizi difficili: il pomodoro, introdotto in Spagna nel 1523 e in Italia una ventina d'anni più tardi, verrà a lungo coltivato come pianta ornamentale, ed ancora alla fine del '600 il resto dell'Europa considera una stranezza il fatto che gli italiani lo mangino. Neppure una passeggera fama di afrodisiaco («pomme d'amour», lo chiamarono i francesi) vale ad imporlo sulle mense d'oltralpe, Soltanto verso la metà del XIX secolo, con l'introduzione dall'America di nuove e migliori varietà, il suo uso inizierà a diffondersi. Il vero «boom» del pomodoro ha coordinate precise, e prende il via da Torino nel 1856, quando Francesco Cirio inizia nel capoluogo piemontese la produzione delle sue celebri conserve. Anche i peperoni ebbero un successo tardivo: è vero che fu lo stesso Colombo a portarli in Spagna al ritorno dal suo primo viaggio, ma è anche vero che per almeno due secoli furono considerati nulla più che una spezia. Le varietà piccanti, essiccate e ridotte in polvere, costituivano difatti un economico surrogato del ben più caro pepe orientale. Nel '600 ebbero un breve periodo di gloria come medicinali: il decotto di peperoncino ha fama di sanare il mal di denti, ed il masticarne la polvere, mista a grasso di gallina, «fa maturare ogni tumore» (almeno a detta di Vincenzo Tanara). Soltanto verso la fine del '700 le varietà dolci e carnose iniziano ad affermarsi, ed i «peparoli ripieni» fanno la loro comparsa nel ricettario del gastronomo napoletano Vincenzo Corrado. Molto più rapida, almeno in Italia, è l'affermazione dei fagioli, che già nel 1529 vengono coltivati a Lamon, nel Bellunese. Che fossero tenuti in gran conto è dimostrato dal fatto che nel 1533 Alessandro de' Medici li inviasse come dono di nozze alla sorella Caterina, sposa ad Enrico II in terra di Francia, o che, nel 1570, essi comparissero tra le portate di un banchetto di gala offerto da papa Pio V. Intorno alla metà del '600, fanno la loro comparsa anche i fagiolini verdi «mangiatutto» che, ancor più dei fagioli, conquistano immediatamente i palati francesi e inglesi: il loro successo continuerà sino ai giorni nostri, tant'è che la produzione europea si aggira attualmente intorno a 1,2 milioni di tonnellate annue, contro le 750.000 tonnellate di fagioli secchi, Tra le innovazioni gastronomiche derivanti dalla scoperta dell'America, non si possono dimenticare alcuni frutti ormai entrati nell'uso corrente: primi fra tutti le fragole. Va subito detto che le fragole già esistevano in Europa: si tratta delle celebri e sempre più introvabili «fragoline di bosco» (Fragraria vesca e F. Moschetta); ma dalle Americhe giunsero, tra il '600 ed il '700, la Fragraria virginiana e la Fragraria chiloensis, due specie con frutti (falsi frutti, direbbero i botanici) di grandi dimensioni. Una serie di sapienti ibridazioni tra fragole americane e fragole europee ha dato origine alla grande varietà di «fragoloni» attualmente in commercio, della cui produzione l'Europa rimane il leader mondiale.

Persone citate: Francesco Cirio, Vincenzo Corrado, Vincenzo Tanara