Cossiga contro Scotti: ha esagerato di Cesare Martinetti
Cossiga contro Scotti: ha esagerato Il presidente e il ministro Martelli: «Ora vogliamo capire chi ha accreditato questa patacca» Cossiga contro Scotti: ha esagerato 77 capo dello Stato: «I servizi sono estranei a tutto Conosciamo la fonte, il giallo è solo una montatura» CATANIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Per Cossiga è una pizza, che «puzza di bruciato, ma pur sempre una pizza». Per Martelli è una «patacca», e ha fatto bene il presidente del Consiglio a «tagliare corto con i pataccari». Tra Caltanissetta e Catania si spegne il giallo, muore il piano di destabilizzazione, cessa l'allarme diramato mercoledì attraverso la diffusione di una circolare del Viminale ai prefetti ridicolizzata da Cossiga prima, da Martelli poi. «Dopo le cose che ho sentito ieri - ha detto il presidente ridendo - è consolante che abbia dormito nel mio letto, che sia vivo, che non sia stato arrestato». E il ministro della Giustizia: «Resta da capire chi ha accreditato questa patacca...». Sotto tiro c'è il ministro dell'Interno Scotti che Cossiga chiama in causa con quell'analogia napoletana (la pizza...) e che oggi dovrà spiegare al Senato da dove il ministero dell'Interno aveva appreso le ragioni dell'allarme. Ma ieri mattina, nella sala al pianojerreno della prefettura di Caltanissetta, Cossiga ha fatto capire quasi tutto della «fonte». Ha detto che ha nome, cognome, indirizzo; che è esterna all'amministrazione; che ha fornito informazioni di natura confidenziale; che sono state ottenute dal ministero dell'Interno in base all'articolo 165 del codice di procedura e che quindi erano state raccolte da un magistrato. Il presidente ha molto insistito nel tenere i servizi segreti e di sicurezza fuori da questa storia: «Le informazioni non provengono dai servizi di informazione e sicurezza né italiani, né alleati». Poi ancora: «I servizi di sicurezza italiani sono totalmente estranei a quest'episodio. Garantisco io, stanotte ho parlato con i direttori dei servizi». E infine: «Distinguiamo il ministero dell'Interno e i servizi». Un'affermazione che è parsa a tutti mirata su Vincenzo Scotti. Il giallo che riempiva ieri le prime pagine dei giornali ha finito per riempire anche 1'«esternazione» di Cossiga, nonostante che le ragioni della visita siciliana a tre giorni dall'omicidio Lima fossero altre, quelle che per esempio hanno ricordato al presidente gli avvocati di Caltanissetta con un documento impressionante sullo stato della giustizia nel distretto. Migliaia di cause pendenti, processi di dieciquindici anni fa che arrivano appena adesso a ruolo, ruoli già «impegnati» fino al '96, giudici in trasferimento continuo (chi resiste nel cuore della Sicilia per oltre tre anni?), la corte d'appello che da otto mesi non tiene udienze per mancanza di giudici. E tutto questo in un distretto ad altissima densità mafiosa, nel cui territorio si trovano città simbolo di degrado e criminalità come Gela, Niscemi, Paesi, Mazarino. Come farà lò Stato ad essere «spietato» con la mafia (co¬ me aveva annunciato il presidente martedì al suo arrivo a Palermo) in queste condizioni? Non si sa. Per ora Cossiga ha soltanto annunciato una riunione straordinaria del Csm con i dirigenti degli uffici per «adottare i provvedimenti più urgenti». Il presidente poi non ha rinunciato ad una polemica personale col de Sbardella (riprendendo il tiro in direzione di Andreotti) per l'intervista di ieri a La Stampa nella quale ipotizzava un'ombra americana dietro l'assassinio Lima. Senza nominarlo, ha detto: «C'è chi non dovrebbe farsi distrarre dalla politica e dovrebbe vedere se per caso la sua professione non può essere quella del romanziere». Insomma, Cossiga pensa che l'affare Lima sia tutt'intero siciliano. Al giallo intorno al «piano di destabilizzazione», Cossiga ha dedicato una ricostruzione lunga e minuziosa. «Le immagini di Tgl, Tg2, Tg3, Tg5, mi avevano, diciamo, inquietato». E così, dopo aver dichiarato ai giornalisti di non aver mai saputo nulla di quel «piano», spiazzato anche dai telegiornali, Cossiga ha chiamato Scotti, il quale gli ha subito inviato a Palermo il capo della polizia Vincenzo Parisi per informarlo di tutto ciò che il Viminale sapeva. L'incontro si è svolto nella notte, a Villa Paino, residenza del presidente a Palermo. Parisi gli ha raccontato quanto si sa. Ma perché Cossiga non ne era stato informato? Intanto, ha I detto lo stesso presidente, Scotti si «riservava di darmene notizia quando, per completezza ed analisi, fosse stato possibile farne una valutazione». Tuttavia Cossiga aveva ricevuto, per routine, le due circolari (una di carattere generale, l'altra «segreta») all'origine del caso. «Da ex ministro dell'Interno - ha spiegato - devo dire che vi sono documenti che hanno un significato quando rimangono nell'ambito dell'amministrazione, perché scritti per essere valutati e accolti tecnicamente nella routine dell'informazione. Quando invece vengono resi pubblici, hanno un impatto diverso». Come dire che la colpa di tutta questa bufera è di chi ha fatto uscire le due circolari dalle prefetture. Non di chi ha raccolto quelle «confidenze» che giustamente devono essere valutate, ma nella polizia, servizi, carabinieri. Nulla va tralasciato, ha detto il presidente, ricordando di aver fatto ascoltare persino un veggente di Amsterdam durante il caso Moro. Ma questo tipo di notizia non va diffusa: «Se il prefetto Mosino vi distribuisse l'elenco delle minacce e i messaggi di morte che ricevo, non basterebbero a darne notizia le 575 ore l'anno che si dice io abbia occupato in un anno in tv». Dunque niente piano eversivo? «Non è a mia conoscenza», risponde Cossiga, allargando, con un sorriso, le mani. Cesare Martinetti Il presidente Cossiga ieri ha gettato acqua sul fuoco dopo l'allarme per la circolare sul rischio-terrorismo
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