Io Greco la tigre ironica

Io, Gréco, la tigre ironica Parte la tournée italiana, intervista su sesso, politica, nostalgia Io, Gréco, la tigre ironica «Nuova guerra contro le destre» FOGGIA ONO come sono», canta Juliette Greco. E: «Son fatta per piacere, amo chi ama». L'ha cantato mar¬ tedì a Foggia, sarà stasera a Firenze. Ha 66 anni, è fedele al repertorio, ma vuole che si leggano bene gestualità e ironia che sparge sulla scena. Sta portando in tournée italiana uno spettacolo già andato in scena qualche anno fa all'Olympia di Parigi e che l'anno scorso ha attraversato, senza rumore, l'Italia. Ma non è un replay, il mito resta e lascia spazio al presente. Garbata prima dello spettacolo, intensa durante, rilassata dopo. Juliette Greco è arrivata a Foggia alle quattro e alle sei era alle prove (sarà poi a Monfalcone, Parma, Bologna, Milano, Roma). In scena, con un ampio completo di maglia nero, tacchi alti e caschetto rosso scapigliato, inforca e toghe gli occhiali, è professionale e amichevole con i tecnici. Niente primadonna. Il camerino è modesto: a fine serata, riordina le sue cose, sorride diversa dallo stereotipo aggressivo di tante foto: «Mi pare normale andare in giro, è da quarantanni che faccio questo lavoro: cantare». Gran parte del suo repertorio - poesie di Prévert, Quenau, Desnos - suggerisce tuia filosofia spicciola della vita, ironica e sorrìdente: cogliere la gioia del momento e affermare un'anticonformista libertà individuale. I tempi sono cambiati, questo messaggio non è poco attuale? No. E' vero che si tratta di una filosofia quotidiana, spicciola, ma non è affatto superata. A me sembra validissima, la sola possibile. La vita, non la si può disprezzare. Possiamo e dobbiamo soltanto amarla prendendola con umorismo. Quando si nasce si comincia pian piano a morire... Ma la gioia di vivere è insopprimibile. Lei era una giovane donna ribelle. Una ragazza! Oggi è una donna matura, ricca, elegante, che indossa abiti Chanel o Sonya Rykiel. Sono rimasta la ribelle di allora, quando facevo l'alba con Simone de Beauvoir e Sartre o con Boris Vian, che hanno scritto canzoni per me. Dividevamo gli spiccioli per il caffè, parlavamo di impegno e lo vivevamo, ma ci divertivamo anche. Al cattolicissimo Mauriac, che pure aveva scritto per me L'ombre, quando morì Gide mandammo questo telegramma: «Goditela. L'inferno non esi¬ ste. Avverti Claudel. André Gide». Oggi non sono diversa, e soprattutto non sono cambiate le mie idee. Da quarant'anni mi batto per le stesse cose, perché non mi pare che ci sia stato un grande progresso. Ma perché riproporsi come modello di eterno femminino sprizzante erotismo, donna che non sa vivere senza l'amore di un uomo? E' un repertorio che canto alla mia maniera, che spesso inter- preto con punte di comicità o ironia. Quando canto Parle-moi d'amour, lo faccio all'ennesimo grado, rido addirittura. E' il mio modo per sdrammatizzare il romanticismo delle parole. Ed esaltare l'erotismo? Non è la cosa più importante? Per me lo è, tantissimo. Quanto all'amore, credo abbia molte forme. C'è l'amore materno, quello sensuale e sessuale, quello dell'amicizia, che non è poco. Anzi, neUa vita è una delle cose più importanti. Credo che per andare avanti sia necessario esser capaci di amare ih tutte le forme. E' un diritto cui non dobbiamo rinunciare, per nessun motivo. Nel suo repertorio c'è «Mon homme», un vecchio cavallo di battaglia di Mistinguett, in cui si dice che «la donna è fatta per soffrire e perdonare». Che ne dice? Stasera non l'ho cantata. C'è una ragione? Come ho detto prima, si può cantare tutto, l'importante è come lo si fa, che cosa si vuole comunicare con la propria interpretazione. Ha parlato di amore materno. Lei, «musa dell'esistenzialismo», come ha vissuto il ruolo di madre pressoché segreta? Come tutte le donne! Ho una figlia, Laurence, che amo molto e con cui vado molto d'accordo. Per me è stata una grandissima gioia, e sono grata alla natura che mi ha permesso di mettere al mondo una vita. Credo che sia l'emozione più forte che si possa provare. Lei seguita a cantare canzoni piene di nostalgia... Non troppo. E semmai la nostalgia appartiene alle canzoni e non a me. Non penso mai a quello che è successo ieri, mi interessa solo il domani, il lavoro che farò e l'emozione che potrà darmi. Ma canto anche altre canzoni! Alcune di Jacques Brel sono molto importanti nel senso dell'impegno: Mon fils chante, soprattutto, che esalta l'ideale della libertà contro la tortura. Pensa che il suo pubblico borghese di oggi si emozioni per questo testo di Fanon pieno di nostalgia verso «il sole rosso di maggio» e «il tempo delle ciliegie sotto le bocche dei fucili»? Lo spero. Oggi più che mai c'è bisogno di impegno, e io ho impegno da quando ero piccolissima. Mia madre lottava nella Resistenza, l'ho vista portar via dalla Gestapo. Io stessa ho fatto tappa nel penitenziario di Fresnes, in mezzo a combattenti ma anche ladre, assassine e prostitute. E' stata scuola di vita, mi ha formato. Denaro e successo non l'hanno proprio cambiata? Per niente! Il denaro lo guadagno, il successo me lo offrono. Quali sono oggi i problemi scottanti per 1 quali si sente più decisa a lottare? Il razzismo, la minaccia della destra, soprattutto in vista delle elezioni. Non è concepibile che un Paese come la Francia cada nella trappola di Le Pen. Non deve succedere. Non può succedere. Paola Decina Lombardi I «Sono rimasta la stessa ribelle che aspettava l'alba con Vian, con Sartre e Simone de Beauvoir dividendo i soldi del caffè» Juliette Greco è in tournée in Italia. Sarà ospite stasera su Tmc a «Tv donna». Sopra: Jacques Prévert. Qui accanto: Simone de Beauvoir