Berlusconi: il «tetto» è da socialismo reale di Curzio Maltese

Berlusconi: il «tetto» è da socialismo reale Il presidente della Fininvest sugli spot Berlusconi: il «tetto» è da socialismo reale Inatteso intervento al convegno Upa «1giornali non offrono garanzie» MILANO. Come si trasforma un pubblico incerto, potenzialmente ostile e un po' annoiato in un popolo acclamante? La lezione, di grande attualità in tempi di comizi elettorali, è venuta ieri da Silvio Berlusconi, ospite non annunciato al convegno dell'Upa (Utenti pubblicitari associati: ì'85 per cento del settore). Seduto in prima fila, il Cavaliere ha assistito per un paio d'ore al dipanarsi del rosario di dati e previsioni. Commentando con ampi dinieghi del capo i passi più «pessimistici» dei relatori. Tema, «quale futuro per la pubblicità?». Risposta: grigio, tendente al nero. Per la prima volta dopo i formidabili Anni Ottanta, rievocati con nostalgia dal presidente dell'Upa, Giulio Malgara, nel settore si sente aria di crisi. I Novanta s'annunciano «anni difficili, complicati». Figli della «grande frenata del '91» che ha portato un misero aumento degli investimenti, 1,2 per cento, contro il 5-6 dei precedenti. Padri di furiose battaglie già avviate a colpi di spot e carte bollate tra l'onnivoro e sinergico Berlusconi e gli altri editori. E il Cavaliere? Lusingato da Malgara, contrario alla politica dei tetti: «Un intervento dirigistico, pericoloso. Meno male che c'è stata la Fininvest finora». Stuzzicato dal professor Finzi, autore della ricerca: «Entro due anni, di questo passo, si arriverà alla completa saturazione televisiva». Quando Bei lusconi fa per andarsene, arriva una voce dal palco: «Dottore, se ne va? Venga a dire la sua». «Se ho un minuto...». I minuti diventano due, cinque, dieci. E l'assemblea trasfigura in convention. Sull'ottimismo. «Complimenti alla ricerca esordisce Berlusconi - ma i dati passano in secondo piano rispetto alla discussione originata dall'intervento degli editori presso il garante». In medias res. «Una vera e propria delazione - arringa -. Per la prima volta gli imprenditori si sono messi contro un altro imprenditore, citando fatti palesemente inventati». Elenco: violazióne leggi anti-trust, concorrenza sleale, proprietà del Giornale. Spiegazione: «E' il nervosismo ingenerato dal rallentamento della crescita. Colpa loro, delle vecchie politiche editoriali». In Italia si legge poco. «Soltanto 6 milioni 780 mila copie di quotidiani, contro i 21-22 milioni di Germania e Inghilterra». Primi applausi. Berlusconi invoca un Auditel per i giornali (c'è, si chiama Audipress). «Ma le indagini sono poco affidabili. Si sa a malapena quante sono le copie diffuse. Fare pubblicità in queste condizioni è un atto di fede». Secondi applausi. Interruzione pubblicitaria: «Anch'io sono editore...». Segue la lista dei successi Mondadori. Merito dell'ottimismo: «La filosofia del pessimismo non porta da nessuna parte. Maschera l'incapacità di rinnovarsi». Lo slogan finale: «Introdurre limiti significa andare verso una pratica di socialismo reale». Libero spot in libero Stato. Applausone. Berlusconi esce, inseguito dai suoi uomini braccati dai cronisti. Sul palco sale Edoardo Giliberti, direttore marketing della Rizzoli. «Berlusconi ci ha appena detto un sacco di falsità» esordisce. Difende le indagini sulla stampa («le migliori d'Europa») e attacca il totem Auditel: «Si sono dimenticati di dire che ci sono un po' di cause in corso». Sottolinea come nei Paesi esaltati dal cavaliere, Germania e Inghilterra, l'espansionismo televisivo Fininvest sia stato subito bloccato dalle leggi. Ma la sala è vuota per metà. E il bersaglio è lontano, in volo verso un'altra convention. Curzio Maltese

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