Esulta Nadine Gordimer «E' merito di Mandela» di Mario Baudino

Esulta Nadine Gordimer «E' merito di Mandela» Esulta Nadine Gordimer «E' merito di Mandela» LA SCRITTRICE E IL VOTO U N risultato come questo? No, non me lo aspettavo. E non se lo aspettava nessuno di noi. Al più, speravamo in una vittoria di stretta misura». Quando Nadine Gordimer dice «noi», si riferisce all'Anc, il partito di Nelson Mandela, e alla parte minoritaria di bianchi e meticci del Sud Africa che per lei rappresentano la «nuova sinistra»: uno dei temi che più le stanno a cuore, di cui ha parlato in molte interviste e nei saggi di Vivere nell'interregno, il libro dell'82 tradotto da Feltrinelli. Il premio Nobel del '91 per la letteratura - prima donna dopo 25 anni - è uno dei pochi scrittori sudafricani impegnati politicamente contro l'apartheid che non abbiano preso, volontariamente o costretti, la via dell'esilio, come Breyten Breytenbach o Tom Sharp, Abrahams o Dennis Brutus. Nata nel Transvaal da padre ebreo lituano e madre ebrea inglese, ha sempre resistito nella grande casa bianca di Johannesburg fra prese di posizione, processi, marce di protesta. A 69 anni vede vicino il coronamento del suo sogno: un Sud Africa multirazziale e democratico. Ora, da quella che è stata per molto tempo una cittadella assediata o - come lascia intendere ignorata dai governi che si sono succeduti negli anni più duri del Paese, fra il '48 e la «primavera» degli Anni 80, accetta di commentare il successo del referendum. Il referendum «dei bianchi» ha forse chiuso per sempre il tempo deU'«interregno» e cioè, con le parole di Gramsci citate dalla Gordimer, il momento in cui «il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si sviluppano i fenomeni morbosi più svariati». Lei è andata a votare? Certamente. Ho votato come altri nella mia condizione, cioè iscritti all'African National Congress. So bene che da questo referendum la maggioranza nera è stata esclusa, ma l'Anc ha deciso che i suoi membri bianchi partecipassero al voto. Io ne ho seguito le indicazioni, perché l'Anc è il maggior partito nero: e quindi rappresenta la volontà dei miei concittadini neri. Però è stata sorpresa. Aveva sottovalutato il grado di coscienza dei bianchi? E' un problema di sopravvivenza. La gente si è accorta che non c'erano alternative. E se n'è accorta nonostante la propaganda martellante che ha cercato di far nascere timori e paure. Le paure per il futuro restano, o questo risultato è in grado di cancellarle? Restano, naturalmente. Però io sono molto più ottimista. Se la maggioranza ha accettato che il Sud Africa cambi, e se 26 milioni di neri hanno creduto nel negoziato, possiamo guardare con più fiducia a quel che ci aspetta. Certo, l'estrema destra non accetterà facilmente l'esito del referendum. I due maggiori partiti neri sono divisi. Lei è sempre stata molto critica nei confronti di Buthelezy, il leader degli zulù, che considera un «fantoccio» del governo bianco. Si aspetta che la violenza possa diminuire? Buthelezy appoggia i negoziati. Ha idee diverse da Mandela, ma in qualche modo sta al gioco. Credo che continuerà a farlo. Certo è difficile prevedere, ora, se la violenza potrà diminuire. Ce ne sarà ancora, purtroppo, in particolare da parte bianca. Temo che la destra colpirà, sia nei confronti dei bianchi sia nei confronti dei neri. Signora Gordimer, lei ha combattuto una lunga battaglia contro la violenza, scegliendo a differenza di altri scrittori, di restare in Sud Africa. I vostri libri hanno preparato quanto sta accadendo adesso? Non credo che noi scrittori abbiamo avuto grande influenza. La nostra funzione è stata soprattutto quella di informare il mon¬ do esterno. Abbiamo contribuito alla comprensione di quanto stava accadendo. Ma restando a Johannesburg non ha voluto essere solo una voce per l'esterno. Mi accontento della funzione critica che ho cercato di esercitare. Coronata da un premio Nobel che ha comunque drammatizzato, davanti all'opinione pubblica mondiale, la situazione del suo Paese. Sì, ma devo dirle che in Sud Africa è stato poco significativo. Il regime non ne ha preso nota. Solo i neri mi hanno fatto le congratulazioni: e questo mi ha fatto molto piacere, mi ha dato conferme importanti. Dopo l'annuncio di Stoccolma, il suo commento è stato: aspettavo da tanto che non ci credevo più. Amava dire scherzando che stava per mettere sulla porta di casa una targa con su scritto: candidata al Nobel, bocciata. In qualche modo riteneva importante il premio anche per il suo ruolo di scrittrice politica, e cioè nei confronti dell'opinione pubblica. Sì, dell'opinione pubblica nera. Che infatti ha dato molta importanza al Nobel. Questa opinione pubblica, è ancora rappresentata da Nelson Mandela, cui dedica proprio in «Vivere nell'interregno» una testimonianza piena di ammirazione? Dopo la festa per la sua liberazione, la figura del leader, in Occidente, si è un po' appannata. Molte sue affermazioni sono parse limitate da un marxismo dottrinario. Mandela non è un marxista. E' un rivoluzionario nel senso francese dell'89, o in quello europeo del '48. La gente non fa attenzione a ciò che Mandela dice veramente. Non bada alla sua vera statura politica, che secondo me è immensa. Se lo paragoniamo ai leader dell'Occidente, a John Major o a George Bush, li distanzia di molte lunghezze. E De Klerk? Il vincitore, in fondo, sembra lui. Un Gorbaciov sudafricano. De Klerk è nulla senza Mandela. L'analogia con Gorbaciov mi sembra purtroppo molto tenue. Il Sud Africa ha problemi diversi. Ma lei vede, ora, un futuro di pace? Sì. Anche se non bisogna dimenticare appunto i nostri problemi, enormi: la povertà di massa, la miseria, la disoccupazione, la mancanza di case. Il compito che ci aspetta è smisurato. Mario Baudino La scrittrice Nadine Gordimer, premio Nobel per la letteratura nel 1991

Luoghi citati: Feltrinelli, Mandela, Stoccolma, Sud Africa